Agrigento: confiscati 20 milioni di euro ad Angelo Stracuzzi, fu personaggio chiave inchiesta “Outster”

Il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Agrigento ha eseguito un decreto di confisca per oltre 19,5 milioni di euro nei confronti del nucleo familiare di origine di Angelo Stracuzzi, 49 anni, di Licata, nell’agrigentino.

Peppe Stracuzzi, padre di Angelo, morto nel Febbraio 2015.

I beni confiscati sono costituiti da :

  • cinque aziende operanti nell’ambito della produzione di calcestruzzo : “Stese” S.r.l. di Ravanusa, “Stral” S.r.l., “Esse Costruzioni”, ditta ind.le Angelo Stracuzzi e ditta ind.le Letizia Stracuzzi, tutte di Licata;
  • quote di partecipazione in un’impresa edile (“El Sombrero” S.r.l. di Licata) ed in una di ristorazione (“Ser.A.Va.” S.r.l., di Licata);
  • due appartamenti e sei fabbricati rurali, tutti situati a Licata;
  • due autoveicoli di grossa cilindrata (marca BMW);
  • terreni situati nella zona industriale Licata Est per un’estensione complessiva pari a circa 54 ettari .
  • L’odierna confisca trae origine da una lunga ed articolata attività di indagine patrimoniale, iniziata dal Nucleo PT nel giugno del 2007 su delega della D.D.A. di Palermo, nei confronti dello Stracuzzi

La villetta confiscata ad Angelo Stracuzzi

La ditta individuale confiscata ad Angelo Stracuzzi

Angelo e del padre Giuseppe (nel 2007 condannato in primo grado per mafia, poi assolto in appello nel 2009) .

In esito agli accertamenti condotti dagli investigatori ed alle proposte formulate dalla DDA, nei mesi di aprile e novembre 2009 il Tribunale di Agrigento aveva emesso due distinti decreti di sequestro nei confronti di beni immobili e di società direttamente od indirettamente riconducibili allo Stracuzzi Angelo ed a componenti del proprio nucleo familiare .

Successivamente, con decreto del gennaio 2011, il Tribunale di Agrigento disponeva la confisca di parte dei beni già sequestrati nel 2009, osservando come le attività riconducibili al gruppo familiare degli Stracuzzi avevano ottenuto “”appalti e/o subappalti, tramite la propria capacità criminale diffusa nel territorio di Licata””, evidenziando che “”gli investimenti fatti dai proposti e dai loro congiunti … hanno un valore che risulta sproporzionato rispetto alle disponibilità economiche e ai redditi lecitamente prodotti dai soggetti a carico dei quali sono stati svolti gli accertamenti”” e che “”è dunque palese che i beni di cui i proposti hanno la disponibilità, ……., rappresentino il frutto del rapporto di stabile collusione e provento della attività illecita, esercitata anche avvalendosi dei metodi della intimidazione mafiosa, e pertanto, sussistono indizi idonei a lasciare fondatamente desumere che i beni di cui si chiede il sequestro e la confisca siano frutto di attività illecite e ne costituiscano il reimpiego”” .

A seguito di questo decreto i prevenuti avevano fatto ricorso prima presso la Corte di Appello di Palermo e poi presso la Corte di Cassazione, ma entrambi gli Organi giurisdizionali avevano rigettato i ricorsi confermando le confische, divenute irrevocabili a dicembre 2015 ed eseguite nel corrente mese .

La definitività dell’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale conferma l’elevata pericolosità sociale dello Stracuzzi, determinata dalla sua vicinanza alla consorteria mafiosa “cosa nostra”, e testimonia l’importanza attribuita dalla Guardia di Finanza al contrasto alla criminalità organizzata sul piano economico-finanziario, che si concretizza nelle investigazioni patrimoniali volte a scovare e sequestrare le ricchezze illegalmente accumulate .

La lotta ai patrimoni criminali illeciti si è rivelato, infatti, uno degli strumenti più efficaci per tutelare gli imprenditori onesti e le aziende sane dai tentativi di concorrenza sleale, inquinamento e sopraffazione della mafia, costituendo, nei fatti, un vero e proprio caposaldo di legalità a tutela dell’intera società civile .

