Categories: AperturaMafia

Borsellino quater, ergastolo ai boss Salvuccio Madonia e Vittorio Tutino

Ergastolo per i boss mafiosi Salvo Madonia e Vittorio Tutino, imputati per la strage di via D’Amelio in cui furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. La sentenza è stata emessa pochi istanti fa dalla Corte d’assise di Caltanissetta presieduta da Antonio Balsamo

Madonia, capomafia palermitano della cosca di San Lorenzo, sarebbe stato tra i mandanti dell’attentato. Tutino, invece, avrebbe partecipato alla fase esecutiva della strage.

I falsi pentiti sarebbero autori del clamoroso depistaggio che ha portato alla condanna di sette innocenti per i quali, dopo il passaggio in giudicato del verdetto emesso oggi dalla corte d’assise, verra’ avviato il processo di revisione, gia’ chiesto dalla procura generale di Caltanissetta.

Le accuse dei falsi collaboratori di giustizia Pulci e Andriotta sono state fondamentali per le loro condanne: da qui la contestazione della calunnia.

Stesso reato contestato a Scarantino al quale, pero’, stasera i giudici della corte hanno riconosciuto la circostanza attenuante di essere stato indotto a fare le false accuse: la concessione dell’attenuante ha comportato la prescrizione del reato.

Ai familiari delle parti civili costituite – congiunti del magistrato ucciso e degli uomini della scorta – sono state liquidate provvisionali immediatamente esecutive comprese tra i 100mila e i 500mila euro ciascuno.

“La prospettazione accusatoria ha retto, siamo soddisfatti. L’esito di questo processo ha un risvolto positivo non solo per l’ufficio, ma anche per i familiari delle vittime che, per la quarta volta, hanno affrontato il loro calvario”. Lo ha detto il procuratore di Caltanissetta Amedeo Bertone commentando la sentenza del processo Borsellino quater

Un quarto di secolo. E’ il tempo trascorso dalla strage di via D’Amelio. Il 19 luglio saranno passati 25 anni esatti, ma, nonostante sia stato celebrato un quarto processo – iniziato il 22 marzo 2013 e chiuso oggi – sull’eccidio mafioso che ha dilaniato Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, incombono ancora tanti misteri e interrogativi, fra depistaggi, falsi pentiti, ombre di mandanti esterni. E nuove indagini sono annunciate dalla Procura sui “troppi buchi neri” che ancora gravano. Mentre si e’ aperto il procedimento a Matteo Messina Denaro, accusato di essere tra i mandanti delle stragi. A riprova che un pezzo consistente di verita’ e giustizia deve essere ancora costruito.

– LUCIA E MANFREDI BORSELLINO, “STATO NOI TI ACCUSIAMO”
“Se fosse vero quanto emerso fino a ora – ha detto al processo la figlia del magistrato, Lucia – su eventuali manipolazioni da parte di uomini dello Stato, vorrebbe dire che mio padre e’ stato ucciso due volte. Cio’ che mi indigna sono i molti non ricordo portati qui da tanti uomini dello Stato”. “Non dovevo essere io a cercare la verita’ sulla morte di mio padre – ha incalzato Manfredi – c’erano altre persone demandate a farlo, ma non lo hanno fatto o lo hanno fatto malamente”. Parole che spiegano con crudezza cio’ che e’ stato nella storia di questi processi, e cio’ che dovra’ essere, se e’ vero che la Procura ha annunciato nuove indagini, sulla sorte dell’agenda rossa a esempio.

– TRADIMENTI E PICCIOTTI Un attentato micidiale eseguito dalla mafia, ma maturato in un clima di veleni anche fuori Cosa nostra; e segnato dalle inquietudini di Paolo Borsellino che si disse – sconvolto, incredulo e in lacrime – “tradito da un amico”. Non c’e’ ancora traccia dell’agenda rossa del giudice, dalla quale non si separava mai, che probabilmente era all’interno della sua borsa di cuoio al momento dell’esplosione, prelevata poi da un ufficiale dei carabinieri, mentre tutto intorno l’inferno continuava a divorare vita e vomitare orrore. Una borsa poi finita nell’ufficio dell’allora capo della Mobile di Palermo Arnaldo La Barbera. Sull’attentato di via d’Amelio si e’ abbattuto un “colossale depistaggio”: e questo e’ un fatto per il procuratore generale di Caltanissetta, Sergio Lari. Un depistaggio iniziato sin dalle prime fasi, con le rivelazioni di falsi pentiti, come Vincenzo Scarantino e Salvatore Candura. Indagini e gestione dei collaboratori affidate al pool di investigatori che indagava sulle stragi. Dichiarazioni che sin da subito avrebbero sollevato perplessita’ tra i magistrati nisseni, perche’ segnate da molte contraddizioni