Mafia

Mafia, 19 anni e mezzo al cassiere di Cosa Nostra: 12 condanne

Il processo scaturito dalla maxi operazione antimafia denominata “Delirio”

Pubblicato 3 anni fa

Il tribunale di Palermo ha disposto 12 condanne e 9 assoluzioni nel processo di primo grado scaturito dalla maxi operazione antimafia denominata “Delirio”. La pena più alta è stata inflitta a Giuseppe Corona (19 anni e mezzo), molto più di un cassiere di un bar di fronte al porto, la Caffetteria Aurora. In realtà un boss riconosciuto, perno e abile manager degli investimenti e della strategia di riorganizzazione dopo la morte di Toto’ Riina. 

Sedici anni di carcere alle spalle per omicidio (una banale lite con un coetaneo per un braccialetto), ma adesso era il tesoriere, lo stratega finanziario della mafia, tra immobili e attività commerciali con la complicità di prestanome. 

Corona gestisce un’avviata tabaccheria in via Sampolo, intestata alla moglie e di recente ha aperto anche un’altra attività in centro. Il suo nome ha fatto capolino un’altra volta in un processo di mafia che riguardava i boss dell’Acquasanta. «Mio fratello», lo chiamava il capomafia Gregorio Palazzotto, e neanche lui sospettava di essere intercettato in carcere. A tutte le necessità dei familiari di Palazzotto pensava Corona.

Insieme a lui il tribunale ha condannato anche: Roberto Bonaccorso (3 anni e 3 mesi, intestazione fittizia), Maria Laura Bonaccorso (3 anni, intestazione fittizia), Francesco De Lisi (3 anni, intestazione fittizia), Gianpiero Giannotta (3 anni, droga); Salvatore e Calogero Sanfratello (2 anni ciascuno), Maurizio Tafuri (3 anni), Silvano Bonaccorso (3 anni), Giuseppe Abbagnato (intestazione fittizia, 2 anni ciascuno); Loredana Ruffino (usura, 3 anni) e Stefano Madonia (usura, 4 anni).

Nove gli assolti: Giuseppe Buccheri (associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di droga, era difeso dall’avvocato Giulio Bonanno), Domenico Lo Iacono e Giuseppa Ocello (difesi dall’avvocato Antonio Turrisi, erano imputati a vario titolo per droga, intestazione fittizia e riciclaggio), Aldo e Francesco Calandra (reimpiego di denaro di provenienza illecita, difesi dagli avvocati Giovanni Castronovo e Silvana Tortorici), Angela Gnoffo (intestazione fittizia, era difesa da Valentina Castellucci e Giovanni Castronovo), Salvatore Calabrese (Intestazione fittizia), Nunzio Oliveri, Aurelio Ferrino.

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