Droga e cellulari in carcere: indagati due agrigentini
Il Gip del Tribunale di Palermo, Claudia Rosini, non ha emesso misura cautelare personale
Ci sono due agrigentini che risultano indagati nel contesto dell’inchiesta che oggi ha portato in carcere dodici persone dopo che i carabinieri del comando provinciale di Palermo, insieme alla Polizia penitenziaria del capoluogo e di Padova, hanno eseguito le misure cautelari (sette nei confronti di persone già detenute) accusate di corruzione, accesso indebito di dispositivi idonei alla comunicazione, associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, spaccio di sostanze stupefacenti.
Il blitz è l’esito di una indagine della Dda di Palermo che ha fatto luce su un traffico di sostanze stupefacenti e telefonini all’interno del carcere palermitano di Pagliarelli. Dall’indagine è emerso il coinvolgimento di alcuni agenti penitenziari corrotti.
Le indagini, condotte tra settembre 2023 e aprile 2025, coordinate dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, sono state avviate dopo la scoperta di un traffico di droga e telefonini all’interno del carcere Pagliarelli di Palermo. Gli inquirenti hanno scoperto un’associazione criminale composta da detenuti che riusciva a fare arrivare nelle celle sostanze stupefacenti e telefoni cellulari anche grazie alla corruzione di alcuni agenti della Polizia penitenziaria in servizio. Secondo l’accusa, le guardie carcerarie avrebbero chiuso un occhio in cambio di mazzette. Le indagini, in particolare, hanno accertato tutti i metodi usati dai detenuti che si avvalevano della complicità di familiari, di carcerati ammessi al lavoro esterno e di agenti.
Si trattava di un “business” estremamente redditizio: i telefonini e lo stupefacente trasportati illegalmente all’interno delle sezioni carcerarie venivano ceduti a prezzi molto più alti rispetto a quelli praticati nel mercato esterno, con ricavi addirittura decuplicati. Dall’inchiesta è emerso che alcuni detenuti esercitavano il loro potere mettendo in atto atti di violenza e spedizioni punitive, agevolati anche dalla connivenza o debole resistenza opposta da alcuni agenti penitenziari, che favorivano attività criminali o anche semplicemente abdicavano al proprio ruolo. Comportamenti che hanno creato una situazione di pericolo per i colleghi più onesti e per la fascia più debole dei detenuti privi di coperture e appoggi.
Durante l’attività investigativa sono stati sequestrati 56 micro cellulari, 25 smartphone, 20 sim card e oltre un chilo di sostanze stupefacenti tra cocaina, crack, hashish e marijuana. In perquisizioni domiciliari eseguite la notte scorsa i carabinieri di Catania hanno, poi, trovato o a casa di uno degli arrestati 5 chilogrammi tra cocaina e crack, 9.700 euro in contanti e armi. A Palermo, i militari dell’Arma e gli agenti della polizia penitenziaria hanno, invece, scoperto a casa degli indagati complessivamente 120 dosi tra hashish e marijuana e 1.200 euro.
Gli agrigentini coinvolti sono Antonino Lo Nigro, 33 anni di Aragona attualmente detenuto per altri fatti e Giuseppe Bono 43 anni di Civitavecchia ma residente da anni a Sciacca.
Per entrambi i Pubblici ministeri avevano chiesto misura cautelare personale: arresti in carcere per Lo Nigro e arresti domiciliari per Bono. In entrambi i casi il Gip del Tribunale di Palermo, Claudia Rosini, non ha emesso il provvedimento richiesto perché, per Lo Nigro – accusato di aver compiuto due pestaggi e detenuto droga – “Non sì ritengono sussistenti esigenze cautelari da fronteggiare con alcuna misura, neppure con riguardo ai soggetti autori delle aggressioni all’interno della casa circondariale Pagliarelli, tutti già in stato di detenzione: stante come ricostruiti gli addebiti provvisori a loro contestati, essendo evidente che il titolo cautelare non costituirebbe alcun presidio atto a fronteggiare il rischio dì reiterazione dì analoghi comportamenti violenti”.
Per Giuseppe Bono (accusato di avere aiutato i detenuti nei cui confronti si svolgevano indagini, a eludere le investigazioni dell’Autorità giudiziaria, rivelando a due reclusi che erano in corso attività di intercettazione all’interno del box agenti della casa circondariale di Palermo Pagliarelli) il Gip ha deciso che prima della cattura l’indagato dovrà essere sottoposto ad interrogatorio preventivo.
Bono durante il periodo di reclusione ha temuto di restare vittima di aggressione ed avrebbe chiesto protezione ad un detenuto dotato di carisma e potere all’interno della struttura penitenziaria in quanto aveva subito minacce di morte ad opera di altro carcerato.