Pregano con il corpo, con il canto, con la musica. Sono i Dervisci, la confraternita dei Sufi.
Una volta l’anno pregano e cantano con i francescani sull’esempio di san Francesco che incontrò il sultano. Sono patrimonio immateriale dell’Unesco e sono stati ad Agrigento invitati per partecipare alla 71esima Sagra del mandorlo in fiore.
Li abbiamo osservati da vicino, appostati dietro le quinte del palcoscenico del Teatro Pirandello. Una esperienza che si è rivelata coinvolgente per la professionalità e immedesimazione che hanno mostrato nel preparare lo spettacolo e nel metterlo in scena. La preparazione del rituale è molto simile a una celebrazione sacra e tutto lo svolgimento, osservato da vicino, fa risaltare valenze plurime nei gesti che precedono e si aprono poi alla danza emblematica e spirituale che conduce “i rotanti” all’ascesi. Una recita che sarà anche ripetitiva ma che viene interpretata con una intensità difficile da riscontrare in un teatro.
Una danza rotante che è stata definita “divina”, cosmica come gli atomi rotanti, come i pianeti, come il pensiero. Attorno ai rotanti un gruppo di musici e cantanti vestiti di nero che risalta tra le candide tuniche dei danzatori. Dopo l’inno di lode al Profeta tra canti, flauti e tamburi seguono dolci melodie che preludono alla danza con i rotanti che entrano in fila sulla scena dopo essersi svestiti dal mantello nero che scopre il fulgido biancore delle loro vesti. E’ tutto un rituale fatto di baciamano al Maestro, di turbanti che si stagliano nella penombra e nei coni di luce della scena mentre una musica implacabile e ossessiva ripete se stessa.
Del resto, aveva scritto il poeta e mistico persiano Jalal-al-Din Rumi: ”Chi non conosce la propria essenza, colui ai cui occhi è nascosta questa bellezza lunare, che se ne fa della danza e del tamburo?”
E’ tutto qui racchiuso il significato di questo evento e francamente ci viene da pensare alla Turchia di Erdogan da cui provengono questi danzatori. I Dervisci nella cultura islamica sono i poveri che hanno rinunciato alle “pompe” del mondo, alle sue iniquità e velleità di dominio. Possibile che Erdogan non ne tragga un qualche insegnamento?
Quell’Erdogan che chiude i giornali , che zittisce (ma è un eufemismo) i dissidenti e che suggerisce cautela ad un accompagnatore dei Dervisci che abbiamo avvicinato e che risponde in un affannoso inglese: ”No, di politica i Dervisci non si occupano”. Amen.
Le foto sono di Diego Romeo