Canicattì, Ferrari taroccata? Imputato assolto per la seconda volta

Il giudice monocratico del Tribunale di Agrigento Rossella Ferraro ha assolto perchè il fatto non sussiste Vincenzo Di Maida 60 anni di Ravanusa (difeso dall’avvocato Gero Lo Giudice) , imputato per avere fatto uso dei marchi Ferrari e Pininfarina apponendoli sulla sua autovettura modello Pontiac Fiero Ruha e per avere asseritamente modificato la stessa, simulando le fattezze della Ferrari 355 usurpando in tal modo il relativo titolo di proprietà industriale della gloriosa Ferrari spa.

Fatti asseritamente commessi  l’11.12.2011 e per i quali, Di Maida era gia stato assolto con formula piena dal Tribunale di Agrigento (giudice Giancarlo Caruso  con sentenza del 16.6.2014 oggi irrevocabile.

L’ipotesi accusatoria prendeva spunto sia da una informativa della Guardia di Finanza di Canicattì, i cui militari nel corso di un controllo avevano sorpreso il Di  Maida a bordo dell’autoveicolo in oggetto, e, pur nell’assenza di qualsivoglia accertamento di tipo tecnico, avevano ritenuto essere frutto di attività di contraffazione stante la riproduzione fedele a vista d’occhio delle fattezze del modello originale del prestigioso Cavallino rampante.

Ritenendo perciò che quell’autoveicolo violasse la normativa in materia di tutela del marchio, brevetto e di proprietà industriale, ne denunciavano il proprietario alla Procura della Repubblica. A nulla erano valse in quel contesto le giustificazioni di legittima provenienza circolazione e titolarità fornite dal Di Maida, che non gli evitarono il sequestro del veicolo Pontiac Ruha carrozzeria Ferrari.

Citato a giudizio, il Di Maida venne assolto in esito all’istruttoria dibattimentale dal giudice Caruso che rilevò l’assoluta buona fede dell’imputato e l’insussistenza dell’ipotesi accusatoria, per essere legittimo l’uso del modello Pontiac Fiero Ruha acquistato regolarmente così come si trovava al momento del controllo dei militari, così come l’utilizzo delle placchette Ferrari e Pinifarina apposte, quali accessori di libera vendita, di regolare produzione e circolazione il veicolo.

La questione destò l’interesse di tutti i media tant’è che a tutt’oggi è ancora possibile rinvenire sul web la notizia del sequestro di una “Ferrari taroccata”, con grave nocumento per il Di Maida.

Come se non bastasse, poco tempo dopo, inopinatamente la Procura della Repubblica, per lo stesso identico fatto, già giudicato e deciso con sentenza di assoluzione irrevocabile, ebbe nuovamente a coltivare azione penale nei confronti del Di Maida, aggiungendo un capo d’imputazione ovvero quello del reato di usurpazione di proprietà industriale.

Nelle more infatti, si era rinvenuta una denuncia avanzata per la stessa fattispecie da parte della Ferrari Spa che si lagnò del mancato esercizio dell’azione penale in seguito poi all’opposizione della stessa casa automobilistica alla richiesta di ‘archiviazione avanzata dal Pm titolare delle indagini, in esito alla celebrazione dell’udienza innanzi al Gip Franco Provenzano, venne formulata imputazione coatta. Si arrivò così ad un nuovo giudizio innanzi al giudice Ferraro.

L’istruttoria dibattimentale espletata ha ancora una volta evidenziato l’insussistenza della fattispecie criminosa contestata al Di Maida, sia sotto il profilo dell’elemento materiale che sul piano dell’elemento soggettivo.

Il quadro accusatorio è stato letteralmente demolito nel corso del giudizio, sia dalla produzione documentale effettuata da questo difensore, che  dalla deposizione del teste Dott. Alescio,  perito industriale, che ha dimostrato l’infondatezza dell’ipotesi di reato contestata all’odierno imputato.

Quest’ultimo ha avuto modo di illustrare il contenuto della sua consulenza di parte chiarendo  ciò che era già evidente “per tabulas”  ovvero che  il Di Maida non ebbe ad effettuare alcuna modifica sull’autovettura modello Pontiac Fiero Ruha per cui è processo, di cui era stata provata la legittima provenienza e la regolare circolazione sia in Germania che in Italia, che il mezzo non era in alcun modo confondibile con la formidabile ed originale Ferrari F355, per le innumerevoli diversità tecniche riscontrate che scongiuravano l’assimilazione del prodotto; infine che il Di Maida, in buona sostanza, non aveva usurpato affatto ed in alcun modo il titolo di proprietà industriale della Ferrari spa, e che pertanto non sussisteva ne sussiste la supposta e fantasiosa contraffazione; nessuna trasformazione lo stesso ebbe ad effettuare, essendo emerso (vedi annuncio comparso su internet con offerta fotografica del veicolo Pontiac) che l’autovettura era stata comprata da un privato residente in Germania e che la stessa era esattamente quella  poi successivamente oggetto di attenzione da parte della tenenza della Guardia di Finanza di Canicattì.

Di nessun pregio,  la deposizione del teste  del Pm, il delegato dalla Ferrari,  inconducente, inconferente e pertanto irrilevante, essendosi limitato lo stesso a fornire chiarimenti tecnici vista la sua qualifica, in termini assolutamente generali, sulle possibili attività di contraffazione dei modelli Ferrari, considerato che nessun ingegnere della famosa Scuderia Ferrari, men che meno il predetto, aveva mai visionato né la Pontiac a suo tempo sequestrata né il fascicolo processuale.

Il Tribunale mettendo fine alla vicenda, ha pronunciato sentenza di non doversi procedere per ne bis in idem per il reato per il quale Di Maida era già stato assolto, perche il fatto non sussiste per il reato di usurpazione di titolo industriale.