Impastato day: “Molti hanno seguito le orme di Peppino, altri invece …. “

“Molti hanno seguito le orme di Peppino Impastato nella lotta alla mafia, qualcuno ha cercato, invece, di scimmiottare Impastato, diventando solo una pallida figurina lui ispirata. La cosa migliore da fare è di lasciarlo collocato nel suo ruolo storico”.

Lo ha detto all’Adnkronos Franca Imbergamo, oggi pm presso la Direzione nazionale antimafia, che ha rappresentato l’accusa nel processo pdi primo grado per l’omicidio di Peppino Impastato, ucciso il 9 maggio del 1978 da Cosa nostra, finito nel 2002 con l’ergastolo per l’unico imputato, il boss Tanto Badalementi, morto prima della sentenza definitiva. “E’ stato un processo difficile, difficilissimo, perché bisognava superare una serie di ostacoli, dovuti alla mancanza di consenso dell’estradizione di Tanto Badalamenti – racconta oggi Franca Imbergamo – e poi perché le prove raccolte fino a quell’epoca, fino a quando abbiamo ripreso in mano l’inchiesta, con l’allora capo della Procura Gian Carlo Caselli, non erano sufficienti. Avevano portato solo a due archiviazioni, e comunque la sola parola del pentito Palazzolo non era sufficiente a sostenere l’accusa in giudizio, quindi abbiamo dovuto fare una ricerca scrupolosa per trovare nuove fonti di prova e siamo riusciti a comporre un panorama indiziario che, per fortuna, è andato in porto. Questa è stata la difficoltà principale del processo, non era un processo già scritto, come qualcuno tenta di dire adesso. Ora è facile parlare così. E’ opportuno rimettere le cose come stanno”.

“D’altra parte, avevamo anche una legislazione sui collaboratori che ci consentiva di interrogarli anche su fatti successivi e diversi riferiti all’inizio della loro collaborazione”. Impastato venne trovato morto, con il cadavere fatto a pezzi da una esplosione, a Cinisi, nello stesso giorno in venne ritrovato il corpo senza vita di Aldo Moro a Roma. L’ipotesi investigativa dei carabinieri era quella di un attentato andato male del quale Impastato, militante di Democrazia proletaria, era rimasto vittima. Il giorno in cui è stata emessa la sentenza, don Tanto Badalamenti, non ascoltò neppure il dispositivo in videoconferenza, negli Stati Uniti, dove era detenuto per un traffico di droga.