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Dalle ceneri del blitz “Nuova cupola” nasce l’operazione “Icaro”: l’atto d’accusa

Il blitz “Icaro” di stanotte che ha disarticolato sodalizi mafiosi della Provincia di Agrigento prende spunto dall’operazione “Nuova cupola”, anzi sembra essere la naturale prosecuzione della retata antimafia di tre anni fa. Ciòà si comprende bene leggendo l’atto di accusa formulato dai magistrati della Dda di Palermo che hanno valorizzato un lungo lavoro investigativo della Squadra mobile di Agrigento. Ecco l’atto d’accusa: persone sottoposte ad indagini: Campo Pietro, Campo Giovanni, Guzzardo Piero, Grimaldi Antonino, Abate Antonino, Capizzi Mauro, Marrella Stefano, Marrella Vincenzo (cl. 55), Tortorici Francesco, Marrella Vincenzo (cl. 74), Marrella Leonardo, Schembri Pasquale, Grassadonia Diego, Tornatore Ciro, Iacono Antonino, Iacono Gioacchino, Lo Pilato Giuseppe, Messina Francesco, Capizzi Francesco, Tarantino Francesco, Cimino Gioacchino, Pavia Francesco, Picillo Giuseppe, Bavetta Domenico, D’aloisio Rocco, Interrante Santo, La Sala Giacomo, Secolonovo Gaspare Nilo, Baroncelli Tommaso tutti accusati di aver fatto parte, unitamente ad altre persone (tra cui Sutera Leo, Ribisi Francesco e Tarallo Giovanni, tutti separatamente giudicati), dell’associazione per delinquere denominata “Cosa Nostra” e per essersi, insieme, avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva, per commettere delitti contro la vita, l’incolumità individuale, la libertà personale e il patrimonio, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o, comunque, il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici, per riscuotere somme di denaro a titolo estorsivo da imprese ed esercizio commerciali operanti nel territorio controllato, per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per sé e gli altri, per intervenire sulle istituzioni e la pubblica amministrazione, contribuendo anche a individuare nuovi adepti o soggetti da avvicinare all’associazione mafiosa “cosa nostra”; e più in particolare:

  1. Campo Pietro quale capo della famiglia mafiosa di Santa Margherita Belice e esponente di vertice dell’organizzazione mafiosa nel territorio occidentale della provincia agrigentina, per aver partecipato ad incontri e riunioni con altri esponenti di vertice di “cosa nostra” della provincia di Agrigento (tra cui l’allora rappresentante provinciale Sutera Leo) e di Palermo (tra cui l’allora capo del mandamento di San Giuseppe Jato e Partinico, Sciortino Antonino), fungendo nel periodo compreso tra luglio 2012 e giugno 2013 da referente ultimo dell’apparato decisionale dell’organizzazione per le questioni relative alle locali famiglie mafiose (con particolare riferimento alle famiglie di Montallegro e Ribera) e per la gestione delle interferenze delle locali famiglie mafiose sulla realizzazione delle opere oggetto di appalti pubblici;
  2. Campo Giovanni e Guzzardo Pietro per aver fatto parte della famiglia mafiosa di Santa Margherita Belice, coadiuvando CAMPO Pietro nell’espletamento della sua attività, accompagnandolo ad incontri e riunioni con altri esponenti di vertice di “cosa nostra” della provincia di Agrigento

III.       Grimaldi Antonino per avere svolto funzioni di raccordo e collegamento tra CAMPO Pietro e altre famiglie mafiose del territorio agrigentino (intervenendo anche nella risoluzione delle questioni legate alle interferenze delle locali famiglie mafiose sulla realizzazione delle opere oggetto di appalti pubblici), sostenendo la nomina di MARRELLA Stefano a capo della famiglia mafiosa di Montallegro, con il celato intento di gestire egli stesso il potere all’interno della citata famiglia di Montallegro

  1. Bavetta Domenico, D’Aloisio Rocco, Interrante Santo, La Sala Giacomo, Secolonovo Gaspare Nilo, Baroncelli Tommaso perché operando nei territori di Santa Margherita Belice, Sambuca di Sicilia e Montevago quali soggetti a disposizione di CAMPO Pietro, controllavano il territorio e detenevano armi da fuoco
  2. Marrella Stefano per avere fatto parte della famiglia mafiosa di Montallegro, ricoprendone il ruolo di capo famiglia nel periodo intercorso dall’ottobre 2012 al luglio 2013, mantenendo frequenti contatti con Grimaldi Antonino e Campo Pietro (intervenendo anche nella risoluzione delle questioni legate alle interferenze delle locali famiglie mafiose sulla realizzazione delle opere oggetto di appalti pubblici),
  3. Marrella Vincenzo (cl. 74) per avere fatto parte della famiglia mafiosa di Montallegro (appoggiando particolarmente la fazione facente capo a Marrella Stefano)

VII.      Marrella Vincenzo (cl. 55) per avere fatto parte della famiglia mafiosa di Montallegro, ricoprendone il ruolo di capo famiglia nel periodo antecedente all’ottobre 2012 e successivo al luglio 2013, promuovendo incontri con membri della famiglia mafiosa di Cianciana

