Mafia

La mafia di Villaseta e Porto Empedocle, depositate nuove prove su armi e impronte 

La Dda di Palermo, dopo aver chiesto il rinvio a giudizio di 54 persone, deposita nuove prove relative alle armi sequestrate e agli accertamenti su impronte digitali rilevate

Pubblicato 15 ore fa

La Direzione distrettuale antimafia di Palermo, dopo aver già chiesto il rinvio a giudizio di 54 persone nell’ambito dell’inchiesta sulle cosche mafiose di Villaseta e Porto Empedocle, integra ulteriormente il fascicolo e deposita ulteriori prove a carico degli imputati. I sostituti procuratori Claudio Camilleri, Giorgia Righi e Luisa Bettiol hanno infatti ricevuto i risultati degli accertamenti sullo stupefacente sequestrato nel corso dei blitz ma, soprattutto, sulle impronte digitali rilevate e sugli arsenali scovati. Questi ultimi esami sono stati eseguiti dai Ris di Messina. I magistrati antimafia, dunque, arricchiscono il già corposo materiale probatorio fin qui raccolto in attesa della decisione del gup di Palermo, Lorenzo Chiaramonte, chiamato a decidere se accogliere o meno la richiesta di rinvio a giudizio a carico di 54 imputati. Due le operazioni eseguite dai carabinieri del Comando provinciale di Agrigento guidato dal colonnello Nicola De Tullio e dal vice Vincenzo Bulla – scattate tra dicembre 2024 e gennaio 2025 – che hanno di fatto decapitato le famiglie mafiose di Villaseta e Porto Empedocle portando al fermo e all’arresto di oltre cinquanta persone.

Lunghissima la lista delle ipotesi di reato contestate (a vario titolo) dai magistrati della Dda di Palermo: associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni compiute e tentate aggravate dal metodo mafioso, danneggiamenti aggravati, numerosi episodi di cessioni di droga, detenzione di armi e riciclaggio di denaro. Subito dopo il maxi blitz, infatti, i carabinieri sono riusciti a sequestrare una parte del denaro della cosca di Villaseta ma soprattutto un pericoloso arsenale custodito da un insospettabile netturbino: pistole, granate, mitragliatrici. In quasi tre anni di indagini, secondo quanto ricostruito dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, è stata fatta luce sulla riorganizzazione di storiche cosche mafiose come quelle di Villaseta e Porto Empedocle.

La prima sarebbe stata guidata dal boss Pietro Capraro che, dopo aver scontato una condanna per mafia nell’operazione Nuova Cupola, avrebbe preso in mano le redini del clan portandolo ad una ribalta per molti inaspettata. Operazioni di polizia successive a quella dei carabinieri, infatti, hanno fotografato il ruolo di primissimo piano che la cosca di Villaseta era riuscita a ritagliarsi nelle rotte del narcotraffico arrivando addirittura a rifornire di stupefacente storici mandamenti mafiosi palermitani. La cosca di Porto Empedocle, invece, sarebbe stata saldamente nelle mani di Fabrizio Messina, fratello dell’ergastolano e vice rappresentante provinciale di Cosa nostra Gerlandino. I due clan, sempre secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti, in un primo momento sarebbero entrati in aperto conflitto con attentati, danneggiamenti ed episodi che hanno destato molto allarme sociale. Il reato di associazione mafiosa – in qualità di partecipi – viene contestato ad altre tre persone: si tratta di Gaetano Licata, ritenuto il braccio destro di Pietro Capraro; Gabriele Minio e Guido Vasile, che secondo gli inquirenti farebbero parte della stessa cosca di Villaseta. Parallelamente viene contestato il reato di associazione a delinquere finalizzato al traffico di sostanze stupefacenti. Per i magistrati antimafia, infatti, sarebbe esistito un gruppo in grado di importare grossi carichi di droga anche attraverso canali sudamericani e del Belgio per poi rifornire in grosse quantità non soltanto la provincia di Agrigento ma anche quelle di Trapani, Caltanissetta e Palermo. Al vertice di questo sodalizio, secondo quanto contestato dalla Dda di Palermo, ci sarebbero stati Fabrizio Messina e il canicattinese Vincenzo Parla. Lo stesso reato, ma in qualità di partecipi, viene contestato anche ad Alfonso e Angelo Tarallo, Angelo Graci, Carmelo Corbo, Ignazio Carapezza e Alfonso Lauricella. 

