Processo Icaro: pene sensibilmente ridotte in appello

I giudici della Corte d’appello, sezione IV penale presieduti da Giacomo Montalbano, hanno emesso sentenza d’appello del processo denominato Icaro che aveva alla sbarra 11 imputati tutti accusati di associazione mafiosa, e tutti pesantemente condannati in primo grado (tranne uno, Pasquale Schembri, 54 anni di Montallegro). Con il processo d’appello numerose pene inflitto in primo grado sono state ridimensionate, come ad esempio quella di Stefano Marrella (difeso dall’avvocato Teo Caldarone) che si è visto praticamente quasi dimezzare la condanna inflitta: da 20 a 12 anni di reclusione. Per tutti gli imputati è stata cassata l’aggravante del riciclaggio in seno all’associazione mafiosa e, per il solo Stefano Marrella, è caduta anche l’accusa dell’essere stato promotore della cosca venendo riconosciuto solo il ruolo di partecipe.

Ecco, nel dettaglio la sentenza emessa pochissime ore fa: Antonino Abate, 32 anni, di Montevago, 12 anni di reclusione (in primo grado 16 anni); Carmelo Bruno, 51 anni, di Motta Santa Anastasia, 4 anni (confermata); Vito Campisi, 48 anni, di Cattolica Eraclea, 10 mesi; Roberto Carobene, 42 anni, di Motta Santa Anastasia, 4 anni (confermata); Antonino Grimaldi, 58 anni, di Cattolica Eraclea, 12 anni (16 anni in primo grado); Stefano Marrella, 62 anni, di Montallegro, 12 anni (in primo grado 20 anni); Vincenzo Marrella, 44 anni, di Montallegro, 12 anni (in primo grado16 anni); Vincenzo Marrella, 63 anni, di Montallegro, 15 anni (in primo grado 16 anni); Gaspare Nilo Secolonovo, 50 anni, di Santa Margherita Belice, 5 anni e 6 mesi (confermata) e Francesco Tortorici, 39 anni, di Montallegro, 12 anni (16 anni in primo grado). Per gli altri imputati la pena è stata confermata.

Il processo scaturito dall’operazione antimafia Icaro, ha già vissuto una fase parallela con le condanne per gli imputati che avevano già scelto il rito abbreviato e tra questi personaggi eccellenti del panorama mafioso agrigentino quali Francesco Messi, Nino “u giardinisi” Iacono e Pietro Campo.

Gli imputati sono ritenuti affiliati, con diversi ruoli e incarichi, delle famiglie mafiose agrigentine  che avevano tentato di riorganizzare Cosa nostra provinciale dopo le catture degli ultimi latitanti Gerlandino Messina e Giuseppe Falsone.