Alla sbarra la mafia del dopo Falsone e Gerlandino Messina

Cominciato nell’aula bunker del carcere Petrusa e subito rinviato per un intoppo procedurale il processo, rito ordinario, davanti al collegio di giudici della prima sezione penale presieduta da Giuseppe Melisenda Giambertoni, a carico di Antonino Abate, 29 anni, Carmelo Bruno, 47 anni, Vito Campisi, 45 anni, Roberto Carobene, 38 anni, Antonino Grimaldi, 55 anni, Stefano Marrella, 59 anni, Vincenzo Marrella, 41 anni, Vincenzo Marrella, 60 anni, Pasquale Schembri, 53 anni, Gaspare Nilo Secolonovo, 47 anni, Ciro Tornatore, 80 anni, e Francesco Tortorici, 36 anni, tutti rimasti coinvolti nell’inchiesta Icaro insieme ad altre 22 persone che hanno scelto di essere giudicati con rito diverso (abbreviato) ossia Antonino Tommaso Baroncelli, 40 anni, Domenico Bavetta, 34 anni, Giovanni Campo, 25 anni, Pietro Campo, 63 anni, Francesco Capizzi, 50 anni, Mauro Capizzi, 47 anni, Gioacchino Cimino, 61 anni, Domenico Cucina, 48 anni, Rocco D’Aloisio, 46 anni, Diego Grassadonia, 54 anni, Piero Guzzardo, 37 anni, Antonino Iacono, 61 anni, Gioacchino Iacono, 36 anni, Santo Interrante, 34 anni, Giacomo La Sala,  47 anni, Giuseppe Lo Pilato, 44 anni, Leonardo Marrella, 38 anni, Francesco Messina, 58 anni, Francesco Pavia, 35 anni, Giuseppe Picillo, 53 anni, Emanuele Riggio, 45 anni e Francesco Tarantino, 29 anni.

Gli imputati (difesi fra gli altri dagli avvocati Antonino Gaziano, Vincenza Gaziano, Giovanni Castronovo, Silvio Miceli, Salvatore Cusumano, Salvatore Pennica Salvatore Collura, Santo Lucia e Angelo Nicotra) sono accusati di avere fatto parte delle nuove famiglie mafiose dell’Agrigentino. L’indagine, svolta dalla Squadra mobile, ha disarticolato il nuovo organigramma mafioso di un’ampia zona della provincia di Agrigento. A partire da quella del capoluogo che sarebbe stata gestita da una vecchia conoscenza della mafia agrigentina.

Antonino Iacono, alias “U giardinisi”

Il nuovo capo sarebbe stato Antonino Iacono, 61 anni, detto da sempre “u giardinisi”, perché residente a Giardina Gallotti, che dopo avere scontato una condanna a 8 anni nel processo Akragas avrebbe continuato la sua scalata fino a diventare il capo (non senza qualche contrasto) della cosca del capoluogo.

 

Francesco Messina

La consorteria di Porto Empedocle, invece, sarebbe stata affidata a Francesco Messina, 58 anni, appartenente alla storica famiglia mafiosa che per tanti anni ha diretto Cosa Nostra. Gerlandino Messina, figlio di un cugino di Francesco, in particolare è stato l’ultimo superlatitante, arrestato il 23 ottobre del 2010 quando era arrivato al vertice di Cosa Nostra provinciale. L’indagine è stata diretta dai pubblici ministeri della Dda Rita Fulantelli, Emanuele Ravaglioli, Claudio Camilleri e Bruno Brucoli, coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Scalia.

Le accuse ipotizzate sono: associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, detenzione illegale di armi e detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. L’inchiesta delineava la nuova geografia mafiosa della provincia di Agrigento alla luce degli ultimi sviluppi giudiziari che hanno determinato dei vuoti di potere da riempire. L’operazione è scattata in più fasi perché il Gip Giangaspare Camerini, in un primo momento, non ha accolto tutte le richieste del pm e ha rigettato diversi arresti. Il Tribunale del riesame prima e la Cassazione poi hanno, invece, fatto salire a oltre una ventina le misure cautelari.

Si tornerà in aula il prossimo 13 febbraio ma non in contrada Petrusa bensì nell’aula 7 del Tribunale di Agrigento così come disposto dal presidente Giuseppe Melisenda Giambertoni che ha anche fissato il calnedario delle udienze stilato sino al 17 novembre 2017.