“Porte aperte” di Sciascia inaugura il Caffè letterario della Questura di Agrigento (ft e vd)

di Diego Romeo; interviste di Irene Milisenda

Cade a proposito questo “Porte aperte” di Leonardo Sciascia che inaugura l’atteso caffè letterario della Questura di Agrigento.

Libro i cui significati sono notissimi e sviscerati da saggi e recensioni, un libro che assurge a significare la pena del vivere sotto il cielo fascista, lo squallore e l’indegnità di quegli anni, la negazione della giustizia.

Fatti e atmosfere che oggi riecheggiano nella cronaca e per questo sarebbe bene ricordare quanto ci dice Sciascia collocandone l’azione ai tempi del regime fascista:“la pena di morte era rientrata, dopo circa quarant’anni, nella legge italiana: per la difesa dello stato fascista; e si era arrivati a darla a chi aveva l’intenzione, soltanto l’intenzione, di attentare alla vita di Mussolini. Le “porte aperte” sono metafora dell’ordine e della sicurezza che si pensava regnassero in Italia durante il periodo fascista. In realtà il regime non garantiva assolutamente la libertà dei cittadini  e “Porte aperte” rappresenta l’autore stesso che vuole riscattarsi nei confronti di una terra, un popolo, una cultura così chiusi a riccio nelle loro convinzioni e nei loro costumi”.  

E chi oggi potrebbe contestare questa chiusura di convinzioni e costumi? In tempi di nostra democratura e di decreti sicurezza tutto trova eco non solo nei ragazzi palermitani della prof. Dell’Aria ma anche nel sindacato di Polizia Silp ( il 25 luglio c’è stata una manifestazione a Roma) che scrive:  “I mutati equilibri di potere e la presenza al Viminale di un ministro come Matteo Salvini sembrano aver influenzato in maniera sensibile anche le scelte comunicative e l’approccio all’opinione pubblica (nelle piazze reali e virtuali) di chi rappresenta le istituzioni e detiene il monopolio della forza. L’insistenza con cui Salvini si presenta con la divisa della Polizia e la tendenza ad ampliare il raggio di ciò che considera “decisione politica” (si veda il caso Diciotti), rafforzano poi la sensazione di un mutamento strutturale del rapporto fra politici, istituzioni e forze di polizia”.  Non solo ma “il proliferare di nuovi istituti sanzionatori e la dilatazione smisurata di quelli esistenti  comporta un indubbio  aggravio di adempimenti per le Forze di Polizia, notoriamente gravate da carenze di organici che si sommano alla problematica dell’età anagrafica avanzata”.

Proprio ieri persino Claudio Fava dell’Antimafia biasimava l’ordine dato da Salvini teso a impedire assembramenti dinanzi i cancelli dell’industria russa Lukoil. La presentazione dell’opera di Sciascia,  moderatore  Enzo Alessi, ha visto relatori il prof. Zino Pecoraro e l’ex magistrato Salvatore Cardinale.

Erano presenti le massime autorità provinciali dal prefetto Caputo al questore Iraci al vicequestore vicario Peritore insieme alle rappresentanze dei carabinieri e della Guardia di Finanza. Alessi dal canto suo ha voluto ricordare Andrea Camilleri  insieme ai ricordi teatrali che lo legavano allo scrittore di Porto Empedocle mentre ancora un altro ricordo è stato dedicato al brigadiere dei carabinieri ucciso barbaramente oggi. 

Sara Chianetta per lui ha cantato l’Ave Maria di Schubert.  

Pecoraro si è soffermato ampiamente sulla trama del libro e sulla gamma di citazioni che Sciascia offre al lettore. Salvatore Cardinale invece si è addentrato in una narrazione tecnico giuridica che ha svelato i meccanismi tra i quali era costretto a districarsi il giudice Petrone protagonista di Porte aperte. Accurata la scenografia e l’audio curati da Angelo Leone e Fabio Fabiano e  empre numeroso il pubblico interessato.

Le interviste di Irene Milisenda