Mafia e massoneria a Licata, chiesta condanna per Lauria e Graci
In primo grado erano stati assolti
Requisitoria del procuratore generale Maria Teresa Maligno nel processo d’appello che si celebra davanti i giudici della Terza sezione penale presieduta da Antonino Napoli, originato dalle operazioni antimafia Halycon e Assedio compiute a Licata.
La pubblica accusa ha chiesto la parziale conferma della sentenza di primo grado (abbreviato) pronunciata dal Gup del Tribunale di Palermo Claudia Rosini l’uno giugno dello scorso anno. Infatti, ha chiesto la condanna di due dei tre imputati assolti: Vito Lauria, 51enne tecnico informatico, massone, figlio del boss (alias “u prufissuri”) Giovanni, e Angelo Graci, 33 anni, ritenuto un gregario del clan che avrebbe avuto spesso il compito di presidiare i luoghi dei summit.
Per entrambi il Pg Maligno ha chiesto la condanna a 10 anni e otto mesi di reclusione
Otto le condanne nel processo sulla mafia di Licata e sugli intrecci “pericolosi” con politica, imprenditoria e massoneria per le quali la pubblica accusa ha chiesto la conferma: 20 anni ad Angelo Occhipinti, 67 anni, già condannato per mafia ed estorsione, ritenuto il nuovo capo della famiglia di Licata; dodici anni a Raimondo Semprevivo, 49 anni, ritenuto il braccio destro del boss. Quest’ultimo è accusato, oltre che di associazione mafiosa, anche di un episodio di tentata estorsione in concorso con lo stesso Occhipinti; dodici anni anche a Giovanni Mugnos, bracciante agricolo, 55 anni, ritenuto “l’alter ego” di Giovanni Lauria, altro esponente di spicco di Cosa nostra di Licata, imputato nel processo ordinario; dieci anni e otto mesi a Giuseppe Puleri, 42 anni, imprenditore, ritenuto membro della famiglia mafiosa di Campobello di Licata; dieci anni e otto mesi al farmacista Angelo Lauria, 47 anni. Stessa pena a Lucio Lutri, 62 anni, funzionario della Regione Sicilia, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Lutri, in particolare, “grazie alle rete relazionale a sua disposizione quale Maestro venerabile della loggia massonica “Pensiero ed Azione” di Palermo, avrebbe “acquisito e veicolato agli appartenenti alla famiglia mafiosa informazioni riservate circa l’esistenza di attività di indagine a loro carico” e sarebbe intervenuto per favori di altra natura.
Dieci anni e otto mesi a Giacomo Casa, 66 anni, pastore, ritenuto uno dei membri del clan licatese. Due anni e quattro mesi per l’elettrauto Marco Massaro, 37 anni, accusato di favoreggiamento aggravato per avere rivelato a Mugnos dell’esistenza di microspie all’interno della sua auto.
Sono stati tre gli imputati assolti in primo grado e per Vito Lauria e Angelo Graci, è stata chiesta la condanna. E’ uscito fuori dal processo 33 anni: Giuseppe Galanti, 63 anni, difeso dagli avvocati Giovanni Castronovo e Chiara Proietto, assolto in primo grado dall’accusa di essere stato il cassiere della famiglia mafiosa.
Il processo ordinario. Altre nove persone, invece, sono imputate nello stralcio ordinario del processo che è attualmente in corso davanti i giudici della prima sezione penale del Tribunale di Agrigento: si tratta di Giovanni “il professore” Lauria, 80 anni, ritenuto elemento apicale del clan licatese; Angelo Bellavia, 66 anni; Antonino Cusumano, 44 anni; Antonino Massaro, 62 anni; Marco Massaro, 36 anni; Alberto Riccobene, 48 anni; Salvatore Patriarca, 42 anni; Gabriele Spiteri, 47 anni, e Vincenzo Spiteri, 53 anni.
Il consigliere comunale. Nell’inchiesta è rimasto coinvolto anche l’ex consigliere comunale di Licata, Giuseppe Scozzari, la cui posizione era stata stralciata. Lo scorso dicembre il Tribunale di Palermo lo ha condannato a cinque anni di reclusione.