Il pentito Tuzzolino fa scattare blitz “Borasco”: “Così circolava la cocaina nella “Agrigento bene”

Il Maddalusa beach finito sotto sequestro

In principio fu il pentito Giuseppe Tuzzolino che con una serie di dichiarazioni, all’inizio della sua collaborazione con la giustizia, aprì uno squarcio nel paludato e lussuoso mondo dell’uso della cocaina negli ambienti della movida agrigentina.

Disse l’architetto pentito ai magistrati che lo stavano interrogando che bastava cercare dentro il locale sito sulla spiaggia sanleonina “Maddalusa beach” per trovare assuntori danarosi, polvere bianca e spacciatori.

Lo sapeva bene perché frequentava il locale insieme ad amici di spessore per vita e relazioni sociali e – come ampiamente ammesso – faceva uso di cocaina.

Disse anche che bastava seguire Massimo Lazzaro per arrivare ai trafficanti alcuni dei quali, ricordava bene, erano spagnoli che portavano la coca in Italia su auto diplomatiche spagnole.

Da quel momento, ogni attimo della vita di Massimo Lazzaro, intraprendente imprenditore agrigentino, venne controllato e monitorato.

Ed il 28 luglio del 2014, il giovane venne arrestato perché, di ritorno da un viaggio a Marsala venne trovato in possesso di 21 grammi di cocaina, 20 grammi di sostanza da taglio e di 12 grammi di marijuana. La Guardia di finanza che intercettava ogni sua parola sapeva che aveva appena parlato o incontrato Calogero Igninio Patti, (detto “Chicco) titolare di un negozio di calzature a Marsala; , Pietro Maniscalco e la moglie di quest’ultimo Marisa Spatola. Ed aveva certezze riguardanti altre cessioni di cocaina: una il 12 luglio precedente; l’altra un mese prima: giugno 2015.

Un gioco da ragazzi catturare Lazzaro e sequestrare la droga.

La notizia dell’arresto di Lazzaro venne data tre giorni dopo la cattura. Nel frattempo, controlli accurati spiegati dagli investigatori come normale routine, consentivano di sequestrare il lido con annessa struttura in legno “Maddalusa beach”.

Ufficialmente vennero riscontrate violazioni amministrative, quali la posa degli ombrelloni sulla spiaggia in numero maggiore rispetto a quelli autorizzati, l’occupazione abusiva di porzioni di spiaggia.

Insomma, nulla è stato messo in relazione con una poderosa inchiesta, oggi nota come blitz “Borasco” che ha portato in cella Pietro Maniscalco, 58 anni, ritenuto vicino alla criminalità organizzata, e da Vito Chirco, 56 anni, si riforniva dagli spagnoli Gerardo Olarte Alonso, 53 anni, e Santiago Rodriguez Gonzalez, 45 anni, che era un militare della Guardia Civil; Vincenzo Crimi, di 56 anni, detto ”l’enologo” e Antonello Cola, di 47, arrestati e condotti in carcere, nonchè di Marisa Spatola, di 48, moglie di Maniscalco, e Calogero Iginio Patti, di 46, per i quali sono invece stati disposti gli arresti domiciliari.

Lazzaro risulta indagato nella stessa inchiesta anche se si procede separatamente così come per Giovanni Francesco Pantaleo (fermato con due chili e mezzo di cocaina nel gennaio 2015).

Tutti, seppur con ruoli diversi, trafficavano droga tra la Spagna e la Sicilia, in particolare nelle zone di Agrigento e Marsala. Così mostrano le indagini svolte del Gico e dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo, sotto il coordinamento del procuratore Francesco Lo Voi e dei pm Maurizio Scalia e Calogero Ferrara della Dda del capoluogo siciliano.

A firmare il provvedimento di cattura, il Gip del Tribunale di Palermo, Roberto Riggio.

Quando Lazzaro venne arrestato, immediatamente venne avvisata Marisa Spatola, moglie di Maniscalco. A chiamare fu l’ex compagna di Lazzaro, Tiziana Collura che disse:  “…. ieri a quanto pare Massimo ha avuto un incidente… siccome non è in grado di rispondere perché non sta tanto bene…quindi….”.

E Marisa Spatola, a sua volta, si affrettò a chiamare “Chicco” Patti che al momento non sapeva nulla.

E da quel giorno fu l’inizio della fine.