Mafia a Licata, motivazioni Halycon: “Non esiste modello comportamentale del perfetto mafioso”
Il Gup Rosini specifica a chiare lettere come la mafia abbia subito trasformazioni importanti
Depositate le motivazioni della sentenza relativa al processo “scaturito dalle inchieste “Assedio” e “Halycon”, poi unificato, che hanno confermato la bontà delle investigazioni dei carabinieri di Licata, guidati dal capitano Francesco Lucarelli, e dai militari del Ros di Palermo agli ordini del col. Lucio Arcidiacono, che hanno aperto ampi squarci su mafia, massoneria e politica svelando, inoltre, i consolidati rapporti tra la mafia licatese e quella etnea, soprattutto con i boss di Cosa nostra del Calatino un tempo capeggiati da Francesco “Ciccio” La Rocca.
Le due inchieste, entrambe sviluppate nell’estate 2019, consentirono di sgominare l’agguerrita consorteria licatese che, lo dimostra la sentenza odierna (166 pagine) emessa dal Gup del Tribunale di Palermo Claudia Rosini, aveva consolidati rapporti con la politica e con la massoneria, plasticamente rappresentata in questo processo da Lucio Lutri, 62 anni, ex maestro venerabile della loggia “Pensiero e azione” del Grande Oriente d’Italia e funzionario (assessorato Energia) della Regione siciliana.
L’esito del processo è stato il seguente: ottantanove anni di carcere (il Pm ne aveva chiesti complessivamente 130) che vanno ad aggiungersi agli altri cinque già inflitti all’ex consigliere comunale di Licata, Giuseppe Scozzari, 48 anni (posizione stralciata e condannato nel dicembre scorso dal Gupdel Tribunale di Palermo, Paolo Magro).
Lutri è stato condannato a dieci anni e otto mesi di reclusione. Il pubblico ministero per lui aveva chiesto 12 anni di carcere.
Giova subito evidenziare come il Gup Rosini specifica a chiare lettere come la mafia abbia subito trasformazioni importanti con questo assunto: Come ogni fenomeno sociologico anche la mafia, fortunosamente, è andata incontro ad un fenomeno di frantumazione interna e di “sfilacciamento”, principalmente causato dalla decimazione ad opera delle Forze di Polizia e dell’A.G. dei suoi affiliati ed anche della possibile platea di aspiranti affiliati, formali o di fatto poco importa, sicché non esiste più un modello comportamentale corrispondente al “perfetto mafioso”.
La condanna più pesante è stata inflitta ad Angelo Occhipinti, 66 anni, detto “piscimoddu” già condannato per mafia ed estorsione e ritenuto il nuovo capo della famiglia di Licata. Per lui 20 anni di reclusione, come da richiesta del Pm, Claudio Camilleri. Condanne pesanti se si considera che sono state diminuite di un terzo per la scelta del rito, ossia l’abbreviato.
Queste le altre decisioni: assolto Vito Lauria, ritenuto massone dall’accusa, figlio del “professore” Giovanni e boss di Licata (richiesta 12 anni); 12 anni per Giovanni Mugnos (richiesta 16 anni); 12 anni per Raimondo Semprevivo, genero di “piscimoddu”, (16 anni la richiesta); 10 anni e 8 mesi per Giuseppe Puleri, cugino dell’ex latitante Peppe Falsone (richiesta: 12 anni) cosi come per Giacomo Casa; 10 anni erano stati chiesti per Angelo Graci che invece è stato assolto come è stato assolto (richiesta 10 anni e otto mesi) Giuseppe Galanti, l’unico a non essere stato catturato ed entrato nell’inchiesta in un secondo momento perché ritenuto il cassiere della cosca; dieci anni ed otto mesi per il farmacista Angelo Lauria (il pm aveva chiesto 12 anni). Per Marco Massaro, 2 anni e 4 mesi di reclusione perché imputato di favoreggiamento aggravato (chiesti 3 anni).
Il personaggio principale dell’inchiesta, dopo il boss Occhipinti, è e rimane l’ex maestro venerabile Lucio Lutri
Sorprendenti in alcuni passaggi la sentenza del Gup, Claudia Rosini, laddove si afferma che “A seguito di richiesta di rinvio a giudizio datata 11.6.20, Occhipinti Angelo, Casa Giacomo, Semprevivo Raimondo, Puleri Giuseppe, Graci Angelo, Mugnos Giovanni, Lutri Lucio Orazio, Lauria Vito, Massaro Marco, Lauria Angelo, Galanti Giuseppe sono stati citati, – assieme ad altri coimputati, tra i quali Lauria Giovanni che hanno poi optato per il rito ordinario – per l’udienza preliminare innanzi a questo giudice, per rispondere del delitto di cui all’art. 416 bis c.p. e di altri delitti come da richiesta.