Camastra, elezioni 2013 condizionate dalla mafia: verso l’accesso ispettivo in municipio?

La Procura della Repubblica di Palermo – Direzione distrettuale antimafia, pubblici ministeri Alessia Sinatra e Maria Teresa Maligno, ricorre al Tribunale della libertà e chiede la cattura di Giuseppe Meli 44 anni di Camastra (difeso dall’avvocato Giuseppe Barba) coinvolto nella operazione antimafia “Vultur”, eseguita dalla Squadra Mobile fra Canicattì e Camastra, che ha portato in carcere lo scorso 7 luglio anche il fratello Vincenzo, il papà Rosario, inteso “u puparu” nonché Calogero Piombo di 65 anni di Camastra, Calogero Di Caro, 70 anni di Canicattì ed Angelo Prato, 38 anni di Camastra che è stato posto ai domiciliari.

Pesano molto a carico di Giuseppe Meli, in maniera particolare, le accuse rivoltegli con riferimento al tentativo di inquinare con metodo mafioso le elezioni amministrative di Camastra del 2013 (ne scriviamo compiutamente a pagina 3) sulle cui dinamiche prefettura e questura hanno aperto un fascicolo che potrebbe portare in tempi brevi all’accesso ispettivo in Municipio.

Nell’inchiesta sono coinvolte altre sette persone, sul conto delle quali la Procura aveva chiesto la cattura (non accolta dal Gip del Tribunale di Palermo, Giuliano Castiglia). Oltre Giuseppe Meli ci sono: sua sorella Rita Meli, 49 anni; Biagio Di Caro, 58 anni; Giuseppe Brunco, 34 anni, recentemente arrestato per fatti legati allo spaccio di droga, Giuseppe Sorintano, 23 anni; Saverio Piraino, 49 anni tutti di Camastra e Michele Giordano, 37 anni di Canicattì.

Dunque, l’inchiesta Vultur affonda le radici all’interno dell’intero nucleo familiare di “u puparu” rimanendo indenne di attenzioni giudiziarie la sola moglie di Rosario Meli.

L’udienza che deciderà le sorti di Giuseppe Meli sarà trattata il prossimo 15 settembre.

Dall’inchiesta antimafia “Vultur” emergono vicende, fatti e situazioni molto particolari che fanno riferimento a queste accuse mosse agli indagati:

Il Pubblico ministero deduce “l’appartenenza ad un’associazione di tipo mafioso, di Rosario Meli, Vincenzo Meli, Giuseppe Meli, Rita Meli, Calogero Piombo, Biagio Di Caro, Angelo Prato e Giuseppe Brunco.”
Al riguardo, in particolare, il Pubblico Ministero assume:
che Rosario Meli sia il “capo della famiglia mafiosa operante nel territorio di Camastra” e che lo stesso, in tale veste, abbia posto in essere “richieste estorsive nei confronti di imprenditori locali”, abbia “intrattenuto direttamente ed indirettamente rapporti con la famiglia mafiosa di Canicattì e con il suo esponente di maggior rilievo Calogero Di Caro”, abbia esercitato “un’attività di controllo del territorio di Camastra compatibile solo con il ruolo ricoperto all’interno della famiglia mafiosa” ed abbia ancora fornito il proprio apporto ad uno dei candidati alla carica di Sindaco del Comune di Camastra nelle elezioni del giugno 2013 “attraverso condotte intimidatorie nei confronti di esponenti politici di altri schieramenti”;

C’è tutta la famiglia Meli, quella di Rosario, detto il puparo, nell’inchiesta “Vultur” eseguita dal personale della Squadra mobile di Agrigento, in una torbida vicenda legata alle ultime elezioni amministrative che ha già attivato i competenti uffici della Prefettura e Questura che stanno valutando dopo l’attento esame delle risultanze investigative se procedere o meno all’accesso ispettivo al Comune che potrebbe portare allo scioglimento per probabili infiltrazione mafiose.

Un lavoro delicato e di responsabilità che viene compiuto con meticolosa attenzione per evitare passi falsi. Si profila, dunque, l’evenienza di una commissione prefettizia che potrebbe andare ad ispezionare l’intera attività amministrativa del Comune di Camastra al fine di trarne le dovute conseguenze.
La vicenda ha origine dopo l’esecuzione del provvedimento di cattura “Vultur” laddove tra i capi di imputazione formulati a carico dei Rosario e Vincenzo Meli emerge una brutta storia di condizionamento della consultazione elettorale amministrativa del 2013 a Camastra laddove i pubblici ministeri contestano ai Meli il ricorso all’intimidazione affinchè un candidato sindaco recedesse dalla sua intenzione di candidarsi a tutto vantaggio del candidato rivale.

