Commissione Antimafia, sentito Lo Voi: da Messina Denaro a tratta migranti e temi Agrigento

“Sono molti i temi che abbiamo trattato durante un interessante confronto con la commissione parlamentare Antimafia che spero sia utile su molte questioni che non riguardano solo Palermo, ma tutto il distretto, e anche Trapani e Agrigento: dalla latitanza del boss Matteo Messina Denaro, che è solo una delle questioni, a un cenno alla gestione dei rifiuti, fino alla tratta di esseri umani”. Così il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi ha sintetizzato con i giornalisti il senso della lunga audizione, durata più di due ore, fatta oggi alla prefettura di Palermo di fronte alla commissione parlamentare antimafia. Gran parte della audizione è stata secretata.

“Sono giorni impegnativi per la memoria e per la necessità di capire il presente e di assumere come Istituzioni le nostre responsabilità. Facciamo coincidere le audizioni a Palermo e a Trapani con l’anniversario di Borsellino per unire memoria e responsabilità per il presente e per il futuro. E’ un calendario importante, la città ci fa partecipare a questo momento così significativo, così come sarà importante la presenza a Trapani”.

Lo ha detto, prima di entrare in prefettura a Palermo, la presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, in missione nel capoluogo siciliano e a Trapani, per partecipare alle commemorazioni della strage di via d’Amelio e per un approfondimento sulle attuali dinamiche all’interno di Cosa Nostra. La presidente Rosy Bindi, insieme con una dozzina di parlamentari nazionali, tra i quali Claudio Fava, si sono riuniti in prefettura intorno alle 13. L’organismo ha già ascoltato, tra gli altri, il prefetto Antonella De Miro, il questore Guido Longo (quella sulla strage di via D’Amelio “è un’indagine complicata, ma la verità prima o poi arriverà”, ha detto all’uscita), il comandante provinciale dei carabinieri Giuseppe De Riggi e della Guardia di Finanza, Giancarlo Trotta, il capo centro Dia Riccardo Sciuto.

La commissione procede con le audizioni del procuratore aggiunto di Palermo Maurizio Scalia e il sindaco di Palermo Leoluca Orlando.

Dopo la prima giornata Bindi aggiunge: “Abbiamo trovato, ancora una volta, le istituzioni di Palermo attente e vigili sui cambiamenti che la mafia sta subendo e che ci fa affermare che Cosa nostra che è stata protagonista della stagione delle stragi è stata sconfitta, non c’è più, ma la mafia c’è ancora con tutte le sue mutazioni che non sfuggono però agli inquirenti. Vorremmo anche che le mutazioni di Cosa nostra non sfuggissero alla società che rischia di essere, in alcune situazioni, connivente e compiacente con un modo diverso di comportarsi delle mafia. L’antimafia deve cambiare. se non c’è più la mafia delle stragi c’è la mafia che fa estorsioni, fa affari e trova complicità, che fa accordi con la massoneria, dentro la quale penetrano anche le altre istituzioni. E’ evidente che così cambia tutto”.

Domani a partire dalle 8,45 saranno auditi il presidente del Tribunale di Palermo Salvatore di Vitale e il presidente della Sezione misure di prevenzione Giacomo Montalbano. “È importante essere oggi a Palermo per ricordare Paolo Borsellino, ma anche perché siamo al quarto processo per la strage di via D’Amelio senza una verità. Andremo a Trapani per scoprire che 30 anni dopo ci sono ancora 19 logge massoniche e sei a Castelvetrano”. Così il deputato Claudio Fava, vicepresidente della Commissione nazionale antimafia al suo arrivo alla prefettura. “Che ci sia stato un tentativo di costruire un’intelligence tra un pezzo dello Stato e l’allora cupola di cosa nostra è nei fatti – ha aggiunto poi Fava – al di là della vicenda giudiziaria: la latitanza di Provenzano, straordinariamente lunga, quello che accadde al covo di Riina, la sorte che ha riguardato il 41bis. Molte cose ci dicono che la condivisione di un percorso tra un pezzo dello Stato e  un pezzo della cupola di Cosa nostra può esserci stata .Il problema – ha concluso – è che tutto questo è arrivato con intollerabile ritardo al giudizio del Paese e questo prescinde dalla vicenda giudiziaria, che ci sia un debito grave di verità nel Paese rispetto alla cose accadute 25 anni fa è un fatto che nessuno può escludere”.