Agrigento, Teatro Pirandello: il bene e il male nel musical di Flora-Guardì-Cucchiara

Senza riandare ai tempi biblici: quanti secoli fa dal musical “Caino e Abele” di Tony Cucchiara? Era il 1972 e “Caino e Abele” transitava tra gli applausi sui palcoscenici della democristianissima Italia mentre la sinistra falliva il suo obiettivo elettorale, moriva Flaiano, veniva sequestrato “Ultimo tango a Parigi”, per la prima volta il presidente Leone scioglieva le camere, Enrico Berlinguer veniva eletto segretario del Pci.

E mentre in America  scoppiava il Watergate il musical di Tony Cucchiara spopolava i teatri  come pure in Sudamerica e Australia.  L’oggi ottantenne Tony, nostro concittadino, diventava anche lui l’ambasciatore del bel canto italiano e dell’industria canora che se ne appropriò felicemente. Stavamo meglio quando stavamo peggio?

Di certo oggi sappiamo di quanto il mondo sia arretrato e caduto in basso in fatto di pace, solidarietà tra i popoli e amministrazioni comunali.

Pippo Flora, regista e assemblatore di questo “potpourry” musicale (“Il Bene e il Male”) andato in scena al “Pirandello” che annovera san Francesco, Anna Frank e i Promessi sposi ideato con Michele Guardì, è rimasto sempre all’interno del Teatro Pirandello, anche tra polemiche retributive, e regnante Lillo Sodano costituiva con Guardì e Mario Gaziano la punta di diamante della gestione teatrale.

Altro momento dello spettacolo
Da Caino e Abele con Giovanni Moscato
La disperazione della madre di Cecilia
La disperazione di don Rodrigo
L'abbraccio del pentito col cardinale
L'addio della madre a Cecilia

Anni “felici”, economicamente folli e basta ricordarsi delle ricche brochure che venivano editate per il pubblico in sala mentre l’altra sera per il suo spettacolo c’era solo un grande manifesto all’entrata del foyer.

Probabilmente il nostro default inizia da quegli anni. Ma ciò che ci riesce malinconico ricordare e constatare come  anche oggi siamo fermi a un teatro di nostalgico ripiegamento e salvo pochi casi dopo la riapertura alla grande del Teatro con “I giganti della montagna” di Giorgio Strehler, la (in)sostenibile leggerezza  delle messinscena sia stata votata al divertissement, all’intrattenimento  secondo i riti televisivi dell’intramontabile Michele Guardi le cui trasmissioni resistono a tutte le bufere direzionali della Rai e che hanno trovato le notazioni, simpaticamente feroci, per esempio, del critico tv del Corriere della sera Aldo Grasso, ampiamente antologizzate nei suoi scritti.

Erano anche gli anni della “Settimana Pirandelliana” che abbiamo ignominiosamente e silenziosamente perduto. La popolarissima Mariangela Melato mise piedi al “Pirandello” qualche anno prima di morire con un suo malinconico soliloquio, Shakespeare si è visto solo quest’anno mentre è rimasta sempre assente la palermitana Emma Dante che raccoglie i suoi allori più altrove che in Sicilia. Bisognerebbe chiedersi se con questo nostalgico “Il Bene e il Male” si sia  finalmente chiuso un ciclo e se ne riapra doverosamente un altro con direttori artistici che conoscano bene lo “spirito del tempo” cittadino, le sue forze teatrali che ci sono e vanno in scena a insaputa del sindaco.

Pippo Flora conosce benissimo l’ambiente musicale e può benissimo esternare la sua generosa intelligenza e la saggezza dei suoi anni per farlo meglio conoscere.

Un drammatico primo piano di Giorgia Flora
Un momento dello spettacolo
Un momento del musical
Una danzatrice
Una grande interpretazione di Giorgia Flora
Una intensa Giorgia Flora

La prova di “Vestire gli ignudi” con Gaetano Aronica che ha assemblato gli interpreti siciliani ci sembra un esempio da irrobustire. Aronica è stato scelto dal sindaco Firetto e  questa “benevolenza” speriamo non diventi un handicap per future rappresentazioni che non devono tradire le legittime e diverse aspettative del pubblico, maturo per ben altre esperienze che vedano in scena le compagnie teatrali agrigentine. Poi gli applausi, i fischi e il botteghino sanzioneranno la riuscita.

La città deve essere usufruita in tutti i suoi settori e basterebbe sedersi attorno a un tavolo e programmare. Aronica, visto che c’è, potrebbe essere un tramite importante anche a costo di contraddire gli amministratori di turno ai quali un certo teatro fa (ideologicamente) paura.

Una scena dello spettacolo
Una scena di Anna Frank
Una scena drammatica
Giovanni Moscato in don Abbondio

E visto anche che il concittadino Aronica si è diplomato con una tesi sul regista Massimo Castri, ci aspettiamo che alzi il tono della “deissi” teatrale.

Onorerebbe la sua carriera, la sua città e tutti gli altri “pazzi” per il teatro.

Testo e foto di Diego Romeo

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