Agrigento: l’inquisizione è entrata nel “Teatro da camera”

Leonardo Sciascia, voce clamante nel deserto, entra nel “Teatro da camera” che il Circolo Empedocleo di Giuseppe Adamo e lo Stable festival di Mario Gaziano stanno portando a termine. Alla fine di Marzo avremo “Donne in satira, da Flaiano a Fortini e Sbarbaro” mentre chiude in Aprile l’omaggio a Pirandello con “Lumie di Sicilia”.
Intanto l’altra sera Leonardo Sciascia è entrato in “camera” prepotentemente col suo fra Diego La Matina che Gaziano ha adattato per questa rassegna chiamando a raccolta i suoi attori: Alfio Russo, Angelo Provenzano, Giuseppe e Giugiù Gramaglia, Franco Di Salvo, Alfonso Marchica, Maria Grazia Castellana, Pellegrina Vitello, Nenè Sciortino.
Il martirio dell’”affannoso innocente” e la cupa espressività dell’Inquisitore Juan Lopez De Cisneros sono stati disegnati da Andrea Carisi e proiettati su un grande schermo che alla fine con un gioco di dissolvenze siglava il martirio di fra Diego avvolto dalle fiamme del rogo.

Alfonso Marchica e Nenè Sciortino
Di Salvo e Giuseppe Gramaglia
Diego La Matina
Fra Diego al rogo
Fra Diego uccide l'inquisitore
Giugiù Gramaglia
Maria Grazia Castellana
Pellegrina Vitello
Un disegno di Andrea Carisi

Un bel “coupe” visuale ricostruito, che valeva tutta la forza del “j’accuse” sciasciano contro una immagine di potere inquisitoriale che nel 1658 aveva impressionato il cattolicesimo iberico. Ma anche si è visto e sentito un buon teatro di parola, dei sempre poveri e dei soliti oppressi visto che l’eresia dell’agostiniano fra Diego La Matina era più sociale che teologica.
Parole che sono arrivate dritte al pubblico che ha accolto con applausi convinti la rabbiosa reazione del frate e le feroci umiliazioni inflitte dalle baronie in difesa delle prerogative nobiliari. Non che oggi il mondo sia tanto diverso e il “profeta” Sciascia nell’additare la vicenda di fra Diego, scrisse non a caso che questo personaggio se lo trascinava sempre con se.
Quasi a voler proiettare una condizione umana e soprattutto siciliana dove catene, ceppi e soprusi non sarebbero stati solamente una metafora letteraria. (testo e foto di Diego Romeo)

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