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Landini a Roma e Buscemi ad Agrigento: come cambia la Cgil

Alfonso Buscemi, da neo segretario, un suo primo sguardo  d’orizzonte, cosa la fa riflettere su Agrigento? E cosa  maggiormente lo colpisce? “Che a fronte di enormi e pregevoli potenzialità, raccoglie concretamente nulla o quasi. Ha luoghi meravigliosi, apprezzati a tutte le latitudini,  c’è la Valle dei Templi che è unica al mondo. Abbiamo spiagge e […]

Pubblicato 5 anni fa

Alfonso Buscemi, da neo segretario, un suo primo sguardo  d’orizzonte, cosa la fa riflettere su Agrigento? E cosa  maggiormente lo colpisce?

“Che a fronte di enormi e pregevoli potenzialità, raccoglie concretamente nulla o quasi. Ha luoghi meravigliosi, apprezzati a tutte le latitudini,  c’è la Valle dei Templi che è unica al mondo. Abbiamo spiagge e mare che non sono da meno a certe meraviglie che i turisti inseguono e desiderano. Abbiamo terre agricole fertili e prodotti di qualità, favoriti  da un clima clemente che ci consente anche di avere flussi di turisti tutto l’anno. Abbiamo un tessuto produttivo  che, seppur alle prese con mille difficoltà, resiste e tiene viva la speranza occupazionale. Abbiamo un Consorzio universitario che, con grande fatica, rimane ancora in piede. Abbiamo qualche esempio brillante di come si possono valorizzare e promuovere le risorse: chi conosceva oltre 20 anni fa la Kolymbetra? Oggi è uno splendido giardino visitato da tutto il mondo. Il territorio dispone poi di parecchie  associazioni di volontariato che lavorano in silenzio per il bene della società. Ecco questa e tanto altro ancora è Agrigento. Ma, soprattutto potrebbe essere molto di più di tutto questo, solo se la classe dirigente e politica riuscissero a mettere al centro dell’agenda l’interesse collettivo e la meritocrazia”. 

E’ possibile  un reale cambio di passo?

“Certamente sì. Ma bisogna fare in fretta, prima che sia tropo tardi. Prima che la speranza lasci definitivamente spazio alla rassegnazione. E ad oggi purtroppo non vedo segnali confortanti,  semplicemente perché nessuno è disposto a mettersi al servizio della collettività. Manca la cultura dello stare insieme. A cominciare dalla componente imprenditoriale, la quale non riesce  ad emergere in modo congruo pur disponendo delle necessarie potenzialità. Le Amministrazioni Pubbliche, dal canto loro,  si muovono tra le voragini di bilancio e l’incapacità di una sana programmazione, travolte delle onde di una politica che naviga in acque tempestose e senza bussola. Ed in questo scenario, l’effetto domino è quasi inevitabile.  Non si riesce a dare, ad esempio, una governance, magari di qualità, al Consorzio Universitario garantendo risorse economiche e servizi per renderlo appetibile. Questa prospettiva cambierebbe, e  di molto, il destino del nostro territorio, costretto invece a subire un inesorabile impoverimento culturale ed economico. Sempre le Amministrazioni non riescono a gestire efficacemente i servizi integrato nonostante le tante direttive Europee che consentirebbero importanti economie di scala: penso alla gestione dei rifiuti e al sistema idrico. E poi ci siamo le Sigle sindacali, le organizzazioni delle imprese, l’associazionismo, chiamate ad un super lavoro, faticoso e complesso, per potere incidere  e favorire il dilago e il confronto tra tessuto socio-economico, che rappresentiamo, e le istituzioni. Ma anche noi dobbiamo fare un passo in avanti, dobbiamo parlare con una voce unica, nel rispetto delle posizioni e delle funzioni. L’obiettivo deve essere uno ed uguale per tutti: lo sviluppo e la crescita del territorio perché di questo ha bisogno l’impresa, il lavoratore, il cittadino. Infine ci sono i cittadini: anche loro devono fare la parte di competenza. La cosa pubblica appartiene  a ciascuno di noi. Dunque è  patrimonio sociale di tutti. Vivere da protagonista la quotidianità attraverso un’azione attiva: una sorta di missione civica, il cui effetto sarebbe quello, ad esempio di scoraggiare il proliferare delle discariche abusive, di seminare e diffondere la cultura antimafia. Sì, perché la piaga della criminalità non po’ essere solo e soltanto contrastata dal prezioso lavoro investigativo dei tanti uomini e donne in divisa,  della magistratura, dell’autorità giudiziaria. A loro va il nostro sentito ringraziamento. In questo quadro la Carta di Agrigento  potrebbe rappresentare una preziosa cornice, potrebbe certamente rappresentare il valore aggiunto. Da sola rischia invece di esprimere la metafora di una città che non riesce a liberarsi dal suo, eterno, paradosso”. 