 

Angelo Stracuzzi, imprenditore licatese

CHI E’ ANGELO STRACUZZI. Angelo Stracuzzi, personaggio chiave dell’inchiesta “Ouster”  che con le sue rivelazioni (per i Pm antimafia solo parziali) già vittima di attentati, ha aperto ampi squarci sul sistema mafioso operante a Licata. Il processo scaturito dall’operazione denominata “Ouster”, cioè ”Imposizione”, che nel dicembre del 2012, in esecuzione di un’ordinanza del Gip del Tribunale di Palermo, Riccardo Ricciardi, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, portò all’arresto di sei persone, tutte di Licata, con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso e intestazione fittizia di beni. Dalle indagini, avviate nel 2009, è emerso che, con minacce e con metodo mafioso, gli imprenditori venivano costretti a rifornirsi di inerti senza che le vittime fossero libere di decidere il quantitativo da acquistare né i trasportatori da utilizzare e quindi senza effettuare alcuna valutazione circa la convenienza del prezzo imposto. Angelo Stracuzzi, – hanno scritto i Pm della Dda di Palermo –  ha deciso di aprire un dialogo con la magistratura inquirente perché temeva per la sua vita. E’ stata, soprattutto, la paura di finire tra le grinfie di Pasquale Cardella e Angelo Occhipinti, detto “piscimoddu”, (allora in carcere ma che sarebbe stato liberato da lì a poco) che ha determinato l’azione di denuncia dell’imprenditore, non il sentimento del pentimento. L’imprenditore, prima, non si era fatto pregare: ha raccontato di omicidi, di gerarchie mafiose, di estorsioni e pizzo e dei suoi incontri con l’allora boss latitante Giuseppe Falsone.

L’INCHIESTA “OUTSTER”. L’inchiesta antimafia ed antiracket, “Ouster” a Licata è stata avviata grazie alle dichiarazioni rese ai Pm della Direzione distrettuale antimafia di Palermo da Angelo Stracuzzi, imprenditore licatese già coinvolto in vicende mafiose, vittima di attentati ed intimidazioni. Angelo Stracuzzi ha deciso di aprire un dialogo con la magistratura inquirente della Dda perché temeva per la sua vita. E’ stata, soprattutto, la paura di finire tra le grinfie di Pasquale Cardella e Angelo Occhipinti, detto “piscimoddu”, (allora in carcere ma che sarebbe stato liberato da lì a poco) che ha determinato l’azione di denuncia di Stracuzzi, non il sentimento del pentimento. Al fine di delineare la personalità di Stracuzzi, va comunque osservato che Stracuzzi stesso, in passato, è stato coinvolto in inchieste giudiziarie riguardanti le vicende mafiose del territorio di Licata e per questo le sue dichiarazioni appaiono, in alcuni tratti, “interessate”. D’altra parte, però, la natura qualificata della fonte le rende attendibili e significative”. L’attendibilità delle dichiarazioni di Stracuzzi deriva principalmente dalle attività di riscontro svolta dalla P.G. e dall’esito delle attività di intercettazioni.   Ed ancora, la vicenda dell’appalto milionario Global service dell’Asp 1 di Agrigento: Con una scarna comunicazione, il commissario straordinario dell’Asp 1, Salvatore Messina  ha bloccato la gara “Global service” (42 milioni di euro il totale)  attraverso la sospensione della data di presentazione delle offerte, che era fissata per il 31 gennaio 2013.

APPALTI A LICATA, OMICIDI: NOMI DI KILLER E MANDANTI. Il dichiarante e non collaboratore di giustizia Angelo Stracuzzi, almeno è così per i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo che si sono occupati dell’inchiesta “Ouster”, con le sue rivelazioni (quelle riscontrate dalle indagini del personale della Squadra mobile di Agrigento e del commissariato di Licata) traccia e delinea uno spaccato criminale particolarmente grave e complesso in relazione all’affidamento di lavori pubblici nel territorio di Licata. Per Stracuzzi in tutti questi anni c’è sempre stato lo strapotere della mafia e degli imprenditori collusi che avrebbero condizionato il regolare svolgimento delle gare per commesse pubbliche  trovando talvolta anche complicità da parte della politica. Lo scenario che emerge dalle dichiarazioni di Stracuzzi è mortificante. Vengono messe sotto i piedi la libertà degli uomini e quella delle imprese. Alcune cose si sapevano, altre si intuivano. Ma la realtà, quella raccontata da Stracuzzi è ancora peggio.

Non c’è solo Giuseppe Sardino, di Naro, collaboratore di giustizia, tra gli accusati dell’omicidio del ravanusano Angelo Lentini assassinato a Ravanusa il primo giugno del 2006. Quest’ultimo è stato punito dal boss Giuseppe Falsone perché ritenuto tra gli autori dell’omicidio del suo compaesano ed amico, Vito Zagarrio. Insieme a Sardino rispondono dell’omicidio del piccolo imprenditore ravanusano anche lo stesso Giuseppe Falsone, i favaresi Giuseppe Costanza e Gerlando Morreale nonché il canicattinese Diego Lo Giudice.