Sul punto il Gip Castiglia non ha accolto la richiesta di misure cautelari ma ha confermato in toto l’attivismo dei Meli in favore del candidato Cascià.

La vicenda viene così ricostruita:
Rosario Meli, quale capo della famiglia mafiosa operante sul territorio di Camastra, per avere, tra l’altro, posto in essere richieste estorsive nei confronti di imprenditori locali (in particolare, fra l’altro per aver estorto denaro alle imprese operanti nel settore delle onoranze funebre, anche allo scopo di otte-ere il monopolio della citata attività di impresa sul territorio); per aver intrattenuto direttamente ed indirettamente rapporti con la famiglia mafiosa di Canicattì e con il suo esponente di maggior rilievo Calogero Di Caro, al fine di “regolarizzare” la gestione (occulta) di una attività di impresa sul territorio di Canicattì; per aver posto in essere un’attività di controllo del territorio di Camastra compatibile solo con il ruolo ricoperto all’interno della famiglia mafiosa; per avere partecipato attivamente, direttamente e tramite terze persone, alla campagna elettorale del comune di Camastra relativa alla elezioni amministrative del giugno 2013, fornendo supporto al candidato sindaco Angelo Cascià anche attraverso condotte intimidatorie nei confronti di esponenti politici di altri schieramenti politici;
Vincenzo Meli e Giuseppe Meli, per avere, tra l’altro, coadiuvato il padre Rosario Meli nelle richieste estorsive e nel controllo del territorio, ivi compresa l’attiva partecipazione alla campagna elettorale del comune di Camastra relativa alla elezioni amministrative del giugno 2013, fornendo supporto al candidato sindaco Angelo Cascià anche attraverso condotte intimidatorie nei confronti di esponenti politici di altri schieramenti politici;
Rita Meli, per aver coadiuvato i fratelli Vincenzo Meli e Giuseppe Meli a gestire la famiglia mafiosa durante il periodo in cui il capo famiglia Rosario Meli si trovava temporaneamente ristretto in carcere;

Giuseppe Meli nel corso della campagna elettorale per le elezioni amministrative di Camastra nell’anno 2013, allorché lo stesso, per come risulta provato sia dalle risultanze dall’attività di intercettazione sia dalle dichiarazioni di persone informate sui fatti, segnatamente Gaetano Provenzani, Carlo Ninfosi e Salvatore Todaro, ha esercitato un’attività intimidatoria nei confronti dei predetti Ninfosi e Todario al fine di evitare che gli stessi si candidassero alle elezione del consiglio comunale di Camastra e che, comunque, risultata tale richiesta impossibile da soddisfare essendo già state le candidature definite e presentate, che gli stessi non si adoperassero alla ricerca di voti per se stessi e per il candidato a sindaco Gaetano Provenzani.
Ancora, confermative del ruolo di Vincenzo Meli è quanto emerge in ordine alla vicenda della candidatura di Carlo Ninfosi e Salvatore Todaro al Consiglio comunale di Camastra in occasione delle elezioni amministrative del 2013.
Secondo quanto chiaramente emerge sia dalle risultanze dell’attività di intercettazione sia dalle dichiarazioni di alcune persone informate sui fatti e, in particolare, di Gaetano Provenzani, Carlo Ninfosi e Salvatore Todaro, il Ninfosi e il Todaro sono stati pesantemente intimiditi da Giuseppe Meli affinché essi non si candidassero o, comunque, non si adoperassero nella ricerca di voti per se stessi e per il candidato sindaco Gaetano Provenzani.

Orbene, dalla stessa attività di intercettazione (si veda, in particolare, conversazione tra Giuseppe Morgante e tale Vincenzo e dalle dichiarazioni di Gaetano Provenzani risulta che lo stesso Provenzani, onde “bloccare” l’iniziativa di Giuseppe Meli e il rischio che questi potesse dare seguito alle intimidazioni nei confronti di Carlo Ninfosi e Salvatore Todaro, tramite Saverio Piraino, quale specifica alternativa alla denuncia alla pubblica autorità, si rivolge a Vincenzo Meli e che è questi, in definitiva, ad assicurare il Provenzani che era intervenuto sul fratello Giuseppe e che non ci sarebbero stati più problemi, fornendo, per così dire, un “lasciapassare” alla candidatura del Ninfosi e del Todaro”.
Per la cronaca la consultazione elettorale del 2013 ebbe questo esito: Angelo Cascià (Camastra avanti) 61,1%; Gaetano Provenzani (Per Camastra forte e libera) 38,9%.