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Faida Favara – Belgio: anche Gerlando Russotto doveva essere ucciso

Quando un arresto si rivela ancor più vantaggioso di una vincita al Superenalotto. Può sembrare un’esagerazione ma, invece, è così.

La vicenda riguarda Gerlando Russotto, favarese di 29 anni coinvolto pesantemente nell’inchiesta “Mosaico” che ha portato in carcere tre giorni fa otto persone. Russotto, finito già in carcere per le accuse mossegli contro dall’ex cognato, l’aspirante pentito Mario Rizzo, è tornato in galera l’altro giorno nel contesto dell’indagine sull’asse Favara- Belgio e la sua scia di omicidi e tentati omicidi.

Proprio quelle primarie accuse dell’ex cognato, con moltissima probabilità, gli hanno salvato la vita atteso che era stata decisa la sua morte perché ritenuto un traditore.

Scrive il Gip nel provvedimento cautelare “Mosaico”: “… Venivano attivate ulteriori attività di intercettazione, in particolare sull’utenza ed a bordo della Fiat Punto, in uso a Calogero Ferraro, padre di Emanuele, ucciso in un agguato) , su cui si registravano alcune conversazioni di interesse investigativo.

In particolare merita di essere richiamata una conversazione da cui appariva evidente la paura che Emanuele Ferraro aveva avuto di essere nel “mirino” della fazione opposta.

Si tratta di un ragionamento “a posteriori” tra Calogero Ferraro ed il nipote Emanuele Ferraro, avente ad oggetto il comportamento ambiguo tenuto da Gerlando Russotto nell’immediatezza e dopo l’omicidio di Emanuele, e sull’appartenenza di Francesco Di Benedetto al gruppo Ferraro – Bellavia.

La discussione prendeva spunto dalle notizia riportate dai mass-media a seguito del rinvenimento delle armi in data 29.05.2018 nel sottotetto del condominio di via Pietro Germi nr. 2 a Favara, risultate effettivamente nella disponibilità di Gerlando Russotto.

In particolare, i due commentavano le perplessità di Elisa Vullo, vedova di Emanuele Ferraro, poichè gli organi di stampa riportavano solamente i nomi del gruppo Ferraro – Bellavia  omettendo di indicare quelli della fazione opposta.

Secondo Emanuele Ferraro tale circostanza era causata dal doppio gioco di Gerlando Russotto (“degli appartenenti di questa parte c’è uno che fa l’amico e il boia, capito?”) che per confermare la vicinanza al loro gruppo aveva fatto rinvenire le armi che teneva celate nel sottotetto della sua abitazione, sicuro che le Forze di Polizia non lo avrebbero individuato a causa della mancanza delle sue impronte digitali sulle armi (“gli abbiamo detto, ma le armi ci sono impronte digitali?, mi ha detto, no, non ci sono impronte digitali.. Allora sei stato tu che gliel’hai portati di proposito per farci capire…, vedete che mi hanno preso? Che io sono amico vostro? capito? e se l’ha fatto di proposito? Si è fatto prendere di proposito di farsi beccare?”).

Emanuele Ferraro precisava, altresì, che Gerlando Russotto era l’unico a conoscere i movimenti del cugino sin dalla sera precedente e che sapeva che la mattina dell’omicidio non sarebbe andato a lavorare.

In effetti – scrive il Gip – si ricorda che l’autovettura Y10 utilizzata dal killer di Emanuele Ferraro, sin dalle ore 03,50 veniva ripresa dal sistema di videosorveglianza istallato dalla stessa vittima, a conferma che l’omicida era a conoscenza che il suo obiettivo non era ancora rientrato a casa.

Continuando a discutere della lealtà di Gerlando Russotto, Emanuele Ferraro (cugino della vittima) informava lo zio Calogero che pure Di Benedetto Francesco, altro soggetto facente parte del loro gruppo, dubitava della reale sincerità del Russotto (“anche Di Benedetto mi ha detto, <<non mi fido più di Gerlando…>>, gli ho detto, <<Francesco più ti fidavi tu di Emanuele che lui…>> <<minchia>>, dice, <<non mi fido più!>>, anche questo non lo crede più…”) anche in considerazione del fatto che lo stesso aveva tranquillamente continuato nelle sue abitudini, mentre la vittima e Francesco Di Benedetto avevano evitato di uscire da casa per un lungo periodo e volevano andare via da Favara (“Emanuele secondo me si spaventava… perchè sapeva che …inc… che erano in guerra e se ne voleva andare… Francesco si spaventava e se ne voleva andare, e non uscivano tanto… Gerlando no… tu sai che sei controllato…”).

Nella parte finale della conversazione, Emanuele Ferraro raccontava all’interlocutore che Gerlando Russotto lo aveva invitato al suo matrimonio, unitamente al Di Benedetto, precisando loro di recarsi al ricevimento armati. Calogero Ferraro e il nipote Emanuele Ferraro (cl. 74) riprendevano l’argomento dell’omicidio anche alle ore 07.00 del 02.08.2018, mentre erano nuovamente a bordo della Fiat Punto. Da tale conversazione si percepiva che Emanuele Ferraro, su indicazione dello zio Calogero, era alla ricerca di informazioni sull’omicidio del cugino.

Anche in data 07.08.2018 i due venivano intercettati a bordo della Fiat Punto mentre discutevano dell’omicidio. Nel corso della conversazione, Emanuele Ferraro ribadiva allo zio Calogero i suoi sospetti in merito alla effettiva lealtà di Gerlando Russotto verso la vittima (“ora più dubbi mi fa mettere… Gerlando! Più dubbi ancora mi ha messo! Dico, allora non era con Emanuele, era contro! Ah?”) ipotizzando che il Russotto si fosse schierato con la fazione contrapposta.

Del comportamento ambiguo tenuto da Gerlando Russotto, Emanuele Ferraro aveva informato tale Francesco (“gliel’ho detto io a Francesco… gli ho detto, <<Francesco, vedi che Gerlando si è comportato così, così e così!>>) il quale aveva proposto di eliminare Russotto Gerlando anche perché tale uccisione sarebbe stata ricondotta ai Distefano e non al loro gruppo: <<Ora>>, dice, <<vediamo che c’è da fare>>, dice, <<che… c’è lo puliamo pure! Tanto… non è che può immaginare che siamo stati… che siamo stati noi! Si può immaginare che è stato Furia, può immaginare che è stato quello…>>.

Tale omicidio non era stato portato a termine perché nel frattempo Russotto era stato arrestato (“Minchia, invece, lo hanno arrestato! ”).