Agrigento

Qualità della vita, Agrigento: male istruzione e digitale, bene giustizia

Agrigento negli ultimi 18 anni non è mai andata oltre la novantesima posizione

Pubblicato 3 anni fa

Il censimento permanente della popolazione realizzato dall’Istat e relativo al 2019, e la 31ª indagine del Sole 24 Ore sul benessere nei territori, ci consegnano elementi utili per valutare lo “stato di salute” della provincia di Agrigento. 

E’ bene dire fin da subito che tanto i numeri quanto le classifiche non sono certamente entusiasmanti. Il rapporto del Sole24Ore – che analizza 90 indicatori, per la maggior parte (circa 60) aggiornati al 2020 in base agli ultimi dati disponibili – è raccontare come la pandemia da coronavirus ha impattato in modo differente sui territori. E per farlo prende in analisi i classici sei settori (Ricchezza e consumi; Demografia e salute; Affari e lavoro; Ambiente e servizi; Giustizia e sicurezza; Cultura e tempo libero con l’aggiunta tra i parametri dell’indice dei casi Covid rilevati ogni mille abitanti. Nella classifica generale la provincia di Agrigento occupa la 98ª posizione scalando quattro posizioni rispetto all’anno precedente. Un trend comunque in negativo considerando che Agrigento negli ultimi 18 anni non è mai andata oltre la novantesima posizione. Il massimo “splendore” in tal senso è stato raggiunto nel 1996 con il 65esimo posto in graduatoria. Andando nello specifico: nell’area Ricchezza e consumi Agrigento è 101esima; In ambiente e servizi 104esima ; in Affari e Lavoro 95esima; 106esima in Cultura e Tempo Libero; Salute e Demografia è 23esima mentre il miglior risultato lo si ottiene nel settore Giustizia e Sicurezza dove Agrigento è all’11esimo posto. Impietose le valutazioni con punteggio zero all’interno delle classifiche per quanto riguarda le startup e la trasformazione digitale. Quest’ultimo un dato in linea con un’altra classifica – quella realizzata da FPA, società del gruppo Digital360 – dove Agrigento è in coda alla classifica delle città “digitali” d’Italia. Nell’anno della pandemia, l’annuale ricerca di FPA ha indagato il percorso di trasformazione digitale delle città italiane, analizzando le performance dei 107 comuni capoluogo su 8 indicatori aggiornati al 2020: accessibilità online dei servizi pubblici, disponibilità di app di pubblica utilità, adozione delle piattaforme digitali, utilizzo dei social media, rilascio degli open data, trasparenza, implementazione di reti wifi pubbliche e tecnologie di rete intelligenti. L’indice di trasformazione digitale, media aritmetica degli 8 indicatori settoriali, permette di costruire il ranking delle città più digitali d’Italia.

ISTAT

La Sicilia degli oltre 5 milioni di abitanti non c’e’ piu’: la popolazione residente arriva a 4.875.290 (maschi 2.370.942, femmine 2.504348), 33.258 in meno rispetto al 2018.Gli ultracentenari sono 1.032, di questi solo 206 uomini. La forte diminuzione dei siciliani e’ compensata dagli stranieri che vivono nell’Isola che sono in tutto 189.713, meno del 4% per cento dei residenti. Tra gli stranieri, anche se comunitari, il record di residenti e’ dei romeni 54.472, che superano i tunisini 20.599, i marocchini 15.190, i cittadini provenienti dallo Sri Lanka (piu’ di etnia tamil) 12.662, gli albanesi 9.099 e i bengalesi 8.520. Gli occupati continuano a scendere e la maggior parte dei residenti a livello di istruzione non va oltre la licenza media. Sono i dati che emergono dal Censimento permanente della popolazione realizzato dall’Istat e relativo al 2019. L’eta’ media e’ abbastanza bassa, 44 anni, un dato che fa dell’Isola la terza regione meno anziana d’Italia, dopo Campania e Trentino Alto Adige. Numeri legati all’emigrazione: infatti, nell’ultimo decennio la Sicilia ha perso infatti il 2,2% della popolazione, la flessione piu’ rilevante in tutta Italia, per lo piu’ a svantaggio dei comuni molto piccoli. Sul fronte dell’istruzione prevalgono i residenti che hanno conseguito la licenza di scuola media o avviamento professionale sono oltre 1 milione e mezzo, i diplomati sono poco piu’ di 1 milione 416 mila, sono oltre 390 mila i laureati, ma quasi 48 mila gli analfabeti, mentre sono oltre 223 mila gli analfabeti senza titolo di studio, cioe’ sanno leggere e scrivere pur non avendo avuto l’opportunita’ di studiare. Le percentuali piu’ alte di analfabetismo ad Agrigento ed Enna. Sono impietosi i numeri legati all’occupazione: la Sicilia e’ fanalino di coda perche’ a fronte di un potenziale di forza lavoro presente che si attesta su 1 milione 981 mila, gli occupati sono quasi 1 milione mezzo, il 34,9% della popolazione, in cerca di occupazione sono 508.893. Per la prima volta l’Isola all’ultimo posto d’Italia per occupati, dietro Calabria al 36,3% e Campania al 37,5%. Il problema del lavoro riguarda di piu’ le donne: soltanto il 25,3% delle siciliane ha un’occupazione, dato peggiore in Italia, nelle province di Agrigento (23,3%) e Caltanissetta (22,3%) la piu’ bassa percentuale. Ma le donne sono piu’ preparate degli uomini: solo l’8,7% dei residenti in Sicilia ha una laurea o un dottorato di ricerca, Catania e’ ultima fra le citta’ d’Italia con piu’ di 250mila abitanti, ma nel 55,8% dei casi a conquistare la pergamena di laurea sono le donne.

