Catania

Migranti, nigeriane schiave nella ‘terra promessa’: 10 arresti

Una tratta di esseri umani che ha coinvolto, come vittime, giovani donne nigeriane e’ al centro di un’operazione della Polizia di Catania, coordinata dalla locale Procura Distrettuale etnea. Sono dieci i Migranti arrestati tra Catania, Messina, Caltanissetta, Verona, Novara e Cuneo nell’operazione anti-tratta “Promise land”, condotta dalla polizia di Stato e coordinata dalla procura di Catania. Si […]

Pubblicato 4 anni fa

Una tratta di esseri umani che ha coinvolto, come vittime, giovani donne nigeriane e’ al centro di un’operazione della Polizia di Catania, coordinata dalla locale Procura Distrettuale etnea. Sono dieci i Migranti arrestati tra Catania, Messina, Caltanissetta, Verona, Novara e Cuneo nell’operazione anti-tratta “Promise land”, condotta dalla polizia di Stato e coordinata dalla procura di Catania.

Si tratta di OBASWON Osazee  33 anni, tratto in arresto a Messina; ARASOMWAN James 32 anni tratto in arresto a Messina; BENSON Macom 29 anni tratto in arresto a Messina; WILLIAM Tessy 29 anni tratta in arresto a Novara; OGHOGHO Evelyn 26 anni tratta in arresto a Novara; EKAIRIA Faith 39 anni  tratta in arresto a Verona; NOSA Joy 42anni tratta in arresto a Verona; OGBEIWI Nelson 36ann tratto in arresto a Verona; JOHN Belinda 40anni tratta in arresto a Caltanissetta; AIWUYO Rita 48 anni  tratta in arresto a Mondovì (CN);

Le indagini della Squadra mobile sono scaturite dallo sbarco del 7 aprile 2017, presso il porto di Catania, dalla “Aquarius” della ong Sos Mediteranee. Svelato un traffico di giovani donne nigeriana. Ai dieci (complessivamente sono 14 le persone indicate nell’ordinanza, ma 4 sono irreperibili) sono state contestate anche le aggravanti della transnazionalita’ del reato, di avere agito mediante minaccia attuata attraverso il rito del voodoo. Alle vittime, talvolta minorenni, non veniva detto che sarebbero state avviate alla prostituzione, ma piuttosto che avrebbero avuto un lavoro legale. L’indagine e’ partita dalle dichiarazioni di una giovane nigeriana giunta il 7 aprile di tre anni fa insieme ad altri 433 Migranti a Catania. Era stata individuata dal team di investigatori della Sezione Criminalita’ straniera, specializzato nella cosidetta “early identification” di presunte vittime di tratta. Interrogata, ha detto di avere lasciato il suo paese perche’ convinta da un connazionale di nome Osas, che le aveva proposto di raggiungerlo in Italia, promettendole un lavoro lecito e anticipandole le spese del viaggio. 

Del gruppo faceva parte una componente ‘italiana’ costituita da Osazee Obaswon, detto Ozed, il capo indiscusso, William Tessy detta Silvia, James Arasomwan; una componente nigeriana (i familiari di alcuni degli indagati e altri con il ruolo di reclutatori); una componente libica (costituita dal connection man, ai quali ci si rivolgeva per il trasferimento via mare. Alcune delle vittime erano immesse nel circuito della prostituzione delle strade messinesi, dove l’indagata Belinda John (gia’ tratta in arresto per tratta di esseri umani e gia’ condannata), risultava gestire alcuni joints (postazioni lavorative su strada) e alla quale venivano consegnati i canoni mensili per singola posizione occupati. Il gruppo peraltro costituiva un punto di riferimento per altri connazionali i quali chiedevano consigli, contatti o supporto logistico e, talvolta, offrivano anche ausilio per la gestione di vittime (gli indagati Faith Ekairia, Joy Nosa, Rita Aiwuyo e altri 4 indagati non rintracciati sul territorio nazionale). A Messina risultavano attivi James Arasomwan e Macom Benson, incaricati, tra l’altro, della riscossione del canone di locazione dei joints spettante alla proprietaria dei posti, mentre ulteriori basi operative risultavano dislocate a Novara, dove dimoravano Tessy William e Evelyn Oghogho, a Verona con Ekairia e Nosa, e Mondovi’, sede della madame Rita Aiwuyo. Rilevate due prassi: la ‘esternalizzazione’ dei servizi correlati alla gestione delle vittime (mentre in passato le vittime raggiungevano subito il proprio trafficante che si occupava di ospitarle e della loro messa a reddito, l’indagine ha fatto emergere una sorta di ‘amministrazione conto terzi’ della vittima: il soggetto che aveva finanziato e organizzato il viaggio della vittima la inviava presso un altro soggetto cui delegava la ‘messa a reddito’, la raccolta dei guadagni e la consegna; le vittime erano costrette a inviare le somme direttamente al ‘voodoolista’ che in Nigeria le aveva sottoposte al ‘juju’ ovvero ai propri parenti affinche’ questi ultimi versassero le somme al voodoolista; il voodoolista al momento della ricezione delle somme avvisava la madame o i suoi parenti in Nigeria e questi ultimi si recavano dal voodoolista per incassare le somme nell’interesse della congiunta, somme che restavano in Nigeria. Il volume di affari generato veniva gestito grazie al coinvolgimento di altri connazionali che si prestavano per trasferire, attraverso canali non ufficiali, la massima parte del denaro in Nigeria (dove veniva impiegato in investimenti immobiliari) o per trasferirlo ai connection men libici in pagamento di nuovi viaggi.

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