GLI IMPUTATI

Domenico Blando, 68 anni, di Favara; Michele Bongiorno, 35 anni, di Favara; Pietro Capraro, 40 anni, di Agrigento; Ignazio Carapezza, 34 anni, di Porto Empedocle; Carmelo Corbo, 47 anni, di Canicattì; Samuel Pio Donzì, 26 anni, di Agrigento; Carmelo Fallea, 50 anni, di Favara; Cosimo Ferro, 36 anni, di Castelvetrano; Francesco Firenze, 40 anni, di Castelvetrano; Giuseppe Focarino, 60 anni, di Palermo; Cristian Gastoni, 32 anni, di Agrigento; Angelo Graci, 61 anni, di Castrofilippo; Alfonso Lauricella, 59 anni, di Agrigento; Gaetano Licata, 42 anni, di Agrigento; Fabrizio Messina Denaro, 50 anni, di Castelvetrano; Fabrizio Messina, 50 anni, di Porto Empedocle; Gabriele Minio, 37 anni, di Agrigento; Giorgio Orsolino, 35 anni, di Agrigento; Roberto Parla, 47 anni, di Canicattì; Vincenzo Parla, 54 anni, di Canicattì; Calogero Prinzivalli, 42 anni, di Agrigento; Angelo Tarallo, 45 anni, di Agrigento; Guido Vasile, 66 anni, di Agrigento; Nicolò Vasile, 44 anni, di Agrigento; Rocco Grillo, 33 anni, di Gela; Giuseppe Pasqualino, 34 anni, di Gela; Mirko Salvatore Rapisarda, 43 anni, di Gela; Giuseppe Sottile, 38 anni, di Agrigento; Giuseppe Aliseo, 26 anni, di Canicattì; Calogero Bellaccomo, 40 anni, di Agrigento; Alfonso Brucculeri, 59 anni, di Porto Empedocle; James Burgio, 33 anni, di Porto Empedocle; Giuseppe Casà, 29 anni, di Agrigento; Antonio Crapa, 54 anni, di Favara; Salvatore Damanti, 36 anni, di Agrigento; Valery Di Giorgio, 29 anni, di Agrigento; Stefano Fragapane, 33 anni, di Agrigento; Gioacchino Giorgio, 39 anni, di Licata; Alessandro La Cola,40 anni, di Canicattì; Massimo Lazzaro, 53 anni, di Agrigento; Calogero Morgana, 39 anni, di Agrigento; Giuseppe Nicastro, 36 anni, di Gela; Fabrizio Nicosia, 41 anni, di Gela; Giuseppe Piscopo, 49 anni, di Gela; Antonio Puma, 44 anni, di Agrigento; Stefano Rinallo, 41 anni, di Canicattì; Gerlando Romano, 26 anni, di Agrigento; Antonio Salinitro, 25 anni, di Gela; Rosario Smorta, 53 anni, di Gela; Alessandro Trupia, 36 anni, di Agrigento; Luigi Prinzivalli, 73 anni, di Agrigento; Alessandro Mandracchia, 49 anni, di Agrigento; Salvatore Bosco, 57 anni, di Favara; Salvatore Prestia, 45 anni, di Porto Empedocle.

IL TERZO BLITZ

Una terza operazione è scattata appena due settimane fa proseguendo il lavoro investigativo culminato con i due blitz a cavallo tra dicembre e gennaio scorsi. I carabinieri hanno eseguito un provvedimento di fermo a carico di 13 persone (cinque delle quali già detenute). Una posizione di rilievo viene assunta certamente dall’empedoclino James Burgio, genero dello storico capomafia Antonio Massimino. Secondo i magistrati della Direzione distrettuale antimafia Burgio, nonostante sia ormai da diversi anni detenuto, sarebbe riuscito ad imporsi nel panorama criminale agrigentino – ragionando da “pari a pari” anche con esponenti di vertice di Cosa nostra – accrescendo notevolmente il suo spessore criminale. L’operazione, che ha portato al fermo di 14 persone, ipotizza l’esistenza di un unico gruppo sull’asse Porto Empedocle-Villaseta in grado di trafficare stupefacenti, detenere una cassa comune ed emettere “sentenze” nei confronti di debitori o pusher che agivano senza l’autorizzazione dell’associazione. A James Burgio, in questo contesto, viene così contestato il ruolo di promotore con l’aggravante di aver agevolato e garantito il prestigio criminale al suocero Antonio Massimino, storico capomafia di Villaseta. L’inchiesta – che si colloca nel tempo alla fine del 2024 – fotografa prima le tensioni tra i clan di Villaseta e Porto Empedocle e, in seguito, una pace raggiunta con la costituzione di un vero e proprio cartello. L’accordo, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, prevedeva la spartizione delle piazze di spaccio (Agrigento e Porto Empedocle) con lo stupefacente acquistato dalle due consorterie a seconda del territorio di competenza. Nel blitz sono 13 le persone raggiunte da fermo. Si tratta di James Burgio, 33 anni, di Porto Empedocle; Pietro Capraro, 40 anni, di Agrigento; Antoinino Crapa, 54 anni, di Favara; Stefano Fragapane, 33 anni, di Agrigento; Vincenzo Iacono, 48 anni, di Agrigento; Gaetano Licata, 42 anni, di Agrigento; Salvatore Lombardo, 37 anni, di Agrigento; Agostino Marrali, 29 anni, di Porto Empedocle; Salvatore Prestia, 45 anni, di Porto Empedocle; Simone Sciortino, 23 anni, di Agrigento; Calogero Segretario, 30 anni, di Agrigento; Cristian Terrana, 32 anni, di Agrigento; Alessandro Calogero Trupia, 36 anni, di Agrigento. Ad undici dei tredici indagati viene contestato il reato di associazione a delinquere finalizzato al traffico di stupefacenti aggravato dal metodo mafioso. Tra le contestazioni, a vario titolo, anche quelle di tentata estorsione, danneggiamento a seguito di incendio, porto e detenzione di arma sempre aggravati dal metodo mafioso. Un secondo arsenale, dopo quello trovato nelle disponibilità di un netturbino agrigentino, è stato sequestrato nell’ultimo blitz: un fucile mitragliatore kalashnikov completo di due caricatori, due caschi e un giubbetto antiproiettile, oltre 40 mila euro in contanti. 

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