Agrigento

L’influenza della religione nella lotta alla mafia: Agrigento ospita il convegno della Dia

Il convegno "L’influenza della religione nella lotta alla mafia” organizzato in occasione del trentennale della Direzione Investigativa Antimafia

Pubblicato 2 anni fa

Si è aperto con un minuto di silenzio in memoria dell’assistente capo Sergio Di Loreto, deceduto tragicamente in un incidente all’interno del poligono di tiro di Soddì, il convegno “L’influenza della religione nella lotta alla mafia” organizzato in occasione del trentennale della Direzione Investigativa Antimafia.

Il dibattito si è tenuto nella sala Zeus del museo Pietro Griffo di Agrigento. A moderare il dibattito è il giornalista, inviato de La Sicilia e fondatore di Grandangolo, Franco Castaldo. I relatori sono:  il Direttore della D.I.A,  Maurizio Vallone, l’Arcivescovo di Agrigento, Alessandro Damiano, il Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno, Prefetto Michele Di Bari, il Procuratore Capo della Repubblica di Agrigento, Luigi Patronaggio, il Presidente della Pontificia Accademia Mariana Internazionale, padre Stefano Cecchin, il Segretario Generale della Confederazione Islamica in Italia, Massimo Cozzolino e il vice Direttore Amministrativo della Dia, Generale Antonio Basilicata.

A conclusione della cerimonia il maestro Toraldo ha donato un’opera alla DIA dal titolo ” Identità Antimafia “, opera ispirata che vede raffigurato da un lato il giudice Rosario Livatino e dall’altro Papa Giovanni Paolo II e la Valle di Templi per rievocare il monito “convertitevi”.

GLI INTERVENTI

Il direttore della Dia, Maurizio Vallone: “Sono 30 anni di impegno degli uomini e delle donne della Dia al fianco dei magistrati e dei tribunali per contrastare tutte le associazioni mafiose. Oggi – aggiunge Vallone – bisogna rappresentare alle persone, soprattutto ai piu’ giovani, e alle istituzioni che il pericolo delle mafie non e’ un pericolo passato. Sono cambiati i tempi rispetto al periodo di Falcone e Borsellino, la mafia non usa piu’ il kalashnikov e l’esplosivo ma lo tengono nel cassetto, pronti a usarlo qualora dovesse essere necessario”. “La mafia – prosegue ancora il direttore della Dia – prova ad inserirsi nella nostra societa’ con gli strumenti dell’economia legale. Il nostro impegno deve essere quello di contrastare le associazioni mafiose attraverso il controllo degli appalti affinche’ neanche un euro dei soldi dell’Unione Europea che stanno arrivando in Italia possa finire nelle mani della mafia”. 

Procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio: “Sono particolarmente legato alla Dia che ho visto nascere. Ricordo l’emozione per l’arresto di Bagarella, a cui ho partecipato. Sono cose che restano nella mente e successi importanti per cui vale la pena fare questo lavoro e questo percorso. Il tema che affrontiamo è peculiare. Sono contento di aver ascoltato gli interventi precedenti.Volevo fare una riflessione a più ampio raggio. Quasi tutte le religioni tradizionali hanno come base l’idea che l’uomo è espressione della volontà divina. Il comandamento non uccidere è trasversale. C’è un motivo per il quale le religioni sono portatrici di ideologia non violenta ed è l’apporto che danno all’interno di una società. Il percorso della religione cristiana è significativo. Quando si fa religione di Stato allora la chiesa diventa stato e diventa potere temporale. Mi dispiace che sia assente il rabbino perché anche nell’ebraismo è forte questo rispetto della vita, dello Stato e delle leggi. Nonostante gli ebrei non abbiano avuto uno Stato di riferimento il loro rispetto per la legge è stato molto forte. Non diversamente nell’islam il rapporto tra stato e religione è fortissimo. Significa ordine sociale, ripudio della violenza. Penso anche alla quantità di minorenne immigrati che arrivano in Sicilia. Occorre a maggior ragione dialogo e accoglienza. Andiamo verso una società multietnica dove convivenza è un momento fondamentale. Anche le religioni orientali sono improntate sulla non violenza. Ritengo che la religione debba essere un momento forte di educazione, aggregazione e di lotta alla violenza e dunque anche alla mafia. Il percorso della Chiesa cattolica non sempre è stato lineare. Nella prima parte di questo secolo l’atteggiamento nei confronti della mafia era sicuramente miope, non adeguato. Dopo la strage di Ciaculli la città restò attonita e non si levò nessuna voce di sdegno. Fu un pastore a protestare pubblicamente. La Segreteria di Stato vaticana chiese una spiegazione al cardinale Ruffini che disse che la mafia non esiste e che era opera dei comunisti. Il cardinale Ruffini si scagliò anche con Danilo Dolci, sociologo che fece di Partinico una oasi di non violenza; contro Tomasi di Lampedusa accusato di portare avanti una immagine di Sicilia deleteria. Il primo momento rivolta fu l’omelia del cardinale Pappalardo dopo l’uccisione di Dalla Chiesa. Ai funerali non partecipò l’allora presidente del consiglio Andreotti che però partecipò a quelli di Salvo Lima che, secondo i processi, fu elemento di congiunzione con la mafia. Sciascia nel Giorno della Civetta ci dice che la Chiesa è una grande cosa ma ognuno ci sta a modo proprio. Una religiosità di carattere folcloristico negli inchini, nella santina che si brucia. Don Pino Puglisi si scontra con tutto ciò. Anche qui ad Agrigento, a Siculiana, la festa del Crocifisso è stata finanziata da due grosse famiglie mafiose che controllavano il traffico internazionale di droga. E fece bene il cardinale Montenegro a non far celebrare il funerale di mafiosi che poi sono morti perché questo poi diventa momento di esaltazione di una certa identità. Si dice che Papa Giovanni Paolo II si pronunciò con quelle parole perché aveva avuto un colloquio con i genitori di Livatino e ne uscì indignato per quanto aveva appreso. Altri due momenti importanti: gli attentati a San Giorgio e San Giovanni. Il momento di massimo delirio di Cosa Nostra. Non solo l’attacco allo Stato ma anche alla Chiesa perché quest’ultima aveva tracciato un percorso netto e chiaro finalmente. Questo faceva molto male alla mafia. La mafia ha una ideologia parallela allo Stato che si fa sistema. Ho avuto la fortuna di partecipare il 9 maggio 2018 ad una assemblea dei vescovi siciliani. Lì è stato fatto un documento importantissimo dicendo che la mafia è peccato. Ed è un peccato sociale. Questa è una provincia di silenziosa connivenza con la mafia. Non c’è una società civile capace di esprimersi in maniera forte su questo tema. La mafia non è soltanto quelle delle stragi ma anche quelle delle scorciatoie, delle ingiustizie. Bisogna prendere le distanze dalla mentalità mafiosa altrettanto pericolosa quanto la mafia stessa.”

Il Prefetto di Agrigento, Maria Rita Cocciufa: “Grazie di avere scelto questa città e questa provincia per un evento così importante. La Dia è il cuore pulsante dell’attività, grazie alla straordinaria intuizione del giudice Falcone, contro la mafia. Sono molto lieta di questo momento di riflessione su un tema che proprio in questa Città – nel 1993 – fu lanciato il guanto di sfida alla mafia da Papa Giovanni Paolo II. Questa è anche la terra di Rosario Livatino. Se vogliamo capire certi fenomeni e contrastarli dobbiamo fare un grande lavoro di squadra che coinvolge anche la Chiesa. Abbiamo molto da riflettere e da imparare.”

Il Presidente della Pontificia Accademia Mariana Internazionale, padre Stefano Cecchin: “Il nostro compito è coordinare tutti i cultori di Maria del mondo e di tutte le religioni. La figura di Maria è una realtà mondiale. La nostra Accademia ha il compito di dare una sana formazione mariana. In tutta la storia della Chiesa ci sono sempre state le deviazioni,forme di non comprendere bene o di leggere in modo politico e ideologico la parola di Dio. Papa Francesco ha voluto fare la riforma della curia romana attesa a giorni. Il nostro cammino di riforma si chiede “Come presentare una sana figura di Maria?”. Ci siamo aperti al dialogo tra religioni. La Chiesa è donna, è madre. E’ una casa che accoglie tutti. I credenti uniti insieme per testimoniare che la fede non è terrorismo e non va contro la libertà umana anzi aiuta la persona a realizzare se stesso. E’ questo che insegna la scrittura. Abbiamo creato dei dipartimenti per portare la figura di Maria fuori dai santuari alla gente. Maria è sempre stata presente. Unione tra il cielo e la terra e indica pace e armonia.”

