Stato-mafia: Gup, ” Contro Calogero Mannino ‘prove inadeguate’ “

“Si ribadisce che comunque nei confronti di Mannino gli elementi indiziari per affermare che vi fu da parte sua il genere di interferenza di cui e’ accusato risultano non adeguati”. Parla di prove “inadeguate”, di “suggestiva circolarita’ probatoria”, di “interpretazioni indimostrate” il gup Marina Petruzzella che oggi ha depositato le motivazioni della sentenza con cui, il 3 ottobre del 2015, ha assolto dall’accusa di minaccia a Corpo politico dello Stato l’ex ministro Dc Calogero Mannino. In oltre 500 pagine il giudice, che ha processato l’ex politico in abbreviato, sostiene che i pm non abbiano portato la prova che Mannino sarebbe stato il motore della cosiddetta trattativa tra lo Stato e la mafia.

Mannino scelse il rito abbreviato a differenza dei suoi coimputati accusati di avere, ciascuno nel proprio ruolo, dato vita al presunto patto che Cosa nostra avrebbe stretto con pezzi delle istituzioni negli anni delle stragi mafiose. Per gli ufficiali del Ros, gli ex politici come Marcello Dell’Utri, boss come Toto’ Riina, Antonino Cina’ e Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, Massimo Ciancimino e’ in corso un altro processo davanti alla corte d’assise di Palermo. “Non c’e’ qualcosa, come delle fonti orali o documentali che dimostrino – scrive il giudice – il collegamento tra l’iniziativa dei Ros di interloquire con Vito Ciancimino e l’evento ipotizzato dall’accusa di un accordo tra Mannino e Cosa nostra, per salvarsi e attuare un programma politico favorevole a una trattativa, volta a condizionare, partecipando alla volonta’ ricattatoria stagista della mafia, le scelte del Governo”. “Allo stato degli atti appare improvabile, da un punto di vista processuale, che applica i canoni della gravita’ e della precisione indiziaria degli elementi di fatto su cui fondare un ragionamento probatorio, collegare il fatto che Mannino si raccomandasse con i Ros alla interlocuzione tra i Ros e Vito Ciancimino e alla scelta di sostituire Scotti col manniniano Nicola Mancino e con le dimissioni successive di Martelli. – prosegue – E’ ragionevole ritenere che i descritti comportanti di Mannino con Guazzelli e con i Ros siano stati determinati dalla volonta’ di trovare una protezione speciale, approfittando certamente della sua pregressa conoscenza con Subranni e dei privilegi che gli derivavano dal suo ruolo di potente politico”. Il giudice parla di “elementi di sospetto, che non hanno quindi una grave e autonoma natura indiziaria” e che “se considerati come se possedessero tali connotati possono prestarsi ad interpretazioni facilmente ribaltabili e tutte analogamente plausibili e in fin dei conti prive di specifico valore dimostrativo processuale”.