Arnone alla collega: “O la transazione o chiamo Striscia la notizia”. Il verbale della vittima

L’arrivo di Giuseppe Arnone nei locali di via Mazzini

Il gip del Tribunale di Agrigento, Francesco Provenzano, ha convalidato l’arresto di Giuseppe Arnone disponendo la misura degli arresti domiciliari. 

L’arresto sarà effettivo almeno sino al 22 novembre, giorno in cui si celebrerà il processo a carico di Franesca Picone, che comunque resterà vigente sino alla definizione del procedimento penale, e questo per impedire ogni tentativo di condizionamento delle prove.

La storia, come vi avevamo anticipato, è di quelle intricate.

La Procura ipotizza una richiesta estorsiva da parte dell’Arnone, di 50.000€, ai danni di Francesca Picone, avvocato civilista del foro di Agrigento, con la promessa di evitare uno scandalo mediatico riguardanti i “guai giudiziari” in corso della Picone.

Ma andiamo con ordine.

La Picone è imputata del reato di estorsione, con udienza preliminare il prossimo 22 novembre, che vede parte offesa la madre di un giovane disabile. Quest’ultima, ritenendo di non dover versare una ulteriore somma alla Picone, si rivolgeva all’avvocato Arnone.

Cominciano i contatti, anche grazie l’intermediazione di alcuni colleghi, tra l’avvocato Arnone e la Picone. Si cerca un accordo tra le parti. Bisogna, a questo punto, sottolineare come sia l’avvocatessa Picone a cercare Arnone, inizialmente. L’avvocatessa è stressata, angosciata e non vuole assolutamente che le sue vicende processuali abbiano risalto mediatico e per far questo intende risarcire preventivamente (18.000€ totali l’accordo) la madre del ragazzo disabile.

Fino a qui tutto normale. Ma comincia, sempre di più, ad infittirsi lo scambio di sms ed email tra i due protagonisti.

Arnone accusa l’avvocatessa di aver preso ulteriori soldi dalla madre-cliente anche per il secondo figlio, sempre disabile, e dunque destinatario di un assegni di invalidità. Questa volta, però, Arnone raddoppia la richiesta di risarcimento, alludendo alla possibilità di un sistema criminoso che agisse sempre seguendo questo “modus operandi”.

Un caso che farebbe gola a molti programmi di satira sociale, come per esempio “Striscia la Notizia”. 

Da qui la richiesta gravita alla somma contestata: 50.000€. Arnone avrebbe richiesto questa somma suddivisa, a suo alquanto personalissimo modo di vedere, in: 18.000€ per il danno e le spese legali relative al procedimento penale in corso; altri 18.000€ per la parcella relativa al secondo figlio della madre-cliente;infine Arnone aggiungeva una terza richiesta, i 14.000€ poi ritrovati durante il fermo sabato mattina, che consistevano, secondo Arnone, nel danno di immagine a seguito di una denuncia presentata dalla Picone ad Arnone nell’aprile 2013.

La Picone cade in uno stato di sconforto e angoscia, sia per la personale vicenda processuale che la vede rinviata a giudizio, sia per le richieste di Arnone. In un primo momento accetta di pagare salvo poi denunciare l’accaduto.

Secondo gli inquirenti, inoltre, Arnone aveva ben chiaro lo stato di alterazione in corso della Picone per i motivi appena citati che ne diminuivano le capacità di giudicare e valutare lucidamente cosicché la Picone potesse accettare qualsiasi richiesta (come poi ha fatto) di Arnone.

Il verbale di Francesca Picone come riportato dall’Adnkronos: “Stamattina Arnone inviava un’ulteriore mail con la quale mi dava il termine ultimo dell’11 novembre per firmare il suo accordo e pagare la prima tranche di denaro, altrimenti avrebbe pubblicato un dossier sulla mia vicenda…”.

E’ l’11 novembre, quando l’avvocato Francesca Picone di Agrigento, si presenta agli investigatori per annunciare un’ulteriore richiesta di denaro ricevuta dal collega Giuseppe Arnone, arrestato sabato scorso in flagranza di reato per estorsione della Squadra mobile di Agrigento. Secondo l’accusa, Arnone avrebbe ricattato la collega Francesca Picone minacciandola di scatenare una vera e propria campagna di stampa contro di lei, indagata per presunte irregolarità nella difesa di alcuni clienti, se non gli avesse dato 50 mila euro. L’avvocato, denunciato dalla collega, è stato fermato dalla Polizia dopo avere intascato due assegni per complessivi 14 mila euro.

Il legale avrebbe così ottenuto dalla donna una transazione per “evitare un clamore mediatico” sulla vicenda giudiziaria che coinvolge l’avvocato Picone, indagata per estorsione.

Come raccontato da Picone agli investigatori, Arnone avrebbe annunciato alla collega la pubblicazione di un dossier “simile a quello ‘Sesso e malagiustizia’, illustrante all’opinione pubblica quali centri di malaffare siano, quantomeno in parte, i patronati nella realtà agrigentina, veri luoghi di delinquenza organizzata”.

Una “minaccia”, come dicono gli inquirenti che avrebbe convinto Francesca Picone a pagare i 14 mila euro richiesti come prima tranche. “Io ho letto questo dossier che ha già pubblicato – racconta Picone agli inquirenti – Se una notizia viene data con i metodi di Arnone, non viene più cancellata dalla testa della gente”.

Quel giorno, Arnone invia a Picone “un’ulteriore bozza di accordo, concernente i 14 mila euro che si aggiungevano agli altri 36 mila euro e che riguardanti il suo personale risarcimento del danno. L’accordo che mi propone Arnone prevede che a fronte del pagamento di 14 mila euro a titolo di risarcimento, lo stesso si impegna a non costituirsi parte civile nel procedimento (a carico della donna ndr) e a non divulgare di propria iniziativa notizie ai media”.

A quel punto, Picone, d’accordo con la Squadra mobile e la Procura, fissa un appuntamento per l’indomani, 12 novembre, per la consegna dei soldi. Alle 9.10 del 12 novembre Arnone arriva accompagnato da un amico (l’avvocato Gigi Restivo) nello studio di Francesca Picone. Alle 9.25 esce dallo studio e viene fermato dagli agenti che gli chiedono di consegnare gli assegni in tasca e l’accordo sottoscritto.