Mafia agrigentina, blitz “Icaro”, revocati i domiciliari a Pietro Campo

Pietro Campo, 63 anni, presunto capo della famiglia mafiosa di Santa Margherita Belice, finito in manette nell’operazione “Icaro” dello scorso 2 dicembre, che ha visto l’esecuzione di 13 misure cautelari (6 in carcere, 3 ai domiciliari, 4 con obbligo di firma), ha ottenuto la revoca della misura a lui applicata.

I giudici del Tribunale del Riesame hanno infatti revocato la misura degli arresti domiciliari applicata nei confronti dello stesso Campo all’atto del blitz, accogliendo le istanze della difesa del margheritese, rappresentata dall’avvocato Giuseppe Giambalvo.

ono sei le persone finite in carcere nell’ambito dell’operazione antimafia “Icaro” condotta dalla polizia: Antonino Iacono, 61 anni, indicato come il capo della “famiglia” diAGRIGENTO; Francesco Messina, 58 anni, ritenuto il capo della “famiglia” di Porto Empedocle; Francesco Capizzi, inteso “il milanese”, 50 anni; Francesco Tarantino, inteso “Paolo”, 29 anni; Gioacchino Cimino, 61 anni, e Giuseppe Picillo, 53 anni, di Favara. Il Gip del tribunale di Palermo aveva disposto invece gli arresti domiciliari per Pietro Campo, 63 anni, di Santa Margherita Belice (Ag); Giacomo La Sala, 47 anni, anche lui di Santa Margherita Belice e per Emanuele Riggio, 45 anni, di Monreale (Pa). Obbligo di presentazione alla Pg, invece, per Vito Campisi, 45 anni, e Antonino Grimaldi, 49 anni, entrambi di Cattolica Eraclea (Ag); Santo Interrante, 34 anni, e Gaspare Nilo Secolonovo, 47 anni, di Santa Margherita Belice (Ag).

Le indagini hanno investito il capoluogo agrigentino e la zona occidentale di Agrigento, “permettendo di ricostruire la pianta organica dell’associazione mafiosa Cosa Nostra in quel territorio ed, in particolare, di raccogliere numerosi elementi indiziari a carico del capo famiglia della cosca di Agrigento, Antonino Iacono, agrigentino, 61 anni e del capo famiglia della cosca di Porto Empedocle, Francesco Messina, nato a Porto Empedocle, 58 anni. Questi ultimi, in particolare, operavano con metodo mafioso ed estorsivo per condizionare l’attività di ristrutturazione del rigassificatore di Porto Empodecle”.