Ritrovata intervista di Luigi Pirandello del 1927: “Mussolini non trova paragoni nella storia”

Un’intervista di Luigi Pirandello, pubblicata su L’Impero il 12 marzo 1927 e ripresa quest’oggi dal professore Piero Meli sulle pagine dell’edizione cartacea de “La Sicilia”, sembrerebbe svelare una adesione convinta al fascismo del premio nobel agrigentino.

“Quanti sono morti che si credono ancora vivi! E quanti vivi sono oggi sopraffatti dal pensiero dei morti! Come volentieri, amici miei, mi metterei a fare il becchino per sbarazzare l’Italia da tutti i cadaveri che l’appestano! L’Impero giornale di giovani vivi, mi dovrebbe dare una mano”, scrive Pirandello firmandosi in calce. “Mussolini non trova paragoni nella storia, mai esistito un condottiero che abbia saputo dare al suo popolo una così viva impronta della sua personalità”.

L’intervista , pubblicata a pagina tre de “L’Impero” a firma di Umberto Gentili, è intitolata “A colloquio con Pirandello” ed è stata effettuata dietro le quinte del Teatro Argentina, a Roma, durante le prove di “Diana e la Tuda”. “Io sono un uomo in piedi che morirà in piedi. Quanti si credono ancora vivi e non lo sono, e bisognerebbe spazzarli, bisognerebbe sgombrare”, esordisce Pirandello. “Le camarille, le piccole congiure personali, non arrivano a spianare nessuna strada, ingombrano, inceppano, è necessario liberarsene, assolutamente, fascisticamente”.

Poi ancora rispunta il tragico concetto di ‘epurazione’: “Se si vuol fare qualche cosa, bisogna incominciare ad epurare ed è un mezzo, questo, di cui si sente la necessità in tutti i campi dell’attività umana”. Ma è quando l’intervistatore domanda cosa ha fatto il fascismo per l’arte che Pirandello risponde da fan accanito di Mussolini: “Moltissimo: c’è ora un fervore di opere che non ha precedenti. Del resto tutto in Italia si è rinnovato; cinque anni di vita fascista hanno ringiovanito e trasformato ogni energia. Mussolini non trova paragoni nella storia; non è mai esistito un condottiero che abbia saputo dare al suo popolo una così viva impronta della sua personalità”.

Non che la vicinanza tra Pirandello e il fascismo sia stata mai un mistero, soprattutto nei terribili anni tra il ’24 e il ’25 quando aderì al Manifesto degli Intellettuali fascisti con ancora vivi gli echi del delitto Matteotti e la svolta totalitaria del Duce, ma secondo diversi storici, tra cui il biografo Gaspare Giudice, la simpatia del drammaturgo si sarebbe affievolita già dal 1926. L’Impero fu un quotidiano del Ventennio fondato da Mario Carli ed Emilio Settimelli, entrambi futuristi, vicini a Gabriele D’Annunzio e all’impresa fiumana.