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Mafia, Ciancimino: “Mio padre strappava i pizzini. Provenzano a casa nostra”

“Quando venivano veicolate queste missive, mio padre aveva dentro di sé la paura che, essendo stato anche detenuto, le sue impronte digitali potessero essere ritrovate. Quando arrivavano quindi prendeva le lettere con dei guanti in lattice, faceva una fotocopia e poi strappava o bruciava i pizzini”. Lo ha detto Massimo Ciancimino, audito nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo nell’ambito del processo Stato-mafia, parlando dei pizzini ricevuti da suo padre e mandati da Provenzano.

“Il rapporto con Provenzano c’è da sempre. C’era un rapporto anche molto confidenziale. Da ragazzino la sua presenza settimanale a casa nostra era una costante. Ho preso contezza di questo personaggio, che all’epoca si presentava anche al telefono come l’ingegnere Lo Verde, verso la fine degli anni Settanta, tra il 1978 e il 1980, quando accompagnai mio padre dal barbiere: ci andava ogni sabato”, ha spiegato Ciancimino.