CRIMINALITA

“La lettura dell’indice dimostra la sostanziale inesistenza di zone di non permeabilita’” alla criminalita’ organizzata e “la coincidenza fra la distribuzione geografica delle province a maggiore permeabilita’ e quella dell’arretratezza economica e sociale del Paese”. E’ quanto emerge da una ricerca svolta dall’Eurispes, nel quadro del Protocollo d’Intesa con la Direzione nazionale Antimafia e Antiterrosimo, sull’ “indice di Permeabilita’ dei territori alla criminalita’ organizzata”.Uno strumento, che si basa su 163 indicatori elementari e raggruppata in 19 indicatori compositi, in grado di misurare la vulnerabilità e appetibilità dei territori alle organizzazioni malavitose. Dall’analisi emerge una “eterogeneità delle cause di permeabilità lungo la Penisola, una generale diminuzione delle condizioni di permeabilità nel tempo con l’eccezione di alcune province e l’esistenza di una correlazione positiva fra il fenomeno della permeabilità e il manifestarsi di crisi economico-finanziarie nazionali e internazionali”. Secondo lo studio “i valori più alti dell’indice sono misurati per le province del Mezzogiorno, mentre nel Nord-Est si trovano i valori piu’ bassi”. L’analisi dinamica (nel tempo) dell’indice ha messo in luce una generale crescita della resistenza alla criminalità organizzata. Fanno eccezione la provincia di Roma in cui il livello di permeabilità della criminalità organizzata sul territorio “è cresciuto di 3,28 punti, salendo in graduatoria di 44 posizioni” mentre la provincia di Milano, il cui livello è cresciuto del 2,57, salendo di 39 posizioni” fa segnare la “crescita piu’ elevata”. E’ quanto emerge da una ricerca effettuata da Eurispes in intesa con la Direzione nazionale antimafia e antiterrosimo. ”Altre province che mostrano valori in crescita sono Chieti (+2,08) e due province siciliane, Siracusa e Messina, che non solo hanno valori in crescita ma anche alti. Questo rileva una situazione delicata per la regione siciliana, poichè anche Palermo e Agrigento hanno visto aumentare la propria permeabilita’. Tra le “province piu’ virtuose, che hanno visto diminuire il valore, Bolzano e’ stata la migliore scendendo in graduatoria di 71 posizioni. Altre province che si sono distinte per una diminuzione dell’indice di permeabilita’ sono Matera (-4,86), Terni (-4,74) e Lodi (-4,70)”. L’analisi dinamica dell’indice “evidenzia una generale diminuzione del livello di permeabilità sul territorio nazionale, andamenti eterogenei tra le province, un aumento delle differenze tra le province, una riduzione dei casi di permeabilità più gravi e l’assenza della polarizzazione Nord-Sud osservata nell’analisi statica”.

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