Girgenti Acque, ecco perchè è stato scagionato l’ex Prefetto: “Non dimostrato sviamento di potere”
Per i giudici non è stata dimostrata “la sussistenza di uno sviamento di potere sorretto dal dolo intenzionale di procurare vantaggio alla Girgenti Acque Spa”
“Inidoneità del materiale indiziario a dimostrare la sussistenza di uno sviamento di potere sorretto dal dolo intenzionale di procurare vantaggio alla Girgenti Acque Spa”. È quanto scrivono i giudici della prima sezione penale della Corte di appello di Palermo, presieduta da Adriana Piras, nella sentenza con la quale è stato confermato il proscioglimento dell’ex Prefetto di Agrigento, Nicola Diomede, dall’accusa di concorso esterno in associazione a delinquere. La vicenda è legata alla maxi inchiesta su Girgenti Acque, l’ex colosso societario che per anni si è occupato del servizio idrico in provincia di Agrigento, e sul presunto “sistema Campione”. Per gli inquirenti l’imprenditore sarebbe stato al vertice di un sodalizio dedito alla corruzione, ai reati contro la pubblica amministrazione e ai delitti societari e ambientali.
L’ex Prefetto di Agrigento, rimosso all’indomani della maxi inchiesta, era accusato di aver “salvato” il gruppo Campione da una interdittiva antimafia senza tenere conto del parere unanime delle forze di polizia e non valutando il parere dell’allora prefetto vicario. Per questo motivo la procura di Agrigento chiese il processo nei confronti di Diomede per concorso esterno in associazione a delinquere. Il gup Micaela Raimondo ha invece disposto il non luogo a procedere giudicando gli elementi offerti dal pubblico ministero “insufficienti a fondare una ragionevole previsione di condanna”. Per il giudice, infatti, “tutte le argomentazioni non consentivano di asseverare che il Diomede non avesse correttamente ponderato gli elementi fattuali ed avesse dolosamente travalicato i limiti esterni dell’ampia discrezionalità amministrativa che la legge gli riservava in materia”.
Una decisione condivisa anche dalla Corte di appello di Palermo che ha rigettato il ricorso presentato dalla procura: “Come esattamente rilevato dalla sentenza impugnata, gli elementi indiziari a carico del gruppo Campione nella disponibilità dell’imputato ai fini delle valutazioni che era chiamato ad effettuare non apparivano impositivi della esigenza di misure interdittive antimafia, come era peraltro stato evidenziato dalla disparità di vedute esistente tra le forze di polizia”.




