Quando Matteo Messina Denaro sparava in provincia di Agrigento

Il verbale è datato ed impolverato. 

Distante anni luce rispetto alla odierna realtà mafiosa che contempla, ora come allora, la latitanza di Matteo Messina Denaro.

Già, la primula rossa per eccellenza che, come Grandangolo ha già scritto più volte, aveva interessi molto particolari in provincia di Agrigento. Interessi mafiosi sino al compimento di omicidi in terra nostra.

Questo dice Vincenzo Sinacori, figura di primo piano della mafia trapanese (mazarese in particolare) che da boss finì pentito. E dice molto altro. Non erano ancora state compiute le grandi operazioni antimafia in provincia di Agrigento e soprattutto non era stata compiuta la maxi retata nella zona del Belice, Sciacca compresa, denominata Scacco matto. Eppure leggendo le parole di Sinacori si capisce che la storia era tracciata. Tracciata dai ricordi del boss mazarese che, praticamente aveva anticipato nomi e cognomi di mafiosi che poi sarebbero stati catturati.

Ecco cosa racconta di Messina Denaro e non solo:

“Effettivamente nel mese di febbraio del 1993 unitamente a Messina Denaro Matteo, Francesco Messina di Mazara, Di Gangi Salvatore e Peppe La Rocca di Montevago avevamo un appuntamento con Luchino Bagarella a Palermo. Credo che Messina Denaro fosse accompagnato da Francesco Geraci. Ricordo che arrivando a Castelvetrano io mi accorsi di una macchina sospetta nei pressi del carcere e feci cenno a Matteo per vedere se fosse una delle sue, ma lui mi fece capire di no. Arrivando a Palermo notai nei pressi del Motel Agip due motociclisti uno dei quali parlava ad “un baracchino” e ho capito che trattavasi di “sbirri”. L’appuntamento quindi saltò. Seppi dopo da Messina Denaro Matteo che egli aveva avvisato anche Di Gangi e La Rocca della presenza degli “sbirri” ma loro non capirono nulla e proseguirono sull’autostrada per Catania.”

A D.R.: “Non so nulla di tale Vincenzo che doveva venire dal lato di Catania, nè del perchè Di Gangi e La Rocca dovessero vedere Bagarella, in quanto ognuno si recava all’appuntamento per parlare delle vicende della propria zona.”

A D.R.: “Confermo quanto già dichiarato alla Procura della Repubblica di Palermo in ordine alle causali dell’omicidio di Carmelo Colletti e alla conseguente eliminazione di Infranco Leonardo e Piazza Domenico. Confermo di avere appreso le poche notizie in mio possesso da Matteo Messina Denaro il quale mi ha fatto capire di aver preso parte alla eliminazione di alcune di tali persone ma non sono a conoscenza di responsabilità specifiche per detti omicidi.”

A D.R.: “Confermo in particolare l’episodio relativo alla eliminazione con l’uso di esplosivi di tale Lillo Lauria. Detto episodio mi venne narrato da Matteo che mi confermò che altre persone di questo gruppo vennero poi eliminate.”

A D.R.: “Confermo il ruolo di Milioti Carmelo quale intermediario tra l’impresa di Salamone Filippo e Brusca Giovanni per il pagamento del denaro relativo ai lavori che l’impresa assumeva. Su detti particolari,  nonchè su traffici di armi e droga con la zona di Sciacca può essere molto più dettagliato e preciso Brusca Giovanni che da sempre aveva con la famiglia mafiosa di Sciacca rapporti molto stretti. Ho saputo da Messina Denaro in una occasione in cui ci siamo recati presso l’ufficio di tale Ezio a Sciacca a ritirare dei giubbotti antiproiettili, che la famiglia di Sciacca aveva fatto arrivare delle armi alcune delle quali erano poi finite proprio a Brusca Giovanni. Ho sentito anche parlare di kalashnikov.”

A D.R.: In ordine alle mie conoscenze di uomini d’onore di Ribera posso dire di conoscere soltanto Peppe Capizzi con il quale presi parte a una riunione a Salemi nel 1992, credo, quando lui aveva dei contrasti con Di Gangi Salvatore. Matteo Messina Denaro era stato incaricato da Totò Riina di risolvere tali problemi. So che si è anche parlato della possibilità di eliminare il Capizzi e in quella occasione appresi che i figli del medesimo erano persone valide, nel senso che erano persone capaci di sparare.

A D.R.: “Ho visto Peppe La Rocca poche altre volte in compagnia di un ragazzo alto e robusto, anche lui di Montevago sui 35-38 anni. Non saprei descriverlo meglio ma potrei riconoscerlo in fotografia.”

A D.R.: “Non conosco uomini d’onore della famiglia di Sambuca, anche se ho sentito parlare di un tale professor Sutera nel corso di una riunione che avemmo con Brusca e Matteo Messina Denaro, e credo Nicola Di Trapani, quando io, Matteo e Brusca eravamo già latitanti. Si discuteva se a tale persona ci si potesse affidare intendendo con tale termine se si potesse far riferimento a lui sia per incarichi operativi, sia per la latitanza. Non ricordo però chi tra Matteo e Brusca non era d’accordo. Conosco Maggio Vito, gioielliere di Mazara del Vallo che però non è uomo d’onore. Ha soltanto una parentela scomoda in quanto cognato di Giacomo Riina, fratello di Salvatore. Non sapevo neanche che fosse socio della “Stella d’Oriente”, società per la quale ho lavorato di cui era socio anche Mariano Agate che però non ho mai visto in compagnia del Maggio.”

A D.R.: “L’Ufficio di Ezio dove mi recai con Matteo Messina Denaro è sito all’ingresso di Sciacca. Ricordo che subito dopo un semaforo si girava a sinistra in una strada in salita, e lasciavamo la macchina in un piazzale dietro la palazzina. La porta dell’Ufficio era a sinistra discendendo detta strada.”

A questo punto l’Ufficio esibisce l’album fotografico trasmesso dalla Compagnia Carabinieri di Sciacca alla locale Procura della Repubblica contenente numero 133 ritrazioni fotografiche di pregiudicati e indiziati mafiosi.

Simone Capizzi

Salvatore Di Ganci

Carmelo Colletti

Leo Sutera

Leoluca Bagarella

Il Sinacori dichiara:

Nella foto n.1 riconosco Di Gangi Salvatore. L’Ufficio conferma.

Nella foto n.3 riconosco Ezio. L’Ufficio dà atto trattarsi di Ambla Ignazio.

Nella foto n.6 riconosco Brusca Emanuele fratello di Giovanni.

Nella foto n.21 mi sembra di riconoscere Peppe Capizzi. L’Ufficio dà atto trattarsi di Capizzi Simone detto Peppe.

Nella foto n.35 riconosco il giovane che accompagnava La Rocca Giuseppe di cui ho già detto. L’Ufficio dà atto trattarsi di Guzzo Gino.

Nella foto n.38 riconosco Peppe La Rocca rappresentante della famiglia di Montevago. L’Ufficio conferma.

Nella foto n.40 riconosco un giovane che ho visto nell’Ufficio di Ezio e in qualche altra occasione assieme al Di Gangi e credo sia uomo d’onore. L’Ufficio dà atto trattarsi di Leggio Vincenzo.

La foto n.46 ritrae Messina Denaro Francesco. L’Ufficio conferma.

La foto n.47 ritrae Messina Denaro Matteo. L’Ufficio conferma.

Nella foto n.57 riconosco una persona che lavorava a Torre Macauda e che ci metteva a disposizione dei locali per gli appuntamenti che abbiamo avuto lì con Di Gangi. A Torre Macauda una volta ho incontrato anche Totò Fragapane che ci ha raggiunto lì. L’Ufficio dà atto che trattasi di Sorce Beppe Ottavio. Il Sinacori dichiara: so che questa persona era vicina alla “famiglia” di Sciacca.

Nella foto n.122 riconosco Cascio Rosario, persona legata a Messina Denaro Francesco e agli Accardo di Partanna. A me non risulta essere uomo d’onore

Nella foto n.124 riconosco un giovane che credo di aver visto una volta in compagnia del Di Gangi ma in questo momento non ho ricordi precisi. L’Ufficio dà atto trattarsi di La Rocca Giuseppe cl.1954.

Nella foto n.132 riconosco Carmelo Milioti. L’Ufficio conferma.

Il Sinacori dichiara: “Effettivamente riconosco nella foto n.28 la persona di nome Accursio uomo d’onore di Sciacca di cui ho parlato e che poc’anzi non ho riconosciuto. L’Ufficio dà atto trattarsi di Di Mino Accursio.”

Spontaneamente aggiunge: “In ordine ai fatti di sangue di cui mi ha parlato Matteo Messina Denaro mi è sovvenuto un particolare relativo alla sua partecipazione a un omicidio di una persona che si trovava a bordo di una macchina e commentando il quale Matteo mi disse che lui era stato più pronto e che era finita bene in quanto aveva saputo che la vittima aveva in macchina una pistola. Ricordo poi di un omicidio di tale Di Giovanna avvenuto a Sambuca di Sicilia. Ricordo di aver saputo, ma non so riferire come, che questo Di Giovanna andava alla ricerca degli autori del sequestro Corleo o comunque del cadavere dell’esattore e che la sua eliminazione fu causata da tale attività. A Sambuca vi era poi come uomo d’onore tale Scarcella, che non so se sia un soprannome. Non so se questa persona sia ancora viva. Sapevo che era zoppo e che aveva a che fare con gli animali o era un macellaio. Io comunque non l’ho mai visto.”