Blitz “Exidus”, colpo al clan Rinzivillo: in cella avvocato e imprenditore licatese (ft e vd)

La Squadra mobile di Caltanissetta, con l’ausilio della Squadra mobile di Parma, ha dato esecuzione a quattro ordinanze di applicazione di misura cautelare in carcere, emesse dal Gip del Tribunale di Caltanissetta, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia presso la Procura della Repubblica.

Sono finiti in carcere: Grazio Ferrara, 39 anni, avvocato del foro di Gela; Benedetto Rinzivillo, inteso “Peppe u curtu”, 55 anni, imprenditore gelese attivo nel commercio delle carni; l’imprenditore licatese Giovanni Incorvaia, 73 anni ed Emanuele Zuppardo, 62 anni, domiciliato a Parma, in atto sottoposto alla libertà vigilata.

Tutti sono accusati di associazione mafiosa, aggravata dall’essere armata per avere fatto parte di Cosa Nostra- clan Rinzivillo.

L’attività investigativa, che si è conclusa con gli arresti di oggi, costituisce una costola dell’Operazione Extra fines che portò all’arresto, il 4 Ottobre 2017, di 37 affiliati al clan-Rinzivillo: essa fece luce sull’ascesa, nella famiglia di cosa nostra gelese, di Salvatore Rinzivillo il quale, approfittando della carcerazione dei suoi fratelli Antonio e Crocifisso e dell’assenza sul territorio di uomini in grado di contrastarne il carisma, riorganizzò il clan facendo leva sia su figure tradizionalmente appartenenti ad esso sia su figure nuove ed emergenti che si erano messe a sua disposizione per assicurare il mantenimento in vita del clan.

Nell’ambito di questo procedimento, emergeva prepotentemente il contegno di Grazio Ferrara, avvocato del Foro di Gela, il quale si distingueva come uomo di totale fiducia di Salvatore Rinzivillo sin dal 2016 (durante il periodo delle indagini poi confluite nell’operazione Extra fines) quando il boss gelese lo aveva fatto contattare da un suo affiliato; da quel momento in avanti, Rinzivillo impartiva all’avvocato Ferrara ordini precisi per svolgere incombenze di cui lo stesso Rinzivillo non voleva occuparsi di persona e che andavano ben oltre gli incarichi forensi: d’altronde, delegare il suo fido avvocato nel contattare malavitosi era sicuramente per il boss un più sicuro viatico per mantenere rapporti con loro nella gestione degli affari illeciti. Inoltre, emergeva addirittura che Ferrara costituisse la longa manus del Rinzivillo negli affari intessuti dal boss gelese con Luigi Rinzivillo (di cui è diventato anche difensore di fiducia dopo il suo arresto nell’ambito dell’operazione Extra fines); con Benedetto Rinzivillo, inteso “Peppe u curtu”; con Carmelo Collodoro, esponente di cosa nostra gelese; con Santo Napoli, mafioso di Milazzo; con Paolo Rabito, uomo d’onore della famiglia di Salemi, autista degli esattori Nino ed Ignazio Salvo; con Roberto Salerno, reggente della famiglia di cosa nostra di Vittoria (Rg).

La disponibilità di Ferrara nei confronti del boss gelese si manifestava anche dopo la carcerazione del boss: infatti, è proprio al Ferrara che Salvatore Rinzivillo, approfittando del suo status di insospettabile legale, affidava il compito di fare uscire le sue ambasciate dal carcere, contenenti ordini per altri esponenti della consorteria mafiosa, ancora liberi sul territorio.

Nel corso dell’indagine è stato anche rilevato che Ferrara faceva pervenire al boss i messaggi dai sodali liberi, attraverso l’esibizione di fogli manoscritti durante i colloqui in carcere: una modalità ingegnosa con la quale l’avvocato gelese pensava di eludere eventuali intercettazioni ambientali a suo carico.

Benedetto Rinzivillo, imprenditore gelese tradizionalmente operante nel commercio di carni, appartenente a Cosa nostra – clan Rinzivillo, assicurava aiuto economico all’associazione, al capo clan Salvatore Rinzivillo e ad altri sodali in stato di carcerazione; inoltre, Benedetto Rinzivillo offriva disponibilità al capo dell’associazione ad assumere alle proprie dipendenze personale indicato dal capomafia e favoriva l’infiltrazione del clan rinzivilliano nel tessuto economico legale attraverso il riciclaggio di danaro di provenienza illecita.  

Benedetto Rinzivillo è indagato anche per tentata estorsione, aggravata per averla commessa in qualità di appartenente al clan mafioso, per avere tentato di procurarsi un ingiusto vantaggio in danno di un imprenditore concorrente, rappresentante di carni e salumi, che veniva minacciato di morte qualora avesse continuato ad offrire ai clienti, la stessa carne da lui commercializzata.

Giuseppe Incorvaia, imprenditore licatese di cosmetici e profumi, si metteva a disposizione del capo clan Salvatore Rinzivillo che, dal carcere, faceva pervenire allo stesso Incorvaia precisi ordini sempre per il tramite di Grazio Ferrara. Inoltre, Incorvaia favoriva il boss gelese fornendogli il suo contributo per l’attivazione di attività economiche funzionali all’investimento e riciclaggio di illeciti proventi, avvalendosi anche in questo caso della figura dell’avvocato Ferrara.

Non meno importante la figura di Emanuele Zuppardo, storico appartenente al clan rinzivilliano di Gela, il quale, approfittando dei permessi premio di cui si giovava durante la carcerazione a Milano, riprendeva i contatti con Salvatore Rinzivillo, favorendo l’incontro tra quest’ultimo e lo storico esponente di Cosa nostra di Salemi, Paolo Rabito. Ad ulteriore riprova del ruolo importante acquisito dall’avvocato Ferrara all’interno della consorteria, va segnalato che era stato proprio lui il prescelto da Salvatore Rinzivillo per far accompagnare quest’ultimo ad un incontro riservato con Paolo Rabito avvenuto il 14.4.2017.