Il capo dei Gip di Catania, Sarpietro: “La Dia ha portato in tutta Italia un lavoro di specializzazione nella lotta alla mafia. Voglio ricordare il giudice Rosario Livatino. Livatino non era un timido, era uno che parlava quando era necessario. Ascoltava tantissimo, abbiamo vinto il concorso insieme. Non amava interviste, socialità. Lo faceva per mantenere una totale indipendenza. Livatino aveva questa idea, un magistrato puro che deve essere ma deve anche apparire moralmente di alto profilo sia nel giudizio che nella vita privata. Quando fu ucciso ci fu una riunione drammatica di tutti i magistrati siciliani e un illustre magistrato disse: “Morì come un coniglio ma non era un coniglio.” Sbagliò. Livatino morì da giudice martire e disse ai suoi assassini: “Cosa vi ho fatto?”. Fino alla fine chiede, dunque, ho commesso un errore per il quale debba essere punito? Ecco, fu un giudice giusto, martire e rappresenta quella Sicilia illuminata.” 

Vice Direttore Amministrativo della Dia, Generale Antonio Basilicata: “Lo stesso Falcone riconosce che entrare a far parte della mafia equivale a convertirti ad una religione. San Luca, la sede principale della Ndrangheta, c’è il santuario di Polsi dove tutti si riuniscono. Gestualità che sembrano innocue diventano simboli. Tutto per avere maggiore legittimità. Questa è una pratica che sta diventando insopportabile e merita sdegno più assoluto. Quando inizia la vera lotta alla mafia, con la legge Rognoni-La Torre, alcuni giovani parroci iniziano a porsi domande sul loro ruolo in queste terre di violenza.”

L’arcivescovo di Agrigento, don Alessandro Damiano: “La coscienza. Tanto quella individuale quanto quella collettiva. Nella coscienza si decidono le sorti della storia e di conseguenza le azioni singolari o di gruppo che ne ordiscono la trama. Sulla formazione delle coscienze e sull’attivazione di buone prassi che siamo chiamati ad operare per dare dignità a questo territorio e all’intera società. La giustizia. A tale riguardo il Vangelo ci consegna una duplice beatitudine: quella di coloro che di giustizia hanno fame e sete e quella di coloro che per essa sono perseguitati. Un principio di azione, ciascuno per le proprie attività. La giustizia va riconosciuta come valore e va ricercata come bene primario da cui tutti gli altri derivano. Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono. La nostra Sicilia vanta una folta schiera di eroi beati. Don Pino Puglisi e Rosario Livatino sono esempi concreti, vicini a noi. Perseguitati a causa della giustizia in modo diversi ma accomunati dalla testimonianza di fede. 

Il Segretario Generale della Confederazione Islamica in Italia, Massimo Cozzolino: “La nostra religione incarna significati più importanti della convivenza pacifica. Ognuno opera secondo il proprio orientamento e che il Signore meglio di tutti conosce chi segue la retta via. Nella trattazione sociologica abbiamo assistito ad un periodo in cui si è parlato del ritorno del religioso, una rinascita. In realtà all’interno di questo percorso non si è mai avuto uno smarrimento ma è sempre stato presente. Riteniamo che occorra in modo ineludibile riprendere con forza il dialogo tra le religioni, come cammino valoriale per portare contributo e per la gestione della complessità dei tempi. Ed è proprio in un tempo in cui si assiste alla crisi di convivenza occorre camminare insieme, donne e uomini di fede e di buona volontà. Il nostro mezzogiorno, la nostra Italia ha delle ombre, dei problemi. Dobbiamo dirlo senza ipocrisia: disoccupazione, mafia, emarginazione delle fasce più deboli non possono essere ignorate. Occorre dare una svolta, un senso di responsabilità. Lo dobbiamo a noi stessi, come esponenti delle comunità religiose, ma soprattutto dobbiamo essere responsabili per le nuove generazioni partendo da e con loro. Occorre rimettere al centro la sfida educativa creando rete, dando vita ad una comunità educante in cui tutti possono dar vita ad un futuro dei giovani.”

L’assessore del comune di Agrigento, Francesco Picarella: “Porto il saluto della Città di Agrigento e del sindaco Miccichè. In questa meravigliosa sala oggi ci sarà un momento di importante riflessione e mi unisco alle parole del Prefetto nella grande importanza della Dia che ha ottenuto grandissimi risultati. Sono contento che questo convegno si svolga ad Agrigento e siamo orgogliosi di questo. Ed è motivo di orgoglio anche la mostra che viene ospitata che è indirizzata ai giovani. A loro ci dobbiamo rivolgere per sviluppare le nuove pratiche perché sono il futuro di questa terra. Disciplina, impegno e rispetto.”

LE INTERVISTE

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