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Camastra, Dda accusa: “U puparu” ha condizionato le elezioni del 2013″

C’è tutta la famiglia Meli, quella di Rosario, detto il puparo, nell’inchiesta “Vultur” eseguita dal personale della Squadra mobile di Agrigento, che stamani ha portato in carcere lo stesso puparo ed altre quattro persone tutte accusate di associazione mafiosa e molto altro. Una ciosa a conduzione familiare, sembra per i pubblici ministeri.

Ma il Gip del Tribunale di Palermo, Giuliano Castiglia non ha accolto la loro richiesta di cattura riguardante, oltre che Rosario e Vincenzo Meli, anche Giuseppe e Rita Meli, gli altri due figlki del boss che per i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo farebbero parte dell’associazione mafiosa capeggiata dal genitore.

Va detto, inoltre, che dai capi di imputazione formulati a carico dei Rosario e Vincenzo Meli emerge una brutta storia di condizionamento della consultazione elettorale amministrativa del 2013 a Camastra laddove i pubblici ministeri contestano ai Meli il ricorso all’intimidazione affinchè un candidato sindaco recedesse dalla sua intenzione di candidarsi a tutto vantaggio del candidato rivale. Sul punto il Gip Castiglia non ha accolto la richiesta di misure cautelari ma ha confermato in toto l’attivismo dei Meli in favore del candidato Cascià. La vicenda viene così ricostruita:

“Rosario Meli, quale capo della famiglia mafiosa operante sul territorio di Camastra, per avere, tra l’altro, posto in essere richieste estorsive nei confronti di imprenditori locali (in particolare, fra l’altro per aver estorto denaro alle imprese operanti nel settore delle onoranze funebre, anche allo scopo di otte-ere il monopolio della citata attività di impresa sul territorio); per aver intrattenuto direttamente ed indirettamente rapporti con la famiglia mafiosa di Canicattì e con il suo esponente di maggior rilievo Calogero Di Caro, al fine di “regolarizzare” la gestione (occulta) di una attività di impresa sul territorio di Canicattì; per aver posto in essere un’attività di controllo del territorio di Camastra compatibile solo con il ruolo ricoperto all’interno della famiglia mafiosa; per avere partecipato attivamente, direttamente e tramite terze persone, alla campagna elettorale del comune di Camastra relativa alla elezioni amministrative del giugno 2013, fornendo supporto al candidato sindaco Angelo Cascià anche attraverso condotte intimidatorie nei confronti di esponenti politici di altri schieramenti politici;

Vincenzo Meli e Giuseppe Meli, per avere, tra l’altro, coadiuvato il padre Rosario Meli nelle richieste estorsive e nel controllo del territorio, ivi compresa l’attiva partecipazione alla campagna elettorale del comune di Camastra relativa alla elezioni amministrative del giugno 2013, fornendo supporto al candidato sindaco Angelo Cascià anche attraverso condotte intimidatorie nei confronti di esponenti politici di altri schieramenti politici;

Rita Meli, per aver coadiuvato i fratelli Vincenzo Meli e Giuseppe Meli a gestire la famiglia mafiosa durante il periodo in cui il capo famiglia Rosario Meli si trovava temporaneamente ristretto in carcere;

Giuseppe Meli nel corso della campagna elettorale per le elezioni amministrative di Camastra nell’anno 2013, allorché lo stesso, per come risulta provato sia dalle risultanze dall’attività di intercettazione sia dalle dichiarazioni di persone informate sui fatti, segnatamente Gaetano Provenzani, Carlo Ninfosi e Salvatore Todaro, ha esercitato un’attività intimidatoria nei confronti dei predetti Ninfosi e Todario al fine di evitare che gli stessi si candidassero alle elezione del consiglio comunale di Camastra e che, comunque, risultata tale richiesta impossibile da soddisfare essendo già state le candidature definite e presentate, che gli stessi non si adoperassero alla ricerca di voti per se stessi e per il candidato a sindaco Gaetano Provenzani.

Ancora, confermative del ruolo di Vincenzo Meli è quanto emerge in ordine alla vicenda della candidatura di Carlo Ninfosi e Salvatore Todaro al Consiglio comunale di Camastra in occasione delle elezioni amministrative del 2013.

Secondo quanto chiaramente emerge sia dalle risultanze dell’attività di intercettazione sia dalle dichiarazioni di alcune persone informate sui fatti e, in particolare, di Gaetano Provenzani, Carlo Ninfosi e Salvatore Todaro, il Ninfosi e il Todaro sono stati pesantemente intimiditi da Giuseppe Meli affinché essi non si candidassero o, comunque, non si adoperassero nella ricerca di voti per se stessi e per il candidato sindaco Gaetano Provenzani.

Orbene, dalla stessa attività di intercettazione (si veda, in particolare, conversazione tra Giuseppe Morgante e tale Vincenzo e dalle dichiarazioni di Gaetano Provenzani risulta che lo stesso Provenzani, onde “bloccare” l’iniziativa di Giuseppe Meli e il rischio che questi potesse dare seguito alle intimidazioni nei confronti di Carlo Ninfosi e Salvatore Todaro, tramite Saverio Piraino, quale specifica alternativa alla denuncia alla pubblica autorità, si rivolge a Vincenzo Meli e che è questi, in definitiva, ad assicurare il Provenzani che era intervenuto sul fratello Giuseppe e che non ci sarebbero stati più problemi, fornendo, per così dire, un “lasciapassare” alla candidatura del Ninfosi  e del Todaro”.

Per la cronaca la consultazione eletterale del 2013 ebbe questo esito: Angelo Cascià (Camastra avanti) 61,1%; Gaetano Provenzani (Per Camastra forte e libera) 38,9%.