Tentata estorsione mafiosa, a processo il pentito Ignazio Gagliardo
L’ex braccio destro del capomafia Maurizio Di Gati, divenuto nel tempo collaboratore di giustizia, finisce a processo per tentata estorsione per l’aggiudicazione di un immobile all’asta
Il collaboratore di giustizia Ignazio Gagliardo, un tempo fidatissimo braccio destro del capo di Cosa nostra agrigentina Maurizio Di Gati, finisce a processo per una tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso per l’aggiudicazione di un immobile all’asta. Dal silenzio più totale Gagliardo è ricomparso, balzando agli onori della cronaca, lo scorso anno quando la Squadra mobile di Latina lo arrestò insieme ad altre tre persone: Ferdinando Di Silvio, detto “Gianni” (fratello del boss Armando), Patrizia Balestrieri e Paolo Vecchietti. Insieme a loro finiscono a processo anche Antony Gagliardo, Lucia Balestrieri, Maria Antonietta Gallo e Marco Gasbarra. Per tutti il processo comincerà il prossimo 11 novembre davanti il primo collegio del tribunale di Latina. Altri due imputati, invece, hanno scelto il rito abbreviato: si tratta di Angelo Mascali e Paolo Vecchietti.
La vicenda è legata ad un appartamento in Via Attilio Regolo aggiudicato nell’ambito di un’asta giudiziaria da un commerciante cinquantenne del posto. L’uomo – nel 2023 – denuncia di essere stato costretto a vendere l’immobile dopo le “pressioni” di certi personaggi coinvolti in vicende giudiziarie oscure. Nell’appartamento in questione – prima di essere acquistato all’asta dal commerciante – vivevano Lucia Balestrieri insieme al marito Salvatore Ciotola, condannato a 22 anni di reclusione per l’omicidio del boss di Camorra Gaetano Marino, detto Moncherino McKay, ucciso 23 agosto 2012 a Terracina nell’ambito della faida di Scampia tra il clan Di Lauro e gli scissionisti. La mandante dell’estorsione – secondo la ricostruzione degli inquirenti – sarebbe però la sorella di Lucia, Patrizia Balestrieri. Lei si sarebbe rivolta ai soggetti (tra i quali Gagliardo) per spaventare l’acquirente dell’appartamento. In un secondo momento al commerciante sarebbe stato comunicato che i precedenti proprietari non intendevano più rientrare in possesso dell’immobile ma avrebbero preteso 12mila euro per chiudere la situazione.
CHI È IGNAZIO GAGLIARDO
E’ stato un pentito di rilievo Ignazio Gagliardo, 61enne, il primo a rivelare i segreti di Cosa nostra e Stidda di Racalmuto, legatissimo (a delinquere) a Maurizio Di Gati, capo della famiglia mafiosa dell’intera provincia agrigentina, divenuto pentito anche lui. Ignazio Gagliardo si consegnò al personale della Squadra mobile di Agrigento il 20 agosto del 2004 appena atterrato in aeroporto a Catania. Aveva già trascorso diversi anni da latitante ed aveva trovato riparo in Sudafrica dove – ha raccontato agli inquirenti – aveva vissuto senza problemi conducendo una vita agiata. La decisione di pentirsi la prese dopo aver appreso che la moglie era gravemente malata. Per consentire cure adeguate, che in Sudafrica non potevano essere garantite, preferì rientrare in Italia, farsi arrestare e lasciare nelle mani di medici italiani la consorte. In verità, il racalmutese cominciò a collaborare con la giustizia due anni dopo il suo arresto maturando tale decisione lentamente e da recluso. Le sue dichiarazioni, arrivate prima del pentimento di Maurizio Di Gati e del fratello Beniamino, tracciarono le linee guida che consentirono agli investigatori di scoprire compiutamente la guerra tra mafia e stidda che ebbe proprio in Gagliardo uno dei protagonisti principali. Gagliardo svelò le trame e le strategie dei due gruppi criminali contrapposti e pagò in prima persona un prezzo altissimo con l’uccisione del fratello Salvatore in occasione della prima strage di Racalmuto. Accusato di innumerevoli reati tra cui l’omicidio e l’associazione mafiosa, Ignazio Gagliardo entrò nel programma di protezione, scontò la sua pena, che era stata sensibilmente ridotta grazie ai benefici delle leggi premiali per i collaboratori di giustizia, tornando ad essere un uomo libero. Recentemente, lo scorso aprile, grazie alle sue dichiarazioni ha fatto condannare per mafia un importante imprenditore Calogero Romano, 68 anni, di Racalmuto, per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo l’impianto accusatorio, avrebbe stretto un patto con l’allora esponente di Cosa nostra Ignazio Gagliardo, dipendente della sua ditta ed ex braccio destro del capomafia Maurizio Di Gati. Un patto che sarebbe durato fino al 2006, anno in cui Gagliardo decise di collaborare con la giustizia. Oltre la condanna Romano ha avuto sequestrato beni per 120 milioni di euro. Da molto tempo, tuttavia, il racalmutese non ha più fatto parlare di sé tranne in un caso e per via indiretta. Il fratello Luigi, nel maggio del 2012, uccise, forse in preda ad un raptus, padre e madre: Antonino Gagliardo, 82 anni, e Rosa Amore, 74 anni. Poi, Luigi Gagliardo, si tolse la vita.