Piera, la ragazzina che incastrò la mafia del Belice: “Borsellino mi disse di chiamarlo zio Paolo”

Il suo nome è Piera Aiello.
Molti non conosceranno il suo nome, ma tanti sicuramente si. E tra i tanti ci sono anche esponenti mafiosi, tra cui anche alcuni della provincia di Agrigento, che Piera, con le sue dichiarazioni, contribuì a smascherare. Piera Aiello è una testimone di giustizia e vive da 25 anni lontana dalla Sicilia. Quando decise di dire tutto quello che sapeva aveva appena 24 anni. Piera ha rilasciato una intervista alla televisione svizzera e ha ripercorso la sua storia, la storia di una ragazza che nel 1991 decise di testimoniare contro gli assassini del marito, Nicolò Atria, assassinato, in un agguato mafioso all’ interno della sua pizzeria a Montevago. Grazie alle sue rivelazioni scattò un blitz tra Sciacca, Montevago e Marsala che portò in carcere dieci presunti boss e gregari, accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso, omicidio ed altri reati.

Piera Aiello, con la sua collaborazione permette, in concomitanza con quelle di un’altra ragazza, sua cognata, Rita Atria, di far arrestare numerosi mafiosi di Partanna, Marsala e Sciacca. Una lunga intervista, piena di amarezza e di ricordi struggenti. Tra questi quello di Paolo Borsellino, il procuratore che ascoltò le sue dichiarazioni. Un aneddoto pieno di significato è quello che Piera ha voluto raccontare: “Capivo che era una persona importante. Siccome nel mio paese tutte le persone importanti si facevano chiamare onorevoli, io faccio: «Senta, scusi onorevole.» Lui si gira: «Alt! Prima mi hai chiamato mafioso, ora onorevole. Con tutto il rispetto per la categoria, mi guardo bene dall’essere un onorevole. Sono un semplice procuratore della Repubblica. Ma tu chiamami zio Paolo.».. Questo era Paolo Borsellino. Piera Aiello ha scritto un libro: “Maledetta mafia”nel quale, in modo semplice ma efficace, racconta il coraggio di una donna che sceglie di “affrontare” la mafia.

Loading…