Agrigento, arresto Giuseppe Arnone: emergono altri particolari (video)

I giornalisti con il capo della Mobile, Minardi davanti la questura in attesa di Arnone

E’ una storia complicata quella che ha portato all’arresto dell’avvocato Giuseppe Arnone cominciata qualche settimana fa quando venne diffusa la notizia, più volte amplificata dallo stesso Arnone, della richiesta di rinvio a giudizio avanzata nei confronti dell’avv. Francesca Picone per tentata estorsione.

Da quel giorno, numerosi sono stati i contatti tra l’odierno arrestato e la collega monitorati dalla Procura della Repubblica, guidata dal neo procuratore Luigi Patronaggio.

Attraverso numerose mail, Arnone ufficialmente chiedeva denaro per ricomporre una diatriba sorta con una sua cliente che denunciava una anomala richiesta di soldi da parte dell’avv. Picone.

Poi, le comunicazioni e i contatti sono stati più frequenti, anzi pressanti. Partendo da una richiesta di 20 mila euro si era arrivati sino a 50.000 euro. Ed i modi non sono stati ritenuti ortodossi dalla Procura che ha incaricato la Squadra mobile di Agrigento di investigare.

Gli uomini di Giovanni Minardi sono stati discreti ed efficaci.

Hanno acquisito indizi su indizi sino a quando non si è arrivati alla svolta.

Ieri infatti, un contatto telefonico tra Arnone e Francesca Picone si è risolto con l’impegno di vedersi senza possibilità di differimento per l’indomani, cioè stamani. E l’indagine su Arnone ha subito un’improvvisa quanto imprevista accelerazione.

Arnone avrebbe rappresentato, a fronte dell’impossibilità della Picone di reperire subito 50 mila euro, di ricevere un segno tangibile ed immediato. E così è stato.

Solo che oltre alla Picone ad attendere Arnone nello studio della professionista luogo deputato per l’appuntamento, c’erano gli uomini della Squadra mobile che avevano opportunamente piazzato telecamere e microfoni.

Arnone si è presentato insieme all’avvocato Gigi Restivo e dopo pochi minuti di conversazione (video-filmata) ha ricevuto due assegni per complessivi 14 mila euro ciascuno intestati a suo nome.

Appena uscito dallo studio legale della Picone è stato bloccato dagli agenti che hanno subito sequestrato i due titoli. Il resto della vicenda ha avuto un seguito in questura dove sono immediatamente arrivati anche i pubblici ministeri delegati dal procuratore Patronaggio, ossia Carlo Cinque Alessandro Macaluso che hanno contestato il reato di estorsione fino a giungere al fermo dell’ex ambientalista.

Informati famiglia e legale di fiducia, Arnaldo Faro, è cominciata un’altra partita.

Arnone si è difeso sostenendo che si era chiusa una trattativa che aveva portato ad una transazione amichevole. E per questo non ha avuto remore a prendere assegni, quindi titoli facilmente tracciabili. Ma i pubblici ministeri non lo hanno creduto ribadendo che Arnone in questa circostanza non agiva su mandato proprio dell’avvocato difensore bensì a titolo personale.

I soldi – secondo l’accusa – sarebbero serviti per pagare il suo silenzio: basta azioni mediatiche ai danni dell’avv. Francesca Picone.

E’ opportuno ricordare che attualmente Arnone è sotto processo per tentata estorsione ai danni di un altro avvocato, Totò Pennica. La vicenda, tranne il passaggio di denaro sembra essere la fotocopia di quella odierna.

Adesso Arnone viene foto-segnalato nel gabinetto di polizia scientifica della Questura.

Tra poco inizierà un breve viaggio verso il carcere di Petrusa.  I poliziotti della mobile hanno avuto riguardo: non hanno fatto uscire Arnone arrestato dall’ingresso principale. Hanno scelto un’uscita secondaria beffando cronisti e fotografi assiepati davanti la questura. Almeno questo è stato evitato.

Lunedì ci sarà l’interrogatorio di garanzia davanti al Gip.

E comincerà un’altra storia.