Corte di Cassazione spedisce in carcere 8 indagati del blitz ‘Icaro’: decimato il clan Marrella

Il Tribunale del Riesame di Palermo (diverse composizioni di collegio) aveva accolto i ricorsi che miravano alla cattura di molti degli indagati dell’operazione antimafia Icaro, perchè ritenuti organici in Cosa nostra, disponendo in difformità di quanto disposto dal Gip per: Tommaso Baroncelli, 40 anni, di Santa Margherita Belice (che è stato catturato recentemente); Vito Campisi, 45 anni, di Cattolica Eraclea; Pietro Campo, 63 anni, di Santa Margherita Belice, Mauro Capizzi, 47 anni, di Ribera; Roberto Carobene, 38 anni, di Motta Sant’Anastasia (accolto obbligo di dimora); Diego Grassadonia, 54 anni, di Cianciana; Antonino Grimaldi, 55 anni, di Cattolica Eraclea; Santo Interrante, 34 anni, di Santa Margherita Belice; Giacomo La Sala,  47 anni, di Santa Margherita Belice; Vincenzo Marrella, 41 anni, di Montallegro; Vincenzo Marrella, 60 anni, di Montallegro; Gaspare Nilo Secolonovo, 47 anni, di Santa Margherita Belice; Ciro Tornatore, 80 anni, di Cianciana; Francesco Tortorici, 36 anni, di Montallegro.

Tutti, tranne Carobene, rischiavano di finire dietro le sbarre, se gli inevitabili quanto provvidenziali ricorsi, che hanno bloccato sino ad oggi la cattura, non fossero stati dagli avvocati difensori in attesa dei provvedimenti della Corte di Cassazione.

Ed in tal senso la Suprema corte, non accogliendo gran parte dei ricorsi, ha aperto le porte del carcere per:

  1. Mauro Capizzi di Ribera (cl. 68);
  2. Diego Grassadonia di Cianciana (cl. 61);
  3. Antonino Grimaldi di Cattolica Eraclea (cl. 67);
  4. Santo Interrante di Santa Margherita di Belice (cl. 81);
  5. Giacomo La Sala di Santa Margherita di Belice (cl.68);
  6. Stefano Marrella di Montallegro (cl. 56);
  7. Vincenzo Marrella di Montallegro (cl. 55);
  8. Francesco Tortorici di Montallegro (cl. 79).

Tutti sono ritenuti, a vario titolo, responsabili dei reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsioni, riciclaggio, danneggiamenti, detenzione illegale di armi da fuoco e relativo munizionamento, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina aggravata dall’uso delle armi, tentato omicidio ed altro.

L’odierna operazione antimafia, rappresenta la seconda fase dell’Operazione Icaro eseguita in data 2 dicembre 2015, anch’essa condotta dalla Squadra Mobile di Palermo, diretta da Rodolfo Ruperti e dalla Squadra Mobile di Agrigento, diretta da Giovanni Minardi.

In quell’occasione, la Polizia di Stato aveva eseguito tredici misure cautelari a carico di altrettanti indagati, ritenuti responsabili, a vario titolo dei reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsioni, riciclaggio, danneggiamenti, detenzione illegale di armi da fuoco e relativo munizionamento, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina aggravata dall’uso delle armi, tentato omicidio ed altro.

L’indagine è stata diretta dalla Procura della Repubblica, Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, dai Pubblici Ministeri Rita Fulantelli,  Emanuele Ravaglioli, Claudio Camilleri e Bruno Brucoli, coordinati dal Procuratore Aggiunto Maurizio Scalia.

La citata Procura Distrettuale aveva chiesto, per i nominati,  l’emissione della misura della custodia cautelare in carcere, richiesta che non era stata accolta dal G.I.P. di Palermo.

Avverso tale decisione del G.I.P., la Procura Distrettuale propose appello al Tribunale del Riesame che giudicò fondati gli elementi raccolti dagli organi inquirenti ed applicò ai prefati la misura della custodia cautelare in carcere.

I ricorsi per Cassazione proposti dagli indagati sono stati rigettati dalla Suprema Corte che ha confermato i provvedimenti del Tribunale del riesame, avendo evidentemente ritenuto concreto il quadro probatorio che delineava le condotte criminose ascritte ai predetti nelle richieste di misure cautelari e l’organigramma mafioso operante a Santa Margherita di Belice e nei centri di Montevago, Ribera, Cattolica Eraclea, Cianciana, Montallegro, Siculiana, Porto Empedocle, Agrigento, Favara, Campobello di Licata.

Gli arrestati, dopo gli adempimenti di rito, sono stati associati presso la Casa Circondariale di Agrigento, a disposizione della competente Autorità Giudiziaria.

