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Omicidio Agostino, pentito Lo Forte: “`Faccia da mostro’ nel commando”

L’ex poliziotto Giovanni Aiello, detto “Faccia da mostro” o “il bruciato”, sarebbe uno dei componenti del commando che, il 5 agosto 1989, uccise a Villagrazia di Carini (Palermo) l’agente Antonino Agostino e la moglie, Ida Castelluccio. A ribadire le dichiarazioni, già rese alla Procura di Palermo nel settembre 2014, è stato l’ex pentito Vito Lo Forte, sentito dal Gip Maria Pino e dai pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, nell’ambito dell’incidente probatorio che si tiene contro i due indagati per il misterioso delitto di 26 anni fa, Nino Madonia e Gaetano Scotto. Lo Forte, che sostiene di avere appreso questi fatti dal reggente del mandamento mafioso dell’Arenella, Gaetano Vegna (morto un anno fa) e da Pietro Scotto, fratello di Gaetano, ha detto che Aiello ebbe un ruolo logistico di rilievo: avrebbe cioè bruciato la motocicletta utilizzata dai killer. “Faccia da mostro” è stato accusato, da Lo Forte ma anche da altri collaboranti, di avere avuto un ruolo pure nella strage di via D’Amelio. L’accusa, mossa dall’ex mafioso all’ex poliziotto attraverso una serie di cambiamenti di versione, non ha però finora trovato alcun riscontro nè ha convinto gli inquirenti. L’ex pentito – allontanato dal programma di protezione dopo avere commesso un omicidio, alcuni anni fa, mentre collaborava con lo Stato – ha ricollegato la morte di Agostino, finora autentico rebus per gli inquirenti, alla presenza dell’agente sui luoghi del fallito attentato dell’Addaura contro il giudice Giovanni Falcone e due suoi colleghi svizzeri. Quel giorno, il 21 agosto 1989, dunque poche settimane prima del duplice delitto di Villagrazia, ci sarebbe stato anche Emanuele Piazza, collaboratore del Sisde, sparito in circostanze misteriose pochi mesi dopo, nel marzo 1990. Agostino e Piazza sarebbero stati lì con delle mute da sub, poi ritrovate sulla scogliera e sottoposte a un accurato esame del Dna, che ha però escluso che vi fossero tracce dei codici genetici di entrambi. Lo Forte non era stato peraltro in grado di dire in che veste i due agenti fossero lì, se per impedire l’attentato o per appoggiare i killer (mancati) di Falcone e ha sostenuto che l’omicidio Agostino fu un favore che la mafia fece ai dirigenti del commissariato San Lorenzo, in cui il poliziotto lavorava.