Agrigento

Quel Sud che l’Italia non aggancia

In un suo documento diffuso a politici e media propone  di mettere in campo soluzioni per lo sviluppo e in contrasto alle ciniche politiche. Lei da tempo è una voce clamante nel deserto, diverse le interviste che ci ha concesso e anche questa volta le chiediamo di che si tratta? E quali e quanti politici […]

Pubblicato 5 anni fa

In un suo documento diffuso a politici e media propone  di mettere in campo soluzioni per lo sviluppo e in contrasto alle ciniche politiche. Lei da tempo è una voce clamante nel deserto, diverse le interviste che ci ha concesso e anche questa volta le chiediamo di che si tratta? E quali e quanti politici le hanno dato uno straccio di consenso? 

“Lei mi definisce vox clamans in deserto ma posso affermare che non è così. Moltissimi la pensano come me, mi hanno chiamato e hanno risposto all’appello. Tuttavia, considero, le mie riflessioni: un appello. Sono convinto – tra tanti – che il difficile e pericoloso momento storico che registra un significativo fermento  possa risultare un’occasione e un laboratorio del rinnovamento. Purchè siano in campo  tutti i soggetti interessati a un vero cambiamento: giovani, donne, cittadini comuni, professionisti, giornalisti, filosofi, docenti, studiosi, storici, banchieri, uomini di cultura e di legge, sindacalisti, economisti e imprenditori. Una novità  attesa con entusiasmo dal popolo meridionale, stanco di essere bersaglio di una certa stampa e dalla mentalità offensiva e denigratoria di alcuni personaggi, che hanno utilizzato per i loro discutibili  fini  e, proditoriamente, l’idea  del primato del Nord Italia da più di mezzo secolo.  La proposta di creare l’Osservatorio Metro è diretta a costituire  uno strumento  che si prefigge, da un lato, di concorrere per ristabilire la verità e dall’altro, di mettere al centro della propria azione  la  creazione  di lavoro  e di opportunità nel Sud: detassando e facilitando chi si propone di fare  impresa nel  Mezzogiorno. Una “piattaforma condivisa” ed efficace per sostenere un programma di sviluppo e per mettere in campo: azioni indispensabili per dare impulso a una economia asfittica e fiducia a tanti giovani, in evidente disagio, che hanno ad oggi una sola possibilità: emigrare! Tra i tanti vantaggi dell’iniziativa, si evidenzia che può essere uno strumento formidabile, intanto, per svolgere analisi e, possibilmente, fornire soluzioni, orientamento  e stimoli alla politica e potrebbe risultare una vera opportunità per coloro che sono interessati a offrire il loro contributo. Perché si rende necessario o meglio urgente dotarsi di uno strumento coordinato di “resilienza” e contrasto a ciniche politiche di crescente egoismo sociale che tendono a marginalizzare sempre più il Sud.  Quel Sud, terra ricca di beni culturali ed ambientali, di biodiversità, di territorio ancora inesplorato, nell’arco di due lustri,  potrebbe divenire uno straordinario luogo nel quale è possibile attrarre investimenti  Green  e sviluppare con facilità i desiderata di quanti già  – a livello planetario – sono impegnati nell’ economia   ecosostenibile”. 

L’Autonomia porta disuguaglianza ( il Nord ha buon gioco quando ci accusa che ne abbiamo fatto carta straccia) e accrescerebbe  il “bottino” del Nord. Questo perfido meccanismo lo vogliamo spiegare ai nostri lettori? 

“Alla luce delle recenti novità in tema di “Autonomie” e alle scomposte azioni e reazioni attivate dai leghisti e dai governatori del Veneto e della Lombardia, bisogna riflettere e soprattutto alzare la guardia. E’  risaputo che sia in corso un nuovo strappo all’unità del Paese e la ricerca di un ulteriore “bottino” per le regioni più avanzate. Il metodo è “scientifico” ed ha registrato varie indicazioni da ideologi delle politiche finto-leghiste (vedi Bossi): si parte dalla “frantumazione regionale” – anticamera della devoluzione – dalla secessione per pervenire a un vero “separatismo”. E’ evidente la natura equivoca dei percorsi posti in essere che esigono un vero cambio di paradigma. Resta in campo sul piano politico, economico e della finanza pubblica! Nasce, pertanto,  spontanea una domanda: “Chi decide cosa?”  E bisogna davvero riflettere perché intanto è andata avanti  l’approvazione “dell’autonomia regionale differenziata”, nel silenzio generale mentre l’opinione pubblica viene distratta dall’assordante propaganda razzista e xenofoba. Senza discussione politica diffusa e all’insaputa di milioni di cittadine/i è iniziato un percorso che nel giro di poche settimane può determinare la mutazione definitiva dell’ architettura istituzionale, la destrutturazione della Repubblica. La maggioranza politica giallo verde non può consegnarsi alle istanze secessionistiche della Lega.  Il Pd farebbe bene ad opporsi non solo a questa richiesta targata Lega ma anche all’autonomia differenziata posta dalla maggioranza PD dell’Emilia Romagna, in forme solo in parte dissimili”. 

Lo sblocca cantieri non è stato molto gradito da Cantone mentre per il Sud non c’è traccia di cantierabilità, il dibattito latita insieme alle opere infrastrutturali, però, lei dice “ continuiamo a fornire fiducia”. Non è difficile immaginare a chi.

