Agrigento capitale della cultura? E’ già capitale a insaputa dei politici

Accadde durante il secondo mandato del sindaco  Marco Zambuto  di suggerirgli la proposta di invitare per la Sagra del mandorlo l’orchestra diretta da Daniel Bareboim composta da orchestrali israeliani e palestinesi che girava il mondo in missione di pace.

A Zambuto piacque l’idea e risulta (perché pubblicata da Grandangolo) la bozza della lettera di invito diretta al Teatro della Scala di Milano dove allora Barenboim era direttore. Mesi dopo il capo di gabinetto,  Luigi Ruoppolo, ci comunicò che non era pervenuto alcun riscontro.

Mesi fa durante la gestazione della nuova Sagra in una intervista al direttore del Parco Giuseppe Parello (titolo: ”Nelle mani del Parco il futuro di Agrigento”) suggerii a Parello l’idea di invitare  l’orchestra di Barenboim.  Suggerimento che fu immediatamente accolto tanto che Parello se l’annotò sul suo computer. Evidentemente Parello forse non avendo ricevuto riscontri ha optato per l’invito diretto a Palestina e Israele, regalandoci così uno dei più importanti segnali di pace che onora lo spirito e il senso di questa nostra manifestazione. Finalmente una Sagra che vale, come quella Sagra di un tempo, degli Enzo Lauretta e di Giugiù Gallo che non esitavano ad assegnare il “Tempio d’oro” all’Argentina in tempi dove in Plaza de Majo le madri urlavano il loro dolore contro la dittatura imperante.

Ecco perché ci risulta molto agricolo e paesano il termine “mandorlo” che si è voluto adottare in sostituzione della originaria “Sagra” come pure ci sembra una pacchianeria insistere, nel catalogo di presentazione della Sagra, col termine “Girgenti”.  Un ritorno indietro che non aggiunge ma toglie, diciamo, notorietà. Del resto Girgenti potrebbe ricordare Pirandello e lo scandalo della Banca Romana con tutto quello che è narrato ne “I vecchi e i giovani” mentre per l’Agrigento di oggi troveremmo inutile dimenticare la frana del 66 o il rigassificatore sotto i templi, anzi da questi eventi occorrerebbe ripartire per una grande opera di epurazione della politica amministrativa e per una salutare igiene mentale di  interpretazione della cultura e dell’ambiente. Proprio ieri sera su “La 7” Flavio Briatore sottolineava l’errore lobbistico-governativo di inserire industrie  tossiche in un meridione che ha bisogno di alberghi a mare e una seria politica turistica.

La taumaturgia di Lega Ambiente, dopo tanti anni, chissà cosa risponderebbe. Certo,  parliamo pure  di Sicilia sempre più “glamour”, lontano dai vecchi stereotipi che piacciono ai politici per una sorta di giustificazione, ma non saranno termini come “mandorlo” o “Girgenti” che confermeranno la nuova immagine di una Sicilia-Agrigento  ancora “in sicilitudine”.

Opera della mostra presso i Filippini

Agrigento capitale della cultura?

Secondo noi lo è già da 2500 anni con quel ben di Dio che ci hanno lasciato i greci e la collocazione geografica e che siamo riusciti belluinamente a logorare. Ricordo che fu uno dei politici agrigentini, Raffaello Rubino a parlare di centralità, di una Agrigento crocevia del Mediterraneo.

Lo ricordo perché scrissi un articolo sull’Amico del Popolo nel 66 o 67. Ce ne dovrebbe essere traccia negli archivi. Oggi occorrerebbe non sottovalutare questo “Tempio d’oro” a Israele e Palestina e ricordarci come Agrigento sia dentro la rivoluzione curiale voluta da Papa Bergoglio.

Il nome di Agrigento (e non di Girgenti) campeggia oggi sugli schermi di Sky dove un dibattito per l’anniversario dei 4 anni di papato  di Bergoglio, chiamato dai confini del mondo, ha raffigurato  la mappa delle città al “comando del mondo” nella nuova strategia papale.

Non più le ricche città metropolitane ma quelle delle grandi periferie del mondo: Perugia, Ancona, Agrigento, stanno insieme a Morelia, Merida, San Josè de David, Port Louis, Dacca, Santiago de Capo Verde, Yangon, Nuku’alofa della lontana isola di Tonga, Banqui.

Un “potere”, è stato detto, che sconvolgerà il prossimo concistoro e lo sottrarrà alle “correnti”. Ma  non a quella dello “Spirito Santo”.

La presenza ad Agrigento del cardinale Francesco  Montenegro è già cultura e fa tanto “capitale della  cultura” in una Agrigento “dai petali calpestati”. Piaccia o no questo poco metaforico copyright.

Agrigento oggi è chiamata insieme alla Chiesa ad affrontare questo nuovo versante della globalizzazione. Ed è ormai storicizzato nei manuali che la Chiesa agrigentina, magari tra pregi e difetti, è stata sempre il caposaldo e l’avamposto del rinnovamento.

Anche con i 500 anni di “teocrazia” quando, riferisce Settimio Biondi, si distribuivano giornalmente le minestre ai poveri e la Sanità era salvaguardata.

Un precedente che ha abituato male gli agrigentini?

Sarà, gli storici e i sociologi  potrebbero esplicitarlo meglio.  Però, fatta l’analisi affrontiamo, oggi e adesso, la terapia.

Testo e foto di Diego Romeo

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