Agrigento: otto femmine per una Sicilia “fimmina”

La Trinacria è femmina,Ilenia Costanza

La Trinacria è femmina,Ilenia Costanza

Per una Sicilia “fimmina che più fimmina non si può” sono convenute sul pianoro del tempio di Giunone circa un migliaio di persone.

Un successo lo spettacolo di Ilenia Costanza “La Trinacria è femmina” scelto dal Parco Archeologico di Agrigento per il cartellone  degli eventi che è solito proporre ogni estate. Il pubblico, anche in piedi,  si è assiepato sotto gli alberi mentre il parcheggio dava il tutto esaurito con il conseguente posteggio di auto  a bordo strada fin quasi a Bonamorone.

La Trinacria è femmina,Ilenia Costanza

Le promesse della vigilia sono state mantenute e non poteva essere altrimenti in uno spettacolo scritto, recitato e diretto da Ilenia Costanza. Oltre a lei sulla scena  una incantevole Lorena Vetro e poi Cristiana Mastrantonio, Monica Tenev, Roberta Ciampa, Francesca Nigro, Enrica Marini e Fabrizia Pandimiglio, una band sceltissima” come le Gorgoni – è stato detto – che danno senso alla Trinacria: Medusa, che rappresenta la perversione intellettuale; Steno, la perversione morale ed Euriale, la perversione sessuale… ma lasciamo a voi la distribuzione dei ruoli!”.

La provocazione di Ilenia Costanza è solo divertita perché poi, lo spettacolo come abbiamo detto mantiene le promesse “La Trinacria è Femmina” e risulta  “un divertente e poetico concerto reading che racconta la Sicilia partendo semplicemente dal grammaticale femminile delle parole che la caratterizzano… “Siccità è femmina… – si scatena  la Costanza – Santa Rosalia e Sant’Agata sono femmine. Imprenditoria è femmina…qualche dubbio su  selvaggia e disonorata però. L’emigrazione è femmina; la maschera di Pirandello e la roba di Verga. Ma anche la vigna, la mandorla e l’arancia. E il pistacchio. Sì, perché da noi il pistacchio si chiama ‘a fastuca! E diventa femmina… come la bellezza!”.

Ilenia non si poteva far mancare un robusto cenno ai nostri grandi scrittori di cui  recita alcuni brani  da Pirandello a Quasimodo, da Buttitta a Bufalino e Sciascia; Lorena Vetro, voce portentosa e coinvolgente, con la sua chitarra, cunta le leggende. Da meravigliosa Cantastorie quale è, l’ultima, come ama definirla la regista, intona i brani più significativi di Rosa Balistreri, Otello Profazio, Nonò Salamone; senza tralasciare ”La terra amara” da Domenico Modugno, Mercedes Sosa e perfino Marlene Dietrich. E infine  la Leggenda di Colapesce e l’amarezza  della constatazione che “ Qua si campa d’aria” insieme ad altri pregi e difetti, senza tralasciare  la cucina, raccontando perfino del cannolo e della sua simbologia e dell’invidiosa astuzia che generò la famosa sarda a  beccafico; svelando trucchi, ricette e origine di una cucina tipica, povera di materia prima e ricca di sapore; il sapore delle mandorle e dei limoni, della sarduzza e del vino buono… il sapore di quella primordiale ricchezza che è l’amore. Quello stesso amore che tiene ancora Colapesce sotto le nostre acque a reggere le colonne di quest’Isola bella… quello stesso amore che fa cantare a Rosa Balistreri “pirchì p’amari a vui nun pensu a Diu!”.

 “Bastano una donna e un tamburo, per fare scoppiare una rivoluzione” ?  si chiede Costanza.  Parrebbe di si , ma con Ilenia al tamburo la Bastiglia  (e palazzo Chigi) sono a portata di mano.