Agrigento, Firetto: “Spesa per accoglienza spinge muncipio verso baratro”

Ad Agrigento sono 18 le strutture che ospitano minori non accompagnati, raccogliendo anche quelli che arrivano, a esempio, da Lampedusa e Porto Empedocle, “perché lì non ci sono centri”. E chi paga il costo di questa accoglienza? “Paga il Comune – dice Firetto -. Perché 45 euro sono a carico del ministero dell’Interno, quando arrivano, la restante parte, invece, è caricata sul bilancio comunale perché la Regione non paga”.

Nel 2015 il Comune agrigentino ha speso per questa voce di bilancio oltre 2 milioni e 400 mila euro. “E’ così è stato negli ultimi 15 anni, da quando cioè è scoppiata l’emergenza immigrazione” puntualizza il primo cittadino. Una spesa che per Firetto è “una delle cause che sta spingendo il municipio di AGRIGENTO sull’orlo del baratro”. “Siamo stati costretti – racconta – a fare un’azione provocatoria, dicendo ‘Fermatevi, non siamo più nelle condizioni di accogliere perché non possiamo più pagare le rette delle strutture’. La verità è che a pagare tutta questa operazione non è la comunità nazionale. Non è vero che siamo tutti solidali, siamo solidali sul bilancio degli agrigentini. Sono i Comuni a pagare il carico di questa accoglienza”. Gli attentati di Bruxelles dimostrano, però, che qualcosa non funziona nel modello di integrazione. “Probabilmente – dice ancora il sindaco – non siamo ancora strutturati bene dal punto di vista dei servizi che offriamo dentro le municipalità. Pensare che il tema lo risolviamo con l’8 per mille alle moschee, però, mi sembra solo una buona operazione per andare sulla stampa”.

Ad AGRIGENTO, comunque, la comunità locale non teme la presenza degli stranieri. “Abbiamo buoni rapporti con la comunità Tamil, buonissimi con quella senegalese, che in molti casi fa anche attività di volontariato civico – prosegue Firetto -. Non mi pare di poter dire che c’è tensione o particolare paura”. Certo quello dell’integrazione è “un processo che va sempre più affinato”, perché “le regole devono valere per tutti italiani e stranieri. Ciò che non si consente a un qualunque cittadino di una qualunque periferia non può essere permesso, in nome del pietismo, a chi arriva dal Nord Africa. Altrimenti – conclude il sindaco – non si fa integrazione ma disintegrazione”