VIII.    Marrella Leonardo per aver fatto parte della famiglia mafiosa di Montallegro (appoggiando particolarmente la fazione facente capo a Marrella Stefano)

  1. Tortorici Francesco per aver fatto parte della famiglia mafiosa di Montallegro (appoggiando particolarmente la fazione facente capo a Marrella Vincenzo (cl. 55)) ed aver mantenuto i contatti tra la famiglia di Montallegro e quelle di Cianciana, Siculiana e Agrigento (con particolare riferimento a Iacono Antonino) ed intervenendo anche nella risoluzione delle questioni legate alle interferenze delle locali famiglie mafiose sulla realizzazione delle opere oggetto di appalti pubblici
  2. Schembri Pasquale per aver fatto parte della famiglia mafiosa di Montallegro (appoggiando particolarmente la fazione facente capo a Marrella Vincenzo (cl. 55), coadiuvando Tortorici Francesco a mantenere i rapporti con la famiglia mafiosa di Siculiana
  3. Capizzi Mauro per avere operato sotto la direzione di esponenti mafiosi di vertice quali Campo Pietro prima e Iacono Antonino poi (per conto del quale partecipava anche a riunioni con esponenti mafiosi palermitani) e prendendo parte ad incontri e riunioni con altri esponenti di vertice di “cosa nostra” della provincia di Agrigento (tra cui Ribisi Francesco e Tarallo Giovanni)

XII.      Grassadonia Diego e Tornatore Ciro per aver ricoperto la carica di responsabili della famiglia mafiosa di Cianciana, fungendo dal luglio 2013 da referenti dell’apparato decisionale dell’organizzazione per le questioni relative alla famiglia mafiosa di Montallegro

XIII.    Iacono Antonino quale capo della famiglia mafiosa di Agrigento e esponente di vertice dell’organizzazione mafiosa nella provincia agrigentina, prendendo parte ad incontri e riunioni con altri esponenti di vertice di “cosa nostra” della provincia di Agrigento (tra cui Ribisi Francesco e Tarallo Giovanni) e di altre province, mantenendo contatti con altre famiglie mafiose (in particolare di Ribera, Montallegro, Campobello di Licata, Favara e Porto Empedocle) e promuovendo ed organizzando con Messina Francesco atti intimidatori di carattere estorsivo a varie imprese

XIV.    Iacono Gioacchino e Lo Pilato Giuseppe per aver fatto parte della famiglia mafiosa di Agrigento, coadiuvando Iacono Antonino nell’espletamento della sua attività, accompagnandolo ad incontri e riunioni con altri esponenti di vertice di “cosa nostra” della provincia di Agrigento e mantenendo per lo stesso Iacono contatti con esponenti di altre famiglie mafiose locali

  1. Messina Francesco per avere ricoperto la carica di responsabile della famiglia mafiosa di Porto Empedocle, prendendo parte ad incontri e riunioni con altri esponenti di vertice di “cosa nostra” della provincia di Agrigento, mantenendo contatti con altre famiglie mafiose e promuovendo ed organizzando con Iacono Antonino atti intimidatori di carattere estorsivo a varie imprese

XVI.    Cimino Gioacchino, Pavia Francesco per aver fatto parte della famiglia mafiosa di Porto Empedocle, mantenendo peraltro costanti contatti con il capo famiglia di Agrigento Iacono Antonino

XVII.   Capizzi Francesco e Tarantino Francesco per aver fatto parte della famiglia mafiosa di Porto Empedocle, promuovendo ed organizzando su disposizione di Messina Francesco incontri e riunioni con altri esponenti mafiosi ed atti intimidatori di carattere estorsivo a varie imprese; il Capizzi Francesco inoltre per aver posto in essere minacce ed intimidazioni al fine di consentire alla Mnr Trasporti di Cucina Domenico (impresa sotto il controllo della famiglia mafiosa di Porto Empedocle) di ottenere il monopolio dell’attività di trasporto da e per Lampedusa

XVIII.  Picillo Giuseppe perché, quale soggetto a disposizione di Iacono Antonino, promuoveva ed organizzava su disposizione dello stesso Iacono incontri e riunioni con altri esponenti mafiosi e compiva atti intimidatori di carattere estorsivo a varie imprese

XIX.    Abate Antonino per avere svolto funzioni di raccordo e collegamento tra Campo Pietro e altre esponenti mafiosi nel territorio agrigentino

con le aggravanti costituite dall’essere l’associazione armata e dall’aver i partecipanti ottenuto il controllo di attività economiche finanziate con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti;

con l’ulteriore aggravante di avere rivestito il ruolo di promotore e/o organizzatore dell’associazione per Campo Pietro, Marrella Stefano, Marrella Vincenzo (cl. 55), Iacono Antonino, Grassadonia Diego, Tornatore Ciro e Messina Francesco

Fatti commessi in Agrigento, Santa Margherita Belice, Ribera, Montallegro, Cianciana, Favara, Siculiana, Porto Empedocle e Lampedusa e altre località della provincia agrigentina fino alla data odierna