Mediaset e “ Le iene” perdono causa con l’avv. Picone: rimossi i video

Clamorosa decisione emessa dal Tribunale di Agrigento, in persona del giudice Cinzia Ferreri, sui servizi televisivi mandati in onda dalla nota trasmissione televisiva “ Le iene” di Italia Uno, sul caso relativo all’avv. Francesca Picone e alla sorella Concetta.


La vicenda, che in città e non solo, ha avuto un clamore mediatico senza precedenti, risale al dicembre 2016, quando, si ricorderà, dopo l’arresto per estorsione e successiva scarcerazione dell’avv. Giuseppe Arnone, ad Agrigento arrivarono per ben due volte “ Le iene” d’Italia Uno.

In particolare, la troupe televisiva della redazione, con a capo la “iena” Gaetano Pecoraro, nell’occuparsi, ancor prima che venisse celebrata e definita l’udienza preliminare, della vicenda penale che vede coinvolta l’avv. Francesca Picone, ha effettuato, recandosi anche a casa dei clienti che l’avevano denunciata, una serie di interviste poi confluite in due diversi servizi mandati in onda sull’emittente televisiva “Italia Uno” nelle puntate dell’11 e 18 dicembre 2016.

Per lungo tempo in città, per il risalto mediatico che ha avuto la vicenda, sistematicamente ripresa da tutte le testate giornalistiche e dai siti web, non solo locali, non si è parlato di altro, e innumerevoli sono state, in base al contenuto dei servizi, i commenti, veicolati soprattutto sui social network, a carico del legale Agrigentino, la cui immagine personale e professionale è stata gravemente lesa.

L’avv. Picone Francesca, infatti, immediatamente dopo la messa in onda dei servizi televisivi ad opera delle “Iene”, è stata raggiunta, da tutta Italia e con ogni mezzo, da una serie innumerevole di offese, ingiurie e minacce, anche di morte.

Le gravi ripercussioni che i servizi televisivi hanno avuto sulla propria immagine personale e professionale e il timore di ulteriori intimidazioni, hanno indotto l’avv. Picone Francesca, con l’assistenza dell’avv. Angelo Farruggia, a rivolgersi, con ricorso in via d’urgenza, al Tribunale di Agrigento per ottenere la condanna di Mediaset, della redazione di Italia Uno e dello stesso Pecoraro, a rimuovere dal web, e in particolare dal sito ufficiale delle Iene e dai profili facebook e twitter riconducibili alla redazione Le Iene, di Italia Uno e Pecoraro, nonché da ogni altro sito internet e profilo social in cui gli stessi risultavano ancora consultabili, i servizi televisivi mandati in onda nelle puntate dell’11 e 18 dicembre 2016.
Nel rivolgersi al Tribunale di Agrigento il legale della Picone, avv. Angelo Farruggia, ha denunciato e documentato che entrambi i servizi televisivi mandati in onda l’11 e il 18 dicembre 2016 risultavano “edificati e costruiti su presupposti e dati di fatto platealmente falsi”; per cui, poiché il giornalista Pecoraro, e per esso la redazione de “Le Iene”, nel confezionare e mandare in onda i servizi non si erano attenuti alla verità, ma, al contrario, talora con piena consapevolezza, hanno volontariamente diffuso e rappresentato dei “fatti” non veri, entrambi i servizi dovevano considerarsi illeciti e gravemente diffamatori.
Il giorno prima dell’udienza fissata per l’8 marzo 2107 innanzi al Tribunale di Agrigento, Mediaset, a sorpresa e in vista dell’udienza, provvedeva a rimuovere da tutti i siti web e social network i servizi televisivi relativi all’Avv. Francesca Picone, della quale, pertanto, di fatto assecondavano la richiesta, sia pure dietro presunte e non meglio precisate ragioni editoriali.

Il Tribunale, al termine dell’udienza che ha visto impegnati in ampia discussione i legali delle parti, nel prendere atto che le richieste avanzate dall’avv. Picone nelle more erano state assecondate da Mediaset, si è riservato di decidere sul resto delle domande, ivi compresa la richiesta di condanna del Gruppo televisivo e del giornalista Gaetano Pecoraro alla pubblicazione a proprie spese dell’ordinanza su alcuni quotidiani, anche di rilievo nazionale.
Con successiva ordinanza del 14 marzo, il Tribunale di Agrigento, nel dare atto che nelle more l’emittente televisiva aveva rimosso da ogni sito web e profilo social i servizi televisivi per come richiesto dall’avv. Picone, non ha mancato di sottolineare, da qui la condanna dell’impero televisivo alle spese per soccombenza virtuale, che la domanda dell’avv. Francesca Picone, se non fosse stata spontaneamente assecondata da Mediaset, sarebbe stata comunque accolta, in quanto i servizi televisivi nel rappresentare “fatti non veri”, apparivano diffamatori e come tali gravemente lesivi dell’immagine della Picone, con effetti suscettibili di ulteriore amplificazione, rispetto a quelli già prodotti, in ragione dell’eventuale ulteriore permanenza e consultabilità sui siti internet e social network.
Dopo avere precisato che il principio della verità, si collega alla funzione stessa del diritto di cronaca, per cui un fatto merita di essere divulgato « solo » se sia vero, non potendo esservi un interesse della collettività alla conoscenza di notizie false o di mere illazioni, un ulteriore profilo di falsità dei servizi, scrive il Tribunale, è certamente ravvisabile, alla luce della documentazione in atti, nell’avere affermato nel corso dei servizi televisivi oggetto di ricorso, che la prestazione professionale offerta dall’avv. Picone in favore dei clienti fosse o dovesse essere gratuita. Non è vero, infatti, che i clienti fossero stati ammessi al patrocinio a spese dello Stato o che fossero in possesso dei relativi requisiti, né tantomeno che la prestazione era già stata pagata dallo Stato.

La falsità dell’affermazione può anche desumersi dal fatto che all’avv. Picone, nel processo che la riguarda, non si contestava di avere preteso il pagamento di una prestazione che invece doveva considerarsi gratuita.

Conclusivamente, scrive il Tribunale, a fronte del carattere oggettivamente diffamatorio delle notizie veicolate attraverso i servizi giornalistici realizzati dal programma televisivo “Le Iene”, poiche risultano colpevolmente travalicati i limiti di operatività della scriminante del diritto di manifestazione del pensiero, sub specie di cronaca giudiziaria”, deve altresì ordinarsi, sussistendo un interesse generale alla circolazione di notizie non false, a cura e spese di RTI e Pecoraro Gaetano la pubblicazione di un estratto del presente provvedimento (dal rigo 27 di pag. 3 al rigo 25 di pag. 6) sui quotidiani “La Repubblica”, “Giornale di Sicilia” e “Grandangolo”.

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