Editoria e condizionamenti, la relazione della commissione antimafia parla chiaro: e ad Agrigento?

La Commissione bicamerale antimafia, per la prima volta in 50 anni, ha compiuto  un’inchiesta sulle intimidazioni e il condizionamento dell’informazione ad opera della criminalità al termine di numerosi sopralluoghi ed audizioni, svolti sia in sede di Comitato su Mafia, giornalisti e mondo dell’informazione, che in seduta plenaria, ha approvato il 5 agosto 2015 una relazione (Doc.XXIII n. 6) che analizza i rapporti tra mondo dell’informazione ed organizzazioni criminali.

La Commissione parlamentare antimafia a Caltanissetta

L’Aula di Montecitorio ha discusso la relazione il 29 febbraio 2016 ed il 3 marzo 2016, approvando all’unanimità, con il parere favorevole del Governo, la risoluzione. Nelle prossime ore, la relazione sarà sottoposta alla votazione della Camera e la stessa Commissione Antimafia potrebbe trasformarla in proposta di legge:  “Non è un atto generico di  solidarietà – ha affermato in una conferenza stampa Claudio Fava, vicepresidente della Commissione, che ha dato impulso alla relazione -. Sono state ascoltate le storie di 35 giornalisti, molti giovani, precari ma determinati a non piegare la schiena. Nella relazione raccogliamo proposte che proviamo a suggerire al Parlamento”. In ambito penale, ha aggiunto, “ipotizziamo un’aggravante specifica, perché violenze e minacce non riguardano solo l’incolumità del giornalista, ma anche la sua funzione sociale”.

Claudio Fava, vice presidente commissione antimafia

INFORMAZIONE CONTIGUA. L’hanno battezzata “informazione contigua o, peggio ancora, collusa con le mafie” ed è l’oggetto della relazione approvata dalla commissione parlamentare antimafia. Decine di audizioni ed incontri per ascoltare, sentire e vedere direttamente a palazzo San Macuto giornalisti, direttori di testata e magistrati, centinaia di pagine di verbali giudiziari, articoli di quotidiani, pezzi di storia nera dell’informazione italiana raccontati dai protagonisti superstiti per arrivare a dire che “esiste un reticolo di interessi criminali che ha trovato in alcuni mezzi d’informazione e in alcuni editori un punto di saldatura e di reciproca tutela”. A guidare un pugno di parlamentari, che da più di dodici mesi ha per oggetto quanto detto, è Claudio Fava, vicepresidente della Commissione Antimafia e figlio di Giuseppe (Pippo), giornalista ucciso da Cosa Nostra, frangia catanese, nel 1984 perché , ancora prima di tutti aveva capito e , per questo messosi di mezzo tra le sfere dell’alta borghesia etnea e i clan più sanguinari, i loro sporchi intrecci.

La relazione finale è composta da circa 80 pagine. Ottanta pagine che pesano come un macigno sull’onorabilità e la libertà del giornalismo in Italia, con maggiore attenzione alla Sicilia. Sostanzialmente si può scomporre in due grandi aree di analisi la relazione stessa: la prima, riguardante tutti quei casi in cui cronisti e giornalisti hanno subito minacce o tentativi di ritorsioni o aggressioni; la seconda, il rapporto ancor più morboso nonché preoccupante , al limite del disgustoso, che c’è tra l’editoria e la criminalità organizzata. Una sorta di patto non belligerante volto a promuovere interessi da una e dall’altra parte.

Leggi il testo integrale della relazione  http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/documentiparlamentari/IndiceETesti/023/006/INTERO.pdf 

GLI ATTI INTIMIDATORI. Oltre 2000 dal 2006 ad oggi, secondo i Rapporti di Ossigeno, e ben 500 nel solo 2014, con un aumento del 20 per cento rispetto al 2013 (stime per difetto, se si tiene conto che molti episodi non sono denunciati): si va dalle tradizionali forme di intimidazione  (pallottole recapitate a domicilio, bombe inesplose, lettere e telefonate minatorie, linciaggi mediatici sui social network) alle violenze vere e proprie (aggressioni fisiche e danneggiamenti) per arrivare agli undici casi di omicidio per mano delle organizzazioni mafiose e terroristiche (otto assassini di giornalisti uccisi dalla mafia sono avvenuti in Sicilia). E sono pochissimi i casi in cui si riesce ad individuare gli autori di tali atti.

RAPPORTO EDITORIA – MAFIA. Un secondo aspetto oggetto di analisi da parte della Commissione è quello dei rapporti stretti che talora intercorrono tra mezzi di informazione ed organizzazioni mafiose a tutela dei reciproci interessi: sempre di più, infatti, sono i casi in cui quotidiani o siti internet svolgono un’opera di fiancheggiamento, di prostrazione al potere mafioso, risultando quantomeno un tipo di informazione compiacente. Ed il modus operandi è sempre lo stesso: la delegittimazione. In assenza di importanti e concrete tutele o atti che pongano quantomeno il problema sotto un più giusto punto di vista è chiaro che si venga a creare una “zona grigia”. Importante, in tal senso, dovrebbe essere il lavoro svolto dalle associazioni ma, ancora prima, dall’ordine dei giornalisti che, non sempre, è stato tempestivamente pronto ad intervenire a difesa dei propri iscritti.

“In entrambi i casi – scrive Fava nella sua relazione finale – a patirne le conseguenze è la libertà dell’informazione: chi intimidisce un giornale o corrompe un giornalista procura un immediato e rilevante danno sociale all’intera comunità civile”.

http://www.rainews.it/dl/rainews/TGR/basic/PublishingBlock-f9fb1cb6-573a-4018-9d55-e41a181ae733-archivio.html#
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L’On. Claudio Fava parla ai microfoni di RaiTre di Franco Castaldo ed il suo caso ]

La Sicilia, in tal senso, è sicuramente la Regione che più di tutte ha pagato un contributo altissimo sia in termini di attentati alla persona sia per quanto riguarda i rapporti tra editoria e mafia. Il caso più emblematico, forse, è rappresentato dal direttore di questo giornale. Fava, vice presidente della Commissione Antimafia, ha parlato qualche giorno addietro in un’intervista rilasciata a Raitre di Castaldo come esempio di questa lotta. E, ancora più nello specifico seguendo questa scia, sarebbe interessante approfondire con lente d’ingrandimento la situazione editoriale nella nostra Provincia che, attualmente, conta un esercito di editori apparsi nel corso degli anni come funghi, dando vita ad un’infinità preoccupante di testate, diari, blog. Solo un caso? Libertà e prosperità di informazione? O solamente un tentativo di moltiplicare i mezzi a disposizione per condizionare opinione pubblica? Chissà …