“Un caffè con Pirandello” al “Posta vecchia” di Agrigento (ft)

“Un caffè con Pirandello” ha chiuso l’altra sera al “Teatro della Posta vecchia” la rassegna teatrale in memoria dell’attrice agrigentina Mariuccia Linder. “Un caffè con Pirandello” ha chiuso l’altra sera al “Teatro Della Posta Vecchia” la Rassegna teatrale in memoria dell’attrice agrigentina Mariuccia Linder.

Ideata dall’Associazione “Teatranima” di Salvo Di Salvo ha visto avvicendarsi sulla scena ben otto compagnie teatrali e un concerto reading  di Francesca Cosentino.

“Un caffè con Pirandello” di e con Vincenzo Catanzaro, si insinua  in questa rassegna con la intensa e sorniona interpretazione del Catanzaro che racchiude in poco più di un’ora la “lezione pirandelliana”.

Una sorta di potpourri che ci conferma fuori di dubbio come fosse fallace quella convinzione critica, erede di annose polemiche che negava la presenza di un autentico pensiero filosofico nell’opera di Pirandello.

L’attore saccense, coadiuvato da Pasquale Bentivegna, Michele Cirafisi, Liliana Abbene e le scene di Salvatore Catanzaro essenziali e disadorne come nei bar  delle sperdute stazioncine ferroviarie, lega a doppia mandata il pensiero di Ciampa, di Tararà, dell’Uomo dal fiore in bocca e di altri incisi filosofici disseminati in altre novelle, per coniugare la schietta esigenza speculativa alla concreta esperienza artistica.

Una summa dell’estetica pirandelliana comunicata con la disillusa e malinconica consapevolezza di un  don Fabrizio Salina che vede sgretolarsi  leoncini e gattopardi. Lo aiuta, in questo frangente, il suo “phisique du role” che lo avvicina al profilo del vecchio Burt Lancaster. In una nuova edizione del “Gattopardo”, un Luchino Visconti di turno gli affiderebbe la parte.

Nell’attesa, Vincenzo Catanzaro si consola con la bella caratterizzazione offerta in due recenti fiction televisive di Camilleri.

In questo “Caffè”, ci sono momenti in cui non stonerebbe l’apparizione improvvisa di Tancredi con il suo solito”Zione, sei una bellezza stasera. Ma che fai corteggi la morte”?

Al suo posto non sfigura il fin troppo tollerante cameriere (Michele Cirafici) di Pasquale Bentivegna che sta al gioco ma che poi, nel finale si riserva un bel “coup de theatre” rivelando all’ingenuo e terrorizzato avventore dell’uomo dal fiore in bocca che il malinconico gattopardo narratore è un pover’uomo fuori di testa e che bisogna assecondare nei suoi pazzeschi filosofemi.

La solita mannaja per l’essere e l’apparire. E per il potere che sta sempre altrove.