Firetto: salvare Agrigento potrà frenare le attuali quotazioni al ribasso

Nel voto per il rinnovo dell’Assemblea regionale siciliana nell’Ottobre 2012, molti dati mi furono subito chiari e dopo diverse campagne elettorali alle spalle, alcune “sorprese” furono di facile intuizione come la debacle di Gianfranco Miccichè ed il suo partito e la crescita esponenziale del M5s.

I voti che si caratterizzano sono principalmente tre: di appartenenza secondo una visione di tipo ideologico e di lungo periodo; di scambio secondo un’adesione di medio periodo ad una lobby e dunque ad una comunanza di interessi, e d’opinione. In una società la scala gerarchica di valore avvantaggia il primo voto, limita il secondo e praticamente esclude il terzo. Quelle elezioni in parte stravolsero questo trand, ma la cosa che più mi impressionò fu il voto d’opinione espresso non ai partiti, ma ad alcuni candidati. Tra le fila dell’Udc vi era Calogero Firetto, Lillo per gli amici, col suo exploit personale e di voti. Da giornalista di provincia, ricordo bene la spontaneità dei cittadini nel votarlo, le parole dei leader d’opinione ed il “vento della naturalezza” di una elezione a deputato all’Ars già annunciata.

Tutto si reggeva non sul suo impegno passato nei giovani Dc, non nell’esperienza da assessore provinciale alla pubblica istruzione nei sei anni con Vincenzo Fontana, ma per essere stato – più recentemente – ottimo sindaco di Porto Empedocle. “Alla marina non c’é più puzza di fogna, alla marina comprano casa gli agrigentini, alla marina il Cine teatro Empedocle riaprirà a brevissimo, alla marina gli empedoclini pagano meno tasse, alla marina si rinnovano strade, rotonde e trazzeri, la marina col rigassificatore é diventato paese ricco“. Era un continuo bombardamento di affermazioni positive di promesse mantenute, un nuovo corso che aveva risollevato almeno a parole il borgo marinaro di Andrea Camilleri. E proprio sul confronto con Porto Empedocle, fondato principalmente su rapporti di qualità, che si paragonava la pessima Agrigento. Lo stesso Firetto, dopo le dimissioni da deputato regionale, sfruttò i paragoni durante le elezioni comunali del 31 maggio 2015, dove vinse a primo turno col 59 per cento dei voti. Col dissesto finanziario deliberato il 13 ottobre dal consiglio comunale di Porto Empedocle però crolla un “mito“, ovvero quello che era diventato per molti Lillo Firetto e la sua buona politica.

Quest’ultimo adesso dovrà fare i conti un un indice di gradimento al ribasso: la gestione di Porto Empedocle nei suoi otto anni non è risultata dunque così virtuosa, se solo si pensa al dramma che stanno vivendo le famiglie del personale del comune per i mancati pagamenti; per passare ai 2,5 milioni di euro l’anno, invani, che per quattro anni sono finiti nelle casse comunali di Porto Empedocle e che non sono nemmeno serviti per evitare, o perlomeno dimezzare, quei 20 milioni di euro di debiti attuali. La Corte dei Conti ha già cominciato ad indagare sulle responsabilità del dissesto ed è inevitabile che l’occhio ricada anche su Firetto che dovrà dimostrare la non colpevolezza, anche per salvaguardare il suo futuro politico.

La legge dello Stato prevede infatti che l’amministratore condannato per grave colpa, non possa ricoprire per dieci anni alcuna carica politico-amministrativa. Un bel grattacapo per il primo cittadino di Agrigento che, seppur poco “scalfito” da una smunta opposizione in aula Sollano, non é ben visto nella città dei Templi come un anno fa e forse già da quella famosa delibera che trasferì 80mila euro dalle competenze destinate al consiglio comunale alle indennità personali e della sua giunta.

Oggi le fortune politiche del sindaco di Agrigento passeranno inevitabilmente da un dignitoso piano di riequilibrio della città. Evitare il dissesto finanziario del Comune di Agrigento ha un duplice valore: dimostrare di non aver fallito come a Porto Empedocle e come un “politico di razza” distinguersi dalla politica del M5s trovando nuove soluzioni.

Le stesse o vicine a quelle diffuse nel suo ultimo programma elettorale.