“Da una seria inchiesta parlamentare, tenuta anche a informare adeguatamente i cittadini, risulterebbero infatti gravi disparità fra Regione e Regione (soprattutto fra regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario, fra regioni del nord e del sud del Paese). La gestione e l’attribuzione delle risorse deve restare in un ambito nazionale condiviso da tutte le regioni e dai comuni. In questo contesto di grandi egoismi verrebbe soppressa l’universalità dei diritti, trasformati in beni di cui le Regioni potrebbero disporre a seconda del reddito dei loro residenti; per poterne usufruire nella quantità e qualità necessarie, non basterebbe essere cittadini italiani, ma esserlo di una regione ricca, in aperta violazione dei principi di uguaglianza scolpiti nella Costituzione. In questo quadro vi sarebbe una ricaduta negativa prioritariamente sulle regioni del Sud e sugli abitanti non ricchi di tutt’ Italia con la progressiva privatizzazione dei servizi. A tale proposito il Governo ha impresso un’accelerazione e dai rumors sembrerebbe che sia imminente il Decreto Legge “sblocca cantieri” che eliminando lacci e lacciuoli darebbe via libera alla cantierabilità di parecchi mld di opere pubbliche, tutte al Nord, che offrirà nuovo impulso all’economia di quei luoghi.  Nessuna di esse è presente nel Sud. Tuttavia i meridionali continuano a “fornire fiducia” anche a coloro che, notoriamente, hanno osteggiato le politiche di sviluppo del Meridione. L’Italia è precipitata dentro percorsi, davvero, equivoci che esigono chiarezza e un vero cambio di paradigma”.

Il problema politico non si pone da ora ma da quei  decenni che abbiamo lasciato trascorrere nell’ignavia dei nostri orticelli. Con quale coraggio oggi ci si candida a sindaco, a deputato, a senatore? E la sensibilità della gente è davvero così grama? 

“La sua è una domanda retorica. La risposta sta nella realtà. Duecentomila giovani sono emigrati e non torneranno. Il Sud è spopolato e desertificato. E registra una disoccupazione e una povertà a livelli di emergenza! E allora si i pone un problema “politico”: il popolo meridionale è considerato italiano, europeo o cosa? L’Osservatorio, orientato al monitoraggio ed all’analisi socio-economica sistematica e continuativa del territorio, è aperto alla collaborazione di:  Istituzioni, Uffici periferici Stato e Regione, Camere di Commercio Iaa, Enti locali, Università, Istituti di credito, Ordini Professionali, Associazioni di imprese, Imprese,Sindacati, Associazioni Consumatori, Professionisti, Centri Studi e Ricerca, Fondazioni, Gal, Agenzie Sviluppo, Società di ingegneria e consulenza, Stakeholders, Gruppi di interesse, Cittadini, Consorzi Fidi. E, soprattutto, perché è massima la distanza tra la natura antropologica dei territori e le  attuali “ricette della politica”. Allora piuttosto che ascoltare le sirene del declino, bisogna prestare attenzione al messaggio e alle richieste che provengono dai tanti protagonisti della Green Economy e di questo rinnovato made in Italy.Che stanno affermando un nuovo modello di sviluppo perfettamente in linea con la vocazione del Paese: la qualità.  Nella quale la bellezza, che è un fattore produttivo determinante e la cultura, coniugata con le nuove tecnologie, possono essere un vero incubatore del nuovo paradigma. Ma è un Paese che può competere: soltanto se aggancia il Sud.  E’da qui che bisogna ripartire: dalla via mediterranea incentivando la ricerca e l’Itc e l’innovazione non solo tecnologica ma anche organizzativa, comunicativa e di markerting. Sostenendo con azioni di sistema le politiche di internazionalizzazione sia del manifatturiero che delle filiere culturali e turistiche che indichi nella sostenibilità la via da seguire.  Sembra quasi una “farsa” che la politica non si sia accorta che la Sicilia ritorna protagonista perché si trova sulla direttrice del flusso di traffico che attraversa il Mediterraneo. E’, tuttavia, compito della “politica” interrogarsi sul perché non esiste un vero piano di sviluppo dell’area, sui ritardi della Spesa dei Fondi Europei, sull’uso improprio o distorto e sulla loro vera destinazione. Sui fondi strutturali non spesi e che sono stati restituiti. Sul mancato utilizzo dei Fondi Fas distratti sulle aree più evolute del Paese. Sui Fondi per la Coesione Territoriale mai spesi per il Sud. Sulla fine dell’Agenzia per la coesione territoriale. Insomma risulta evidente che esiste uno sterminato deficit di competenza e un atteggiamento disinvolto ai limite della strafottenza che mantiene il Sud nell’area dell’Obiettivo uno: regioni a “ritardo di sviluppo”. L’aspetto programmatico, pertanto, è una “priorità, o meglio, una emergenza”. Senza una “Visione di Futuro” senza un vero piano di investimenti pubblici su infrastrutture materiali ed immateriali (digital divide) il Sud è destinato a precipitare sempre più verso il  terzo mondo. Occorre soprattutto, riflettere e interrogarsi sul perché vadano  realizzate anche opere costose ma talvolta non immediatamente remunerative economicamente: ma indispensabili per la qualità della vita dei cittadini e per lo sviluppo socio economico”.

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