Sono i siciliani ad essere irredimibili o il sistema burocratico-politico regionale? Ad esempio, il Governatore Musumeci sta finendo con l’essere divorato?

 “Certo, molto spesso  i cittadini si abbandonano al fatalismo o alla rassegnazione, si affidano all’“amico” per trovare soluzioni individuali ai problemi generali, oppure cercano scorciatoie che, in un primo momento, sembrano comode salvo poi rivelarsi insidiose e paludose. Delle vere trappole del “sistema” clientelare di cui restano vittime, più o meno consapevoli. Va detto però, che negli ultimi anni una forma di ribellione ad un certo sistema  c’è stato. E’ vero anche che, molto spesso, il rischio di restare vittime della cosiddetta burocrazia è piuttosto concreto, e i cittadini sono impotenti di fronte allo scaricabarile, ed i tempi impossibili della giustizia annientano anche la pazienza dei più forti. Allora deve essere la politica a trovare la soluzione, se non ci riesce è  perché ha un occhio attento al consenso o fa comodo perché questo consente di praticare il clientelismo. Il Presidente Musumeci ha avuto il tempo e ha nominato i vertici di Aziende , Assessorati o Dipartimenti. Non può pensare, quindi che la colpa sia sempre degli altri”.

L’autonomia differenziata incide soprattutto sul principio di uguaglianza. Il sindacato  come si sta attrezzando per contrastarla?

 “La Cgil l’ha definito spacca Italia. L’autonomia differenziata di cui si discute, creerà disparità inaccettabili fra territori,che aggraveranno le disuguaglianze esistenti invece di combatterle. Non possiamo che considerare irricevibile ogni ipotesi che metta in discussione la garanzia dell’uniformità dei diritti civili e sociali dei cittadini e l’unitarietà dei principi fondamentali, a cominciare dall’unità del sistema di istruzione. L’efficienza, il benessere, l’uguaglianza dei diritti fondamentali non possono essere beni limitati, e la risposta a problematiche comuni a tutto il Paese non può essere l’attribuzione di maggiore autonomia ad alcuni territori, lasciandone indietro altri. Non è questo il Paese che vogliamo e siamo sicuri che non è nemmeno il Paese che vogliono gli italiani. E questo tema, trascinato dentro la piattaforma della protesta nazionale  del sindacato confederale, che si è svolta a Reggio Calabria il 22 giugno scorso, è centrale. Naturalmente se si dovesse accelerare il percorso di approvazione, chiameremo i cittadini in piazza a protestare per bloccare questo disegno”.

Da qualche ora è tornato da Roma, il  recentissimo incontro con Salvini, l’irriguardoso, che conclusioni vi ha fatto trarre?

“Per quanto riguarda l’incontro con il vice premier Salvini è bene ricordare che al tavolo vi erano 43 parti sociali. Un incontro, l’ennesimo, dopo quelli svolti con il premier Conte al quale è stata illustrata la piattaforma unitaria con Cisl e Uil. Tanti i temi toccati: tasse, Mezzogiorno, contratti, sicurezza, autonomia differenziata. Abbiamo ribadito che bisogna avere un confronto di merito con tutto il Governo  per capire se ci sono convergenze oppure no. C’è bisogno di creare lavoro, e senza investimenti il lavoro non si crea; sollecitato una forte riduzione delle tasse per i lavoratori dipendenti e i pensionati, che pagano ben l’85 per cento dell’Irpef. Nel nostro Paese c’è un problema di concentrazione della ricchezza, visto che il 50 per cento di questa è nelle mani del 10 per cento dei cittadini italiani, quindi si può pensare a contributi di solidarietà sulla ricchezza finanziaria, finalizzati a investimenti, a creare lavoro, a politiche verdi. Uno spazio importante è stato dato al tema dell’evasione fiscale. Il  governo non dice  una parola su questo. Non si può continuare a parlare di ridurre le tasse quando abbiamo 120 miliardi di evasione fiscale, combatterla è una priorità politica che noi non vediamo”.

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