Con l’operazione “Icaro”, gli investigatori hanno verificato come non si sia mai interrotto lo storico sodalizio tra “Cosa Nostra” palermitana ed agrigentina, così come dimostrato dai documentati summit andati in scena nelle campagne agrigentine tra ruderi ed appezzamenti di terreno.

Le indagini hanno investito il capoluogo agrigentino e la zona occidentale di Agrigento, permettendo di ricostruire la pianta organica dell’associazione mafiosa “Cosa Nostra” in quel territorio ed, in particolare, di raccogliere numerosi elementi indiziari a carico del capo famiglia della cosca di Agrigento,  Antonino Iacono, agrigentino, cl.  1954 e del capo famiglia della cosca di Porto Empedocle, Francesco Messina, nato a Porto Empedocle, cl.1957. Questi ultimi, in particolare, operavano con metodo mafioso ed estorsivo per condizionare l’attività di ristrutturazione del rigassificatore di Porto Empodecle. Tutti, comunque, ritenuti responsabili dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, illegale detenzione di armi, detenzione di sostanze stupefacenti.

Dalle risultanze investigative, oltre alla supremazia dei due “capifamiglia”, sono emersi i ruoli di spicco di numerosi soggetti organici all’associazione, quali Giuseppe Piccillo, uomo di fiducia di Iacono, delegato all’organizzazione di incontri con esponenti mafiosi di altre famiglie locali e per conto del quale si è reso responsabile di più azioni intimidatorie, finalizzate ad estorcere il pizzo a numerose imprese locali attive nel settore del “calcestruzzo”; Francesco Capizzi e Francesco Tarantino,  organici alla famiglia mafiosa di “Porto Empedocle” e soggetti di fiducia di Francesco Messina, per conto del quale si sono resi responsabili di azioni estorsive in pregiudizio di imprese edili operanti in quel centro.  Questi avrebbero tentato di condizionare il trasporto da e per l’isola di Lampedusa, nonché l’attività di ristrutturazione di alloggi popolari a Porto Empedocle.

Questo l’elenco completo degli indagati dell’inchiesta “Icaro” (tra parentesi le decisioni del Tribunale del Riesame: Antonino Abate, 29 anni, di Montevago (rigetto); Tommaso Baroncelli, 40 anni, di Santa Margherita Belice (accolta); Domenico Bavetta, 34 anni, di Montevago (respinto); Carmelo Bruno, 47 anni, di Motta Sant’Anastasia (Catania); Vito Campisi, 45 anni, di Cattolica Eraclea (accolto); Giovanni Campo, 25 anni, di Santa Margherita Belice (respinto); Pietro Campo, 63 anni, di Santa Margherita Belice (accolto); Francesco Capizzi, inteso “il milanese”, 50 anni, di Porto Empedocle (rigetto); Mauro Capizzi, 47 anni, di Ribera (accolto); Roberto Carobene, 38 anni, di Motta Sant’Anastasia (accolto obbligo di dimora); Gioacchino Cimino, 61 anni, di Porto Empedocle; Domenico Cucina, 48 anni, di Lampedusa (respinto); Rocco D’Aloisio, 46 anni, di Sambuca di Sicilia (respinto); Diego Grassadonia, 54 anni, di Cianciana (accolto); Antonino Grimaldi, 55 anni, di Cattolica Eraclea (accolto); Piero Guzzardo, 37 anni, di Santa Margherita Belice (rigetto); Antonino Iacono, 61 anni, di Giardina Gallotti (frazione di Agrigento); Gioacchino Iacono, 36 anni, di Realmonte (rigetto); Santo Interrante, 34 anni, di Santa Margherita Belice (accolto); Giacomo La Sala,  47 anni, di Santa Margherita Belice (accolto); Giuseppe Lo Pilato, 44 anni, di Giardina Gallotti (frazione di Agrigento) rigetto; Leonardo Marrella, 38 anni, di Montallegro (respinto); Stefano Marrella, 59 anni, di Montallegro (respinto); Vincenzo Marrella, 41 anni, di Montallegro; Vincenzo Marrella, 60 anni, di Montallegro (accolto); Francesco Messina, 58 anni, di Porto Empedocle; Francesco Pavia, 35 anni, di Porto Empedocle (respinto); Giuseppe Picillo, 53 anni, di Favara (respinto); Emanuele Riggio, 45 anni, di Monreale (respinto); Pasquale Schembri, 53 anni, di Montallegro (respinto); Gaspare Nilo Secolonovo, 47 anni, di Santa Margherita Belice (accolto); Francesco Tarantino, inteso “Paolo”, 29 anni, di Porto Empedocle (rigetto); Ciro Tornatore, 80 anni, di Cianciana (accolto); e Francesco Tortorici, 36 anni, di Montallegro (accolto).