Agrigento

Inchiesta Waterloo, motivazioni “Riesame”: “Tutti liberi ma l’associazione per delinquere esisteva”

"Determinante il fallimento di Girgenti Acque che avrebbe determinato l'interruzione della gestione imprenditoriale"

Pubblicato 4 anni fa

Depositate le motivazioni dei giudici del Riesame alla base dell’annullamento dell’ordinanza a carico dell’imprenditore Marco Campione, ex patron di Girgenti Acque, fermato insieme ad altre sette persone lo scorso luglio nell’ambito della maxi inchiesta “Waterloo” che ipotizza – secondo quanto ricostruito dalla Procura di Agrigento –  una rete criminale che sarebbe stata messa in piedi dal presidente di Girgenti Acque. 

Si legge nelle motivazioni cherisultano determinanti le dichiarazioni di fallimento della Girgenti Acque e della Hidortecne che, comportando un sostanziale ed integrale smantellamento della struttura societaria, stabiliscono una netta e definitiva interruzione della gestione imprenditoriale. Si ritiene, quindi, che non vi sia concretezza e attualità del pericolo di reiterazione dei reati”.  

Tutti liberi: gli otto indagati colpiti da misura cautelare nella maxi inchiesta “Waterloo.

Il pool di pm della Procura – coordinato dal capo dell’ufficio Luigi Patronaggio, dall’aggiunto Salvatore Vella e composto dai sostituti Sara Varazi, Antonella Pandolfi e Paola Vetro – ipotizza una collaudata rete di corruzione in grado di garantire impunità alle imprese di Campione.

Il sistema di complicità sarebbe stato molto esteso e avrebbe consentito al presidente di Girgenti Acque, attraverso la distribuzione di incarichi, posti di lavoro e consulenze di vario tipo, di interferire sulla vita amministrativa, di avere controlli nulli o favorevoli e di gestire in spregio a numerose norme milioni di euro di soldi pubblici.

Particolarmente efficace è il provvedimento che riguarda Pietro Arnone, braccio destro di Marco Campione che si compone di 57 pagine, l’unico di tali dimensioni, laddove oltre a disporre la scarcerazione dell’indagato per le motivazioni prima esplicitate, esamina compiutamente la ratio del fermo e le ragioni che hanno portato a contestare l’associazione per delinquere.

I giudici del Tribunale del Riesame (Luigi Petrucci (presidente), Simona Di Maida e Rocco Cocilovo) a tal proposito scrivono: “Si tratta, comunque, solo di alcune delle numerose condotte illecite perpetrate dalle due società e, dunque, secondo la fondata ipotesi del Pm (secondo il livello di gravità indiziaria), dal sodalizio criminale, che sono state riportate solo per evidenziare la piena e consapevole partecipazione all’attività associativa dell’odierno indagato.

La struttura associativa era composta certamente da più di tre persone e, contrariamente a quanto lamentato dalla difesa, risulta che l’odierno indagato abbia commesso o concorso nei delitti commessi dal sodalizio criminale (pur non essendo questa prova strettamente necessaria ai fini della configurabilità della partecipazione, risultando comunque ed in ogni caso la condivisione degli obiettivi dell’associazione criminale, come risulta dalle conversazioni citate, nonché da altre contenute nel provvedimento di fermo, ma qui non riportate, come quella con l’ing. Avenia, finalizzata ad ottenere un’autorizzazione edilizia in violazione della normativa, nelle quali l’odierno indagato mostra di essere perfettamente consapevole della struttura criminale creata da Campione Marco ed alla quale si vanta di appartenere da molti anni).

È appena il caso di ricordare che tale partecipazione era certamente accettata e voluta dal  Campione e dagli altri membri del sodalizio, come dimostrano gli elementi di prova già menzionati e, comunque, il compendio probatorio così come illustrato nel provvedimento di fermo”.

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