Storia e omicidi di Santino Macaluso: dal duplice delitto De Luca-Sicilia alla morte di Floris

Era il 18 maggio del 1992 quando in una mattinata gravida di sole, di quelle belle, tipiche, della Sicilia, arrivò l’allarme alla caserma dei carabinieri di Montallegro: ci sono due cadaveri in contrada Sant’Antonio, una zona isolata e scarsamente frequentata specie di notte.

I militari dell’Arma si affannarono e raggiunsero subito il posto indicato. Vicino ad una parete di tufo, un’autovettura con dentro il cadavere, crivellato di colpi, di Giusi Sicilia, all’epoca 27 anni; poco distante ma fuori un altro colpo crivellato di proiettili, quello di Pietro de Luca, 37enne rappresentante di commercio originario di Favara, trascorsi sentimentali alquanto movimentati.

La coppia aveva da poco tempo iniziato una relazione sentimentale e i due avevano deciso di vivere insieme. Per questo, De Luca aveva lasciato la moglie, un’avvenente agrigentina, sorella di Santino Macaluso, l’uomo arrestato oggi ad Udine ed accusato di un altro omicidio, quello dell’ex primula rossa del banditismo sardo Antonio Floris, assassinato nel novembre scorso nell’oasi dei Padri Mercedari di Padova. Sia Floris che Macaluso stavano finendo di scontare una lunga pena detentiva. Macaluso proprio per il duplice omicidio De Luca-Sicilia.

Gli investigatori arrestarono Macaluso, insieme ad un complice, due giorni dopo il ritrovamento dei corpi della giovane coppia e le indagini individuarono una storia di vendette compiute per lavare l’onta dell’abbandono, con figlio a carico, della sorella dell’arrestato.

Storia tragica e tutta agrigentina quella tra Pietro De Luca e Giusi Sicilia. Il furore della passione scoppiata all’improvviso, la volontà di de Luca di “salvare” la giovanissima compagna per lunghi anni vittima dell’eroina, la decisione di convivere dando un calcio al passato. E si rammenta anche il dolore lancinante della madre della giovane vittima, una professoressa stimata e rispettata da tutti, che aveva visto morire nel modo più tragico la sua Giusi dopo anni di battaglie, di lotte, per strapparla all’eroina.

Quel duplice delitto impressionò l’opinione pubblica agrigentina. De Luca e Sicilia, per ragioni diverse, erano alquanto conosciuti e l’efferatezza del duplice assassinio fece il resto.

Gli assassini fissarono un appuntamento con De Luca nella zona isolata di Montallegro e la discussione tra vittime e carnefici fu alquanto breve. Chiusa da una decina di revolverate sparate a bruciapelo.

Giornata durissima per il cronista che conosceva entrambe le vittime e che poche ore prima, durante la notte, aveva raccontato ai suoi lettori un altro duplice omicidio avvenuto a Canicattì con vittime Calogero la Cagnina di San Cataldo e il nipote Vincenzo Li Calzi di 42 anni che aveva precedenti penali e svolgeva l’attività di mediatore di vino. Storia diversa per movente e ragioni. Unico filo conduttore tra le due vicende: la brutalità della loro eliminazione.

Macaluso è stato nuovamente incastrato e questa volta a causa di un cappello dimenticato sulla scena del crimine Cinque i capelli trovati dagli uomini della Squadra mobile di Padova dentro al cappello abbandonato nei pressi della catasta di legna dove è stato nascosto Floris lo scorso 6 novembre quando è stato ucciso da almeno cinque colpi di bastone alla testa mentre si trovava nell’oasi dei Padri Mercedari di Padova. Qui Floris lavorava all’interno di un percorso di reinserimento lavorativo previsto al termine della sua detenzione e sempre qui Macaluso lavorava come dipendente dopo aver scontato 26 anni per il duplice omicidio di Montallegro.