Pm Principato in Commissione antimafia: “Messina Denaro in Brasile” (Tuzzolino docet)

“Messina Denaro è protetto da una rete massonica. Riteniamo che il boss abbia ormai rinunciato ad esercitare il suo governo mafioso sulla provincia di Trapani”. 

Marcello Viola e Maria Teresa Principato qui conil Questore di Trapani Maurizio Agricola (archivio)

A dirlo, secondo quanto è riportato da Antimafia2000 che riporta quanto scritto da La Repubblica, è il procuratore aggiunto di Palermo Teresa Principato, audita la scorsa settimana in Commissione antimafia. 

Tema dell’audizione, che nella sua interezza è stata ovviamente secretata, lo stato delle indagini sulla primula rossa di Castelvetrano.

È da ventiquattro anni che Matteo Messina Denaro ha fatto perdere le sue tracce.

Le forze di Polizia, carabinieri, Guardia di Finanza e Dia sono impegnate costantemente nella sua ricerca e in questi anni hanno fatto davvero terra bruciata attorno al superlatitante. Hanno arrestato familiari, fedelissimi, sequestrato beni, ma “Diabolik” (così è soprannominato) l’ha sempre fatta franca probabilmente anche grazie a quelle protezioni altolocate di cui ha parlato la Principato (che dal 24 marzo tornerà alla Procura nazionale antimafia con la scadenza del suo mandato a Palermo).

Nell’ultima audizione è entrata maggiormente nel dettaglio rispetto a quanto già riferito nel novembre 2016.

Una pista investigativa porterebbe ad una presenza del boss lontano dalla Sicilia, in Brasile, grazie ad una falsa identità. È in Sud America, dunque, che si sarebbe nascosto. Sarebbe stato visto in compagnia di una donna quarantenne e si farebbe chiamare signor Polizzi.

A parlare di Messina Denaro e delle sue protezioni è in particolare il collaboratore di giustizia agrigentino, Giuseppe Tuzzolino. Numerosi gli accertamenti compiuti su sua indicazione. Diversi mesi fa i poliziotti di New York, per conto della Procura di Palermo, si recarono in un appartamento alla ricerca di una cassaforte da lui indicata. All’interno vi sarebbero dovute essere delle fotografie recenti, contenute in un hard disk, del superlatitante di Castelvetrano. Grazie alle indicazioni del pentito venne trovato il locale, ed anche la cassaforte, ma di quel dispositivo non vi era più traccia. Misteri continui che ruotano attorno alla figura del padrino che ha raccolto “l’eredità” dei “Corleonesi”.

Misteri che si accompagnano a nuovi interrogativi.

Davvero il boss di Castelvetrano ha deciso di nascondersi lontano dal suo territorio? Davvero ha deciso di abbandonare la Sicilia a se stessa?

A dar retta ad alcune intercettazioni registrate nel 2009 sembrerebbe di sì. “Ma anche questo… che minchia fa? Un cazzo! Si fa solo la minchia sua… e scrusciu nun ci deve essere! – dicevano i boss – Arrestano i tuoi fratelli, le tue sorelle, i tuoi cognati e tu non ti muovi? Ma fai bordello! Minchia, svita a tutti… inc… inc… uscite tutti fuori sennò vi faccio saltare!”.

Anche Totò Riina, intercettato nel carcere “Opera” di Milano, in una delle sue chiacchierate con la “dama di compagnia” Alberto Lorusso, esprimeva chiari segni di insofferenza nei suoi riguardi: “A me dispiace dirlo questo… questo signor Messina (Matteo Messina Denaro. ndr) questo che fa il latitante che fa questi pali eolici, i pali della luce, se la potrebbe mettere nel culo la luce ci farebbe più figura se la mettesse nel culo la luce e se lo illuminasse, ma per dire che questo si sente di comandare, si sente di fare luce dovunque, fa luce, fa pali per prendere soldi ma non si interessa…”. 

In quei colloqui “u curtu” parlava delle stragi compiute ma anche di quelle da compiere, indicando il bersaglio da colpire, ovvero il pm Nino Di Matteo.

L’architetto Giuseppe Tuzzolino

Dunque, figura centrale dell’ultima vicenda che riguarda il boss latitante di Castelvetrano è ancora una volta l’architetto pentito agrigentino Giuseppe Tuzzolino che, pur acquisendo crediti sul fronte della caccia a Messina denaro subisce batoste da altri lidi come, ad esempio l’ultima, arrivata per mano del Pm della Dda Camilleri che lo ha trascinato a processo per calunnia e diffamazione ai danni dell’avvocato Salvatore Pennica.