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Ucciso a Chiavari con un colpo alla testa ex collaboratore di giustizia siciliano

Si chiamava Orazio Pino, originario della Sicilia, ed ex collaboratore di giustizia, l’uomo ucciso a Chiavari il cui cadavere e’ stato rinvenuto fuori dall’auto nel parcheggio di un supermercato del centro del genovese. L’uomo secondo le prime informazioni e’ stato ucciso con un colpo di pistola di piccolo calibro alla nuca.


Orazio Pino fu rappresentante della famiglia Pulvirenti a Misterbianco prima di decidere di collaborare con la giustizia.

Secondo quanto accertato dagli uomini della squadra mobile di Genova, agli ordini del primo dirigente Marco Cali’, Orazio Pino e’ stato colpito a una distanza di 5-6 metri, mentre stava raggiungendo la propria macchina. La vettura era ancora chiusa.  Il foro sulla nuca, rinvenuto dopo un primo esame superficiale del medico legale, e’ molto piccolo. Qualora fosse riconducibile ad un’arma da fuoco, potrebbe trattarsi – spiegano fonti investigative – di un calibro 22. Ma la ferita, considerata mortale, potrebbe essere stata provocata anche da un’altra arma. Gia’ sentiti ieri sera i parenti della vittima. 

Gli agenti del commissariato di Chiavari, intervenuti per primi sul posto, hanno trovato il marsupio dell’anziano con ancora i soldi. Non si esclude alcuna ipotesi, dall’esecuzione al tentativo di rapina finito male. Gli investigatori stanno acquisendo le immagini delle telecamere di sorveglianza del supermercato ma anche quelle lungo la strada che dal negozio porta al parcheggio per vedere se qualcuno lo abbia seguito.

Gli investigatori avrebbero individuato alcuni testimoni che pero’ non avrebbero indicato elementi significativi.

Orazio Pino era uno dei più importanti collaboratori di giustizia che aveva ricostruito le fasi più sanguinose della guerra di mafia a Catania negli anni Novanta.

Le ricostruzioni effettuate da www.meridionews.it e www.ilsecoloxix.it Pino si era accusato di essere l’autore di decine di agguati. Il suo profilo criminale è descritto negli atti giudiziari come quello di un personaggio di spicco della famiglia mafiosa di Giuseppe Pulvirenti detto «u Malpassotu». All’ombra del boss aveva ricoperto il ruolo di capo della «squadra» di Misterbianco (Catania) in aperta contrapposizione con la cosca di Mario Nicotra. Orazio Pino, come il «Malpassotu», era ritenuto vicino al clan di Nitto Santapaola nel quale avrebbe organizzato anche epurazioni interne.

Per sua scelta, nel 2009 era anche uscito dal programma di protezione: aveva concordato una «liquidazione» economica che aveva investito nella sua attività commerciale. Con la società «Isola preziosa» gestiva una gioielleria con alcuni punti vendita. Socie di «Isola preziosa» erano la moglie di Pino e le due figlie. L’ex collaboratore era componente del consiglio di amministrazione e per questo la società era stata oggetto nel 2016 di una interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Genova. Il provvedimento era stato poi confermato dal Tar al quale Pino aveva fatto ricorso dopo essersi dimesso dalla società. Ma la sua uscita, scrivono i giudici del Tar, «è da considerarsi un mero tentativo di salvare la società dalla censura antimafia» e quindi «permane il pericolo di tentativi di infiltrazioni mafiose nella società, proprio in ragione della sua presenza».

A 19 anni, mentre si trovava rinchiuso nella casa circondariale di piazza Lanza, aveva tentato il suicidio ingerendo compresse mediche. Nel 1981, Pino viene scoperto mentre nascondeva nella sua casa di Misterbianco cocaina, eroina, siringhe e tre milioni di vecchie Lire.

Passo dopo passo era diventato un capo, nonostante gli arresti. Nel 1990, le cronache dell’epoca dedicano a Pino il titolo di figlioccio del Malpassotu, il boss Giuseppe Pulvirenti. L’uomo, ucciso ieri sera, era stato coinvolto in un blitz della polizia insieme ad altre undici persone. All’epoca, almeno sulla carta, era il titolare di una casa discografica, la Step records, che si occupava di incidere musicassette per cantanti napoletani e catanesi. Secondo i magistrati, Pino in quegli anni sarebbe stato anche il mandante del delitto del capo della banda rivale, Mario Nicotra detto u tuppu, ucciso in un bar di Misterbianco nel 1989. Per questa vicenda, i giudici della corte d’Assise stabilirono però l’assoluzione. Successivamente, a distruggere l’impero del clan ci pensò lo stesso Pulvirenti, numero due di Cosa nostra arrestato dopo undici anni di latitanza nel 1993 e pentito dal 1994, e tanti tra i suoi fedelissimi. Oltre a Pino iniziarono a parlare con i magistrati Claudio Severino Samperi e Filippo Malvagna, nipote